Oggi il voto al Senato. Il 9 dicembre Conte alle camere sul Salva Stati. Carroccio e M5s di traverso sulla via del dialogo. Scoppia il caos su Morra e su Gualtieri
- A Palazzo Madama si scatena la bagarre. Il 9 dicembre il premier parlerà in aula sul Mes. Ma le destre prima vogliono il ministro Gualtieri. No della maggioranza. Ma le opposiziono sono divise sullo scostamento di bilancio.
- Si litiga anche sul presidente della commissione antimafia Morra. Per i grillini il caso Santelli è l’occasione per attaccare gli azzurri. Forza italia e Italia viva lasciano l’aula.
- Ritarda anche la nomina del commissario alla sanità calabrese. Conte offre la carica ad Agostino Miozzo, del Comitato tecnico scientifico. Provenzano: una nomina che doveva già essere fatta.
Nella maggioranza e nelle opposizioni ormai le tensioni sono a specchio, e ogni tanto si incontrano ed esplodono. Ieri la Lega ha scatenato la gazzarra al senato sul Mes, puntando sulle ormai irriducibili divisioni fra giallorossi sul tema. Ma più il presidente dei senatori Massimiliano Romeo alzava i toni e più era chiaro che in realtà stava avvertendo gli alleati forzisti.
Le destre, nonostante i giuramenti pubblici di unità, al senato oggi rischiano di spaccarsi sul nuovo scostamento di bilancio: vale 8 miliardi, Forza Italia vuole votarlo, Fdi e la Lega no. Nel pomeriggio a Palazzo Madama si scatena un’iradiddio. Tutto nasce – ma è solo l’apparenza – nella capigruppo, mentre si discute il calendario d’aula. Il 9 dicembre il premier Giuseppe Conte sarà in aula per le sue comunicazioni alla vigilia della riunione dell’Ecofin, i ministri dell’economia degli stati Ue. Si parlerà della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità che – nella parte sanitaria – turba i lunghi sonni di Palazzo Chigi. Ma la presidente del senato Elisabetta Casellati, come il collega della camera Roberto Fico, ha anche ricevuto la rituale lettera del ministro Roberto Gualtieri che comunica che il 30 novembre si riunirà l’Eurogruppo, i ministri dell’economia della zona euro. E’ disponibile «a riferire alle Camere». La maggioranza sa che in quell’occasione salterà fuori la linea di credito dedicata alla pandemia e per questo vuole il ministro in commissione, da dove i litigi escono attutiti. Pd e M5S ormai sono ai ferri corti. Non solo sul Mes. I dem sono irritati per l’accentramento di potere che Conte si è apparecchiato sui progetti del Recovery fund. Quanto al Mes, al momento delle comunicazioni del premier i conflitti saranno inevitabili. Ma senza strappi: il voto sarà sulla riforma più complessiva.
Alleanze che ballano
In capigruppo Forza Italia propone che Gualtieri parli in aula: vuole dimostrarsi utile ad un governo che annaspa. Ma non tira aria. E allora Romeo abbandona la riunione: «Maggioranza e governo stanno naufragando sullo scoglio del Mes ma scappare e nascondersi non servirà a salvarli». Che non vogliano far parlare in aula il ministro «è scandaloso» dirà poi in aula, «Di cosa hanno paura? Le loro divisioni sono sotto gli occhi di tutti». E’ così. Ma non solo così. «Qui non stiamo discutendo del Mes ma della sua riforma», chiarisce il capogruppo di Italia viva Davide Faraone, ma la Lega «sta sistematicamente interrompendo il dialogo tra maggioranza e opposizione», «faccio appello al resto del centrodestra», conclude, «è necessario trovare unità di intenti non solo sulla riforma del Mes ma sullo scostamento di bilancio e sui tanti provvedimenti urgenti per il Paese».
Ed è questo il punto dolente a destra. Forza Italia vuole votare lo scostamento di bilancio, come del resto ha già fatto in precedenza, due volte su tre. Nel pomeriggio Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si riuniscono in videocall. Salvini è furibondo con il capo di Forza italia per il balletto del «dialogo» con il Pd. Non vuole votare lo scostamento, ma sa anche molti dei suoi vorrebbero: sono soldi che serviranno a coprire le misure economiche, motivare un no è un’arrampicata sugli specchi. Alla fine i tre riescono a scrivere un comunicato unitario: promettono che voteranno uniti e danno mandato a un gruppo di esperti «per un documento con proposte comuni da presentare al governo». La palla passa dall’altra parte, alla maggioranza.
Dove i Cinque stelle sono in stato di agitazione massima per il «dialogo» fra Pd e Fi, più declamato che praticato. E cercano di sventarlo in tutti i modi, anche quelli meno eleganti. Lo dimostra un episodio che accade al senato dopo l’approvazione del calendario d’aula. Si discute sulle inqualificabili affermazioni del presidente della Commissione Antimafia Morra a proposito della scomparsa Jole Santelli. La destra gli chiede le dimissioni. Morra pronuncia un’urlatissima autodifesa, con una virgola di richiesta di scuse. Ma il collega grillino Giovanni Endrizzi aggiunge altre parole confuse sulla presidente scomparsa, e attacca Forza Italia per l’arresto del presidente del consiglio regionale calabrese Tallini. Casellati perde le staffe. Ma a lasciare l’aula in segno di dissenso sono, insieme, Forza italia e Italia viva.
Non è finita. La maggioranza è agitata anche dalla nomina del commissario straordinario alla sanità calabrese. Martedì sera un uomo della sanità di area Pd-Leu, Narciso Mostarda, è stato bocciato dai Cinque stelle. Uno sgarbo, anche se in realtà il Pd preferisce non intestarsi altre inevitabili grane. Il “casting” è stato lungo, i manager contattati vedono i conti della sanità calabrese e rifiutano: alcune Asl non hanno neanche approvato i bilanci. Le inchieste fioccano. L’incontenibile procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha bocciato l’ex prefetto Varatta, uno dei papabili, mentre il nome veniva valutato a Palazzo Chigi. Il governo cercava un commissario calabrese, che non fosse percepito dalla regione come un nemico. Alla fine Conte ha preso in mano la situazione e offerto personalmente la carica ad Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico. E Miozzo, che ha chiesto di poterci riflettere, ha fatto sapere che sua moglie non è contraria, riferimento scherzoso all’abbandono del predecessore Gaudio. Ma tutto va troppo lento. Al consiglio dei ministri Peppe Provenzano, titolare del Sud e della coesione, spiega che il commissario doveva essere nominato almeno ieri. E mancherebbe solo che arrivasse un no anche da un uomo che fin qui ha lavorato per il governo.
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