Doveva essere un tecnico come Mario Draghi a dire la cosa più semplice e politica sulla governance del piano di ripresa e resilienza: e cioè che sarà affidata al ministero dell’Economia e delle finanze in collaborazione strettissima con i ministeri competenti per settore. Draghi traccia un solco profondo con la soluzione individuata dal predecessore, che ieri ha ringraziato.

Conte aveva individuato la governance nel Ciae, il comitato interministeriale per gli affari europei, uno strumento che dipendeva direttamente dalla presidenza del Consiglio dei ministri o per delega dal ministro degli Affari europei e composto anche dal ministro degli Esteri e dell’Economia.

Scompare con Draghi ogni versione della “cabina di regia” che Conte aveva declinato nella piramide di esperti con all’apice sei manager, usata dal leader di Italia viva, Matteo Renzi come grimaldello per aprire la crisi di governo.

E con la cabina di regia se ne vanno soprattutto i poteri speciali che Conte le aveva attribuito sottraendola persino al controllo dei magistrati della Corte dei conti, che infatti alla prima occasione ha bocciato platealmente l’ipotesi.


Il premier Draghi sceglie la soluzione più piana: il ministero dell’Economia. Certo, non sfugge a nessuno che nella sostanza Draghi abbia affidato la gestione del piano all’uomo più fidato che ha nella compagine di governo, l’ex ragioniere del Tesoro e direttore generale di Banca d’Italia Daniele Franco e che in quella collaborazione strettissima con i ministeri siano inclusi i in prima linea i tecnici che Draghi si è scelto.

Insomma, è chiaro che l’esecutivo è di fatto esso stesso la cabina di regia del Recovery plan. Ma la sua attuazione passa anche da caselle, dallo sviluppo economico al lavoro, occupate da politici. Così mentre Conte si affidava ai tecnici, Draghi assume responsabilità politiche.

Si è impegnato ad informare costantemente il parlamento sugli sviluppi generali e di settore, impegnando tutti i suoi ministri. Il suo compito, ha detto, sarà rafforzare la dimensione strategica del piano, selezionando, assicurando impulso occupazionale e obiettivi chiari che guardino il medio termine: visione politica, appunto.

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