Il promotore dell’intervento ucraino è stato Bruno Vespa. Il leader della Lega, Matteo Salvini, il candidato segretario del Pd, Gianni Cuperlo, e l’ex pentastellato Alessandro Di Battista, sono tutti dalla parte del no. Mentre tutti dichiarano, il luogo preposto per dirimere le questioni spinose tra politica e tv al momento non è nemmeno operativo
Il Consiglio d’amministrazione della Rai ha chiesto spiegazioni sull’intervento del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky a Sanremo direttamente all’amministratore delegato Carlo Fuortes. Attualmente la produzione artistica del Festival guidata da Amadeus ha deciso che sabato 11 febbraio trasmetterà un messaggio preregistrato del primo ministro ucraino, una situazione che, a quanto risulta a Domani, avrebbe portato Riccardo Laganà, rappresentante dei dipendenti, e Francesca Bria, in quota Pd, a chiedere a Fuortes se fosse informato del contenuto.
Di fronte a scelte editoriali così importanti, hanno obiettato, è singolare che il Cda non venga reso partecipe, ed è stata richiesta un’informativa. Non risulta attualmente alcuna convocazione del direttore generale Stefano Coletta, anche perché la prossima riunione del Cda è fissata per il 15 febbraio: troppo in là.
La decisione
Fuortes dal canto suo ha ribadito che la trasmissione del messaggio è stata decisa dal direttore artistico Amadeus, non è entrato nel merito del perché. A quanto raccontato da Bruno Vespa nei giorni scorsi, la richiesta arriverebbe da Zelensky. «Nella preparazione del mio viaggio in Ucraina – ha spiegato il giornalista Rai – Zelensky ci ha fatto sapere che avrebbe gradito partecipare al Festival».
L’ipotesi avanzata dal consiglio che Fuortes veda prima il contenuto non è una novità. Anche per le inchieste di Report ad esempio, succede che l’amministratore delegato decida di visionare prima i servizi per essere informato del tipo di messaggio che viene veicolato.
Soprattutto, i membri del consiglio di amministrazione non hanno apprezzato di aver appreso da notizie di stampa con così tanta eco mediatica che verrà trasmesso alla Rai un contenuto risultato divisivo già prima della messa in onda.
Il sì di Venezia e il no del Qatar
Vespa difende la decisione: «Non capisco francamente tutto questo rumore – ha detto all'Ansa –. Al Festival hanno partecipato alte personalità della politica internazionale e sono stati trattati tutti i temi sociali. Zelensky è stato ospite aI Festival di Cannes e a quello di Venezia, oltre che ai Golden Globes, e mi dispiace questo malanimo nei confronti di un uomo che si sta battendo con straordinario coraggio per salvare la libertà del proprio popolo».
Già ad aprile dell’anno scorso, il presidente ucraino era intervenuto ai Grammy con un messaggio registrato: «Riempite il silenzio con la vostra musica». Poi ancora a maggio durante la cerimonia di apertura di Cannes: «Il cinema non dovrebbe restare in silenzio. L’odio alla fine scomparirà e i dittatori moriranno»,
Il 31 agosto a Venezia il presidente aveva chiesto di non essere indifferenti alla guerra con un video messaggio drammatico: l'appello con nomi e città di origine delle 358 vittime a quella data.
Infine ai Golden Globes, che si sono svolti lo scorso 11 gennaio, ha inviato un altro messaggio preregistrato.
Zelensky si era offerto di apparire in un collegamento video durante la finale dei Mondiali del Qatar, ma la Fifa ha detto no. La Rai sembra invece pronta a procedere. Vespa sostiene di averne parlato «ai vertici aziendali, poi con Amadeus e, tutti d’accordo, hanno deciso la collocazione nella serata conclusiva».
La vigilanza Rai
La politica si agita tra i sì e i no, con inedite alleanze. Il leader della Lega, Matteo Salvini, il candidato segretario del Pd, Gianni Cuperlo, e l’ex pentastellato Alessandro Di Battista, sono tutti dalla parte del no a Zelensky a Sanremo. Mentre tutti dichiarano, la commissione parlamentare di Vigilanza Rai, il luogo preposto per dirimere le questioni spinose tra politica e tv al momento non è nemmeno operativo.
Durante il Cda Rai non si è mai entrati nel merito se fosse o no opportuno l’intervento di Zelensky, ma solo sull’importanza di averne notizia. La questione contenuto, spiega Laganà, sarebbe potuta entrare nel raggio d’azione della bicamerale di Vigilanza, che attualmente però non si è nemmeno insediata: «Il fatto che non ci sia la vigilanza – commenta il consigliere – è un problema. Sono quattro mesi (ovvero dall’avvio della legislatura, ndr) che non la fanno. Aldilà di come viene interpretato e dal caso Zelensky è un problema. Il servizio pubblico Rai non è inteso come rilevante per la politica».
Per la commissione bisognerà ancora aspettare. Perché l’organo di vigilanza sia convocato, serve la ratifica finale dell’ampliamento della commissione da 40 a 42 membri. La nuova composizione allargata è stata definita con un emendamento al disegno di legge istitutivo della Commissione di inchiesta sui femminicidi che dovrebbe essere approvato in via definitiva questa settimana al Senato.
Se il disegno di legge non dovesse avere il via libera subito, si passerebbe alla seconda metà di febbraio, la settimana prima delle elezioni regionali della Lombardia e del Lazio infatti non si riunisce l’aula. La commissione verrebbe perciò convocata dopo Sanremo.
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