- Il manager di una banca che considera superato l’attuale sistema ha messo a punto un progetto che potrebbe accontentare cittadini, tassisti e amministrazioni locali.
- L’idea è di creare una nuova società che rilevi le licenze e trasformi i titolari del servizio in azionisti e lavoratori dipendenti.
- «La NewCo avrebbe la possibilità di massimizzare i profitti mettendo in circolazione tutte le auto necessarie a soddisfare la domanda assumendo nuovi autisti-dipendenti. Il business potrebbe crescere a vantaggio dei cinquemila tassisti-azionisti originari».
Il fortino dei taxi resta per ora inviolato. La legge sulla concorrenza approvata il 2 agosto dal Senato non scalfisce il potere delle auto bianche: dopo gli scioperi, il tanto contrastato articolo 10 che avrebbe dovuto introdurre un timido riordino del settore è stato stralciato, prevedendo una delega al governo per il riordino della materia.
E se alle prossime elezioni vinceranno le destre, i tassisti potranno stare tranquilli, nessuno toccherà i loro privilegi e potranno continuare a bloccare ogni liberalizzazione, scambiarsi le licenze a caro prezzo (anche se appartengono ai comuni), opporsi all’aumento del loro numero e mantenere un certo margine di entrate in nero sotto l’occhio benevolo di Lega e FdI. Come nel caso dei balneari, gli interessi dei cittadini vengono dopo quelli delle lobby.
Ma si può immaginare un sistema che possa consentire agli utenti di avere più taxi a disposizione (per esempio a Londra non c’è limite al loro numero), ai tassisti di valorizzare le licenze e guadagnare il giusto e, infine, agli amministratori pubblici di offrire un servizio di trasporto moderno ed ecologico? Una soluzione ci sarebbe, l’ha messa a punto un manager italiano di una banca internazionale che da tempo considera superato l’attuale assetto dei taxi. Il dirigente si chiama Massimiliano Rossi ed ecco qual è il suo progetto: «L’idea è di sottoporre ai tassisti e all’amministrazione comunale, per esempio di Milano, una proposta di conversione delle cinquemila licenze esistenti in un’unica licenza per l'esercizio del servizio taxi di Milano da assegnare a una società NewCo i cui azionisti sarebbero inizialmente gli stessi cinquemila tassisti che hanno convertito la propria licenza».
I tassisti verrebbero assunti come dipendenti dalla NewCo con uno stipendio in linea con il loro attuale reddito medio. Così facendo i tassisti che oggi sono titolari di una licenza del valore di, poniamo, 150 mila euro e di un lavoro autonomo (l’una vincolata all’altro), domani diverrebbero titolari di azioni della NewCo per un valore di 150 mila euro e di un lavoro dipendente. Il vantaggio è che il tassista potrebbe cambiare lavoro rimanendo azionista o tenere il lavoro e vendere totalmente o parzialmente le proprie azioni.
Più auto in circolazione
«NewCo avrebbe la possibilità di massimizzare i profitti mettendo in circolazione tutte le auto necessarie a soddisfare la domanda assumendo nuovi autisti-dipendenti ai quali ovviamente non verrebbero assegnate azioni.
Dunque il business potrebbe crescere a vantaggio dei cinquemila tassisti-azionisti originari che continuerebbero ad essere titolari del servizio taxi di Milano. NewCo dovrebbe poi individuare investitori e banche per raccogliere fondi e acquistare un parco auto omogeneo e tecnologicamente avanzato e ecologico (nel tempo potenzialmente a guida autonoma) e sviluppare una piattaforma informatica per la gestione efficiente della flotta e del servizio».
NewCo sarebbe dunque una società di dimensioni medio grandi con in mano un business consolidato e con prospettive di crescita e pertanto potrebbe essere quotata in borsa, il che renderebbe liquide le azioni in mano ai tassisti, a differenza della loro attuale licenza. Secondo il manager i vantaggi operativi rispetto ad oggi sarebbero molteplici: il parco vetture oggi è disomogeneo e ogni taxi viene acquistato dal singolo tassista.
NewCo farebbe invece una gara di appalto per migliaia di taxi ottenendo condizioni migliori e auto con specifiche ad hoc (elettriche, con telematica avanzata); gli attuali taxi circolano 6-8 ore al giorno mentre i taxi di NewCo, essendo di proprietà della società, potrebbero circolare fino a 20-22 ore al giorno ruotando solo gli autisti, con notevoli risparmi; assicurazioni, carburante, ricariche elettriche, manutenzioni che oggi sono pagati individualmente, sarebbero acquistati con gare di appalto, con ulteriori risparmi; NewCo, essendo in grado di monitorare la domanda in tempo reale, potrebbe variare le tariffe nel corso della giornata; durante le fiere o altri eventi NewCo potrebbe aumentare l’offerta assumendo autisti per brevi periodi per coprire i picchi di domanda; inoltre la NewCo potrebbe generare più facilmente ricavi da pubblicità e negoziare con il Comune tariffe più convenienti in cambio di nuove corsie preferenziali.
Il progetto abbozzato dal dirigente bancario è affascinante, almeno sulla carta. Piace ai liberisti come Andrea Giuricin, fellow dell’Istituto Bruno Leoni ed esperto di trasporti: «La possibilità di aumentare l'offerta, anche tramite questo veicolo, può aiutare finalmente a soddisfare la domanda, cosa che adesso non succede. Inoltre ha il vantaggio, almeno per i tassisti, di non far entrare nuovi concorrenti privati nel mercato». In sostanza la concorrenza di Uber sarebbe meno pericolosa.
Abbiamo inviato la proposta di Rossi anche all’assessore alla mobilità di Milano che però ha preferito non commentare.
Le obiezioni del sindacato
L’idea della nuova società che compra le licenze e trasforma i tassisti in dipendenti viene invece respinta in toto dai sindacati. Claudio Giudici, presidente nazionale di Uritaxi, premette che il servizio in Italia è molto migliore di come viene rappresentato dai media e a provarlo c’è un’indagine demoscopica (commissionata dalla stessa Uritaxi) con indici di gradimento medio di 8 cittadini su 10, con punte di 9 in città come Firenze, Verona, Trento. «
La parte più debole per l’utenza è quella relativa alle tariffe, che però se equiparate a quelle europee risultano essere in media» aggiunge Giudici. Entrando nel merito della proposta, il rappresentando dei tassisti sostiene che «il progetto del manager è molto teorico, ha una visione legittimamente affaristica, ma qui siamo di fronte ad un servizio regolamentato con obblighi di servizio pubblico.
Già dalla premessa è vittima di un equivoco: il trasporto pubblico non di linea è assegnato ad una comunità di lavoratori, in quanto servizio pubblico essenziale. Ci sono alcuni motivi che garantiscono la qualità del servizio taxi italiano: la struttura artigianale e il suo fare massa critica grazie alla cooperazione». Per Giudici «nel lungo periodo il modello proposto dal manager comporterà un decadimento della qualità professionale e tecnologica del servizio.
Finché permane il legame tra lavoro e quota azionaria il servizio continuerà a funzionare bene, ma appena tale legame salterà, l’ottica di nuovi azionisti, svincolati dall’attività lavorativa, sarà di mero profitto.
È proprio l’assenza di logiche meramente profittuali che oggi in parte spiega la qualità del servizio taxi italiano, dove il concetto di servizio pubblico, la tariffa amministrata, i turni imposti, e l’obbligo di prestazione (al di là della economicità della tratta da fare), rappresentano delle garanzie per l’utenza». Si potrebbe obiettare che non si comprende perché un servizio affidato a lavoratori autonomi dovrebbe essere migliore di uno gestito da una società: ci sono alberghi o ristorante gestiti da famiglie e altri gestiti da grandi gruppi ed entrambi possono offrire un buon servizio.
E anche le demonizzazione del profitto da parte di chi difende con le unghie il proprio business fa sorridere. Aggiunge Giudici: «Circa i benefici che il progetto potrebbe portare, mi riferisco in particolare ad un esercizio H24 del taxi, all’impiego di più autisti per ogni vettura, all’aumento delle corsie preferenziali nelle città, sono cose che già con l’attuale modello potremmo avere, ma che costano, non ve n’è il mercato non ve n’è la disponibilità politica visto che le preferenziali sottraggono voti alle amministrazioni».
I vantaggi per i comuni
Rossi invece è convinto che il suo progetto porterebbe grandi benefici ai tassisti, ai cittadini e alle amministrazioni pubbliche: «Sono certo che dopo pochi anni la partecipazione dei tassisti in NewCo varrebbe un multiplo del valore attuale della licenza. Manterrebbero il reddito sotto forma di stipendio, rinunciando però al loro status di autonomi, uno dei principali ostacoli da superare, e avrebbero la possibilità di disaccoppiare il proprio lavoro dal valore patrimoniale rappresentato oggi dalla licenza. Inoltre si proteggerebbero dalle ineluttabili conseguenze dello sviluppo delle auto a guida autonoma che in qualche modo uccideranno sicuramente il business tradizionale dei taxi.
Gli utenti avrebbero un servizio efficientissimo effettuato con auto moderne, sicure a basso impatto ambientale e soprattutto in numero sufficiente a saturare la domanda (inclusi i picchi) che sarebbe verosimilmente crescente a mano a mano che le persone si convinceranno ad abbandonare l’auto privata per spostamenti cittadini. Nel lungo termine, con l'avvento delle auto a guida autonoma, il costo del servizio taxi potrebbe essere significativamente ridotto, consentendo a molti cittadini di abbandonare completamente l'auto privata. Infine, il Comune di Milano e i suoi amministratori sarebbero enormemente popolari tra i cittadini per aver innovato e reso più economico un servizio utilissimo alla collettività».
Il manager ovviamente è consapevole degli ostacoli che un’idea del genere dovrebbe affrontare: non solo far capire ai tassisti che il loro futuro è minacciato dalle auto a guida autonoma (e oggi anche dal car sharing) ma soprattutto trovare il consenso politico per stravolgere l'impianto normativo attuale e consentire la realizzazione del progetto. Una rivoluzione improbabile.
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