Il costituzionalista Onida analizza la mossa di Conte: «La scelta è legittima, ma deve essere assunta in modo collegiale, perché poi la responsabilità sarà di tutti i ministri»
- «Per come è stata prospettata, si tratta di una sorta di commissariamento dei ministeri, spiegabile perché l’obiettivo è mettere in atto in modo rapido e coordinato i programmi del Recovery».
- «La responsabilità rimane in capo al governo nella sua collegialità, che continua ad avere un ruolo di direzione e controllo della struttura di coordinamento».
- «I commissari si occupano solo dell’attuazione, i programmi devono essere decisi dagli organi politici. Ma forse è proprio qui il punto».
La task force immaginata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte appare più che altro come «un commissariamento dei ministeri», spiega il costituzionalista Valerio Onida. Scelta legittima, se assunta collegialmente dal governo, ma che rischia di aprire un conflitto «prima ancora che politico, tra apparati amministrativi».
Professore, una task force composta da manager che si occupino della gestione dei fondi del Recovery fund non rischia di essere un governo parallelo?
In questa fase sembra esserci un po’ di confusione. Tuttavia, questa specie di cabina di regia dovrebbe occuparsi, mi pare, non della deliberazione, ma dell’attuazione dei programmi di spesa, deliberati da governo e parlamento. In questo senso, non si tratterebbe di un governo parallelo: la fase di decisione è politica, quella di attuazione è amministrativa e verrebbe coordinata da tecnici, i “manager”.
Eppure, di fatto, sembra che i singoli ministeri vengano espropriati delle loro funzioni.
In un certo senso è così, infatti. Per come è stata prospettata, si tratta di una sorta di commissariamento dei ministeri, spiegabile perché l’obiettivo è mettere in atto in modo rapido e coordinato i programmi del Recovery.
E’ come dire che i ministeri non sono adatti a gestirli?
La scarsa efficienza e la scarsa capacità di coordinamento di molti dei nostri apparati amministrativi sono ben note. La proposta del presidente del Consiglio dovrebbe prevedere che le ordinarie procedure amministrative vengano sostituite da procedure straordinarie, affidate a una cabina di regia unica. Questo perché, evidentemente, si ritiene che gli apparati ministeriali non siano abbastanza efficienti.
E’ una scelta legittima, quella di Conte?
Non il presidente del Consiglio, ma l’intero governo può legittimamente decidere di “commissariare” parte dell’attività dei ministeri. Non è impensabile creare una struttura di coordinamento amministrativo sotto la responsabilità e la vigilanza dell’esecutivo. E’ chiaro, però, che deve essere il governo ad approvarla.
Ma di chi sarebbe poi la responsabilità di quanto fatto, se non dei ministeri?
La responsabilità rimane in capo al governo nella sua collegialità, che continua ad avere un ruolo di direzione e controllo della struttura di coordinamento.
I singoli ministeri, quindi, non sarebbero responsabili?
Se l’attuazione viene rimessa ad una struttura commissariale collettiva, la responsabilità è collegiale, di tutto il governo. I ministri, però, devono essere d’accordo e approvare la scelta, di cui dovranno rispondere.
E’ veramente possibile un controllo su una struttura creata ad hoc ed esterna ai ministeri?
E’ possibile e necessario un controllo sia da parte del governo che del parlamento. Il parlamento dovrà, oltre che assumere le decisioni fondamentali, esercitare il suo potere di controllo, dovrà essere informato e seguire lo stato di avanzamento dei lavori. Lo stesso vale per il governo, al quale la struttura commissariale dovrà rispondere. Ripeto: i commissari si occupano solo dell’attuazione, i programmi devono essere decisi dagli organi politici. Ma forse è proprio qui il punto.
In che senso?
Che i due aspetti – quello politico e quello amministrativo – tendono a sovrapporsi perché questo programma in concreto potrebbe essere ancora poco definito. Per semplificare: un conto è dare mandato per la costruzione di una determinata opera pubblica, un altro è commissariare l’attività di realizzazione di opere pubbliche indefinite. Allora sì, si può creare un problema politico.
Dove si è sbagliato, quindi?
Sembra esserci un po’ di confusione sulla filiera decisionale. L’iter corretto dovrebbe essere che prima abbia luogo la fase decisionale politica: il governo decide un piano, preciso e dettagliato, approvato con la partecipazione e sotto il controllo del parlamento. Poi la fase di attuazione: il governo decide a chi assegnare la realizzazione tecnica del piano, se ai singoli ministeri o a una task force.
Lei vede la task force come una soluzione razionale?
Io ragiono per obiettivi: questi soldi vanno spesi velocemente, in modo efficiente e coordinato. Assegnarli ai singoli ministeri potrebbe produrre ritardi e conflitti tra apparati perché manca una visione d’insieme e una capacità di coordinamento, inconveniente che peraltro si verifica spesso nel nostro sistema amministrativo. In questi termini, è possibile che una struttura commissariale ad hoc sia utile. Questo, però, riguarda solo la fase attuativa, non quella deliberativa, che deve passare attraverso una scelta collegiale del governo.
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