Il contingente di soldati nordcoreani che sta combattendo contro le truppe ucraine sarebbe stato ritirato dal fronte. Lo confermano fonti americane e ucraine, tra cui il comandante delle forze speciali di Kiev, il colonnello Oleksandr Kindratenko, secondo cui i suoi soldati non avrebbero incontrato soldati nordcoreani nelle ultime tre settimane. 

Il contingente, arrivato al fronte lo scorso novembre, avrebbe subito perdite pesanti, oltre metà dei suoi circa 11mila effettivi, secondo il comandante in capo delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky. Per questo, sarebbe stato spostato dalla prima linea. Impossibile dire se per ricostituirsi e tornare a combattere o per un definitivo cambio di mansioni.

Le truppe nordcoreane sono impiegate in Russia sulla base del trattato di alleanza che, dall’anno scorso, lega i due paesi. Secondo fonti Nato, ucraine e sudcoreane, i soldati di Pyongyang sono stati schierati sul fronte di Kursk, in Russia, dove lo scorso agosto un’incursione a sorpresa delle forze armate ucraine ha portato all’occupazione di circa mille chilometri quadrati di territorio russo.

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha promesso di liberare l’area, ma fino a oggi ha preferito evitare di distogliere quantità significative di truppe russe dagli altri fronti, come il Donbass ucraino, dove i soldati di Mosca stanno ottenendo ripetuti successi. L’arrivo dei soldati nordcoreani avrebbe permesso di continuare a esercitare pressione sulla zona occupata di Kursk, senza intaccare gli altri fronti. 

L’operazione ucraina di Kursk è stata criticata da molti come uno spreco di forze in un momento del conflitto in cui l’Ucraina continua a perdere parti del suo territorio, ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha difeso l’incursione, sostenendo che arrivare alle trattative di pace occupando suolo nemico migliorerà la posizione negoziale di Kiev.

Ma la posizione ucraina a Kursk è sempre più difficile. Proprio in questi giorni, diversi blogger ucraini hanno scritto che il contrattacco russo ha portato a una riduzione di due terzi del territorio inizialmente occupato dagli ucraini.

Le circostanze

La Corea del Nord è da tempo uno degli alleati chiave del Cremlino, a cui ha fornito, oltre ai soldati, milioni di munizioni di artiglieria, missili e altro equipaggiamento. L’arrivo in Russia dei soldati nordcoreani lo scorso autunno aveva causato molti timori di un’ulteriore escalation del conflitto, che prosegue ormai da quasi tre anni.

La questione politica che circonda la Corea del Nord è complessa. Da un lato dimostra che l’isolamento di Mosca non è completo e che il Cremlino può sfruttare le risorse di alleati con ampie riserve di armi e munizioni e industrie belliche datate, ma non trascurabili. Dal canto suo, Kiev ha utilizzato il sempre più stretto asse Mosca-Pyongyang per sottolineare la dimensione globale del conflitto e quindi l’importanza del sostegno militare che riceve dagli alleati. Anche il governo della Corea del Sud ha sfruttato ampiamente la vicenda per ribadire la correttezza della sua linea intransigente con il vicino settentrionale.

Nonostante la centralità della minaccia nordcoreana negli scorsi mesi e le numerose voci sensazionalistiche che si accumulavano su di loro, le prove certe del loro ruolo e coinvolgimento al fronte restano scarse. Soltanto a dicembre gli ucraini hanno rivendicato di aver catturato due prigionieri nordcoreani, circostanza non confermata né da Mosca né da Pyongyang. Video, fotografie e comunicazioni intercettate che chiarirebbero la loro presenza e i loro compiti restano scarsissime.

Nel frattempo, esperti militari europei e americani restano scettici sull'effettiva utilità per Mosca di impiegare i nordcoreani in prima linea, a causa delle barriere linguistiche e dei diversi sistemi di organizzazione militare, e ipotizzano che sarebbe più logico utilizzarli per funzioni di seconda linea, schierando in combattimento i soldati russi così liberati.

Ucraini e sudcoreani, però, hanno sempre ribadito che i soldati di Pyongyang sono stati massicciamente impiegati in assalti e altri combattimenti, spesso in modo disorganizzato e subendo pesanti perdite.

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