- Il vecchio asse destra-sinistra, pur rimanendo sullo sfondo, è stato lentamente surclassato da nuove polarità e si è lentamente trasformato. Oggi possiamo parlare piuttosto di campi e identità.
- L’agglomerato percentualmente più ampio è quello dei progressisti (22,4 per cento) ed elettoralmente si spalmano tra la sinistra e il Pd (51 per cento), M5s (32 per cento), indecisi e l’astensione (28 per cento).
- Il secondo agglomerato per peso è quello dei centristi (19,1 per cento), spalmato su più partiti da FdI, Forza Italia e i piccoli partiti di centrodestra, passando per il Pd e il Terzo Polo. Il terzo è quello degli ambientalisti (17,3 per cento). La maggioranza è schierata con il centrosinistra, mentre la restante quota si riconosce in FdI o nel M5s
Nell’epoca post ideologica le identità politico-valoriali degli italiani sono sempre più molteplici, fluide e tangenziali. Il vecchio asse destra-sinistra, pur rimanendo sullo sfondo, è stato lentamente surclassato da nuove polarità e si è lentamente trasformato in un confronto-scontro tra immunitas e communitas.
Su un versante quanti tendono ad avere valori e attese politiche orientate a immunizzarsi dagli altri, che sono infastiditi dall’immigrazione, che si sentono perseguitati dalle tasse, che mostrano tratti di conservazione e di afflato leaderista e si scagliano contro la globalizzazione, puntando a comunità locali chiuse e tendenzialmente monoculturali.
Sul versante opposto quanti avvertono il valore di una società aperta, dinamica, inclusiva. In cui il senso di comunità è marcato da cooperazione e condivisione, dal bisogno di comunanza umanistica. Oltre a questo asse orizzontale, negli ultimi anni si è andato configurando un asse verticale di popolo contro élite.
Su un polo quanti avverto le élite lontane, disinteressate al bene collettivo e intente solo a fare i propri affari, mentre sul polo opposto quanti sono alla ricerca di una nuova rappresentazione politica per il ceto aspirazionale, dinamico e rampante, tecnologicamente avanzato e metropolitano.
All’interno di queste polarità, che formano di fatto quattro campi politici distinti (immunitas, communitas, anti casta ed élite) si muovono diverse identità politiche, differenti autodefinzioni valoriali. Si tratta di riferimenti fluidi, con persone che si riconoscono in una sola identità e altre che, invece, oscillano tra più identità (a causa di ciò la somma delle diverse appartenenze non fa ovviamente cento).
Progressisti e centristi
L’agglomerato percentualmente più ampio è quello dei progressisti (22,4 per cento). Elettoralmente si spalmano tra la sinistra e il Pd (51 per cento), M5s (32 per cento), indecisi e l’astensione (28 per cento). Questo gruppo valoral-identitario è ampliamente ancorato nel campo della communitas. Il secondo agglomerato per peso è quello dei centristi (19,1 per cento). Un raggruppamento spalmato su più partiti da FdI (un quarto) e Forza Italia e ai piccoli partiti di centrodestra, passando per il Pd (un altro quarto) e il terzo Polo (circa un terzo).
Il terzo agglomerato valoriale è quello degli ambientalisti (17,3 per cento). La maggioranza è schierata a centrosinistra, mentre la restante quota si riconosce in FdI o in M5s. L’essere moderati, che fino alcuni anni fa era l’agglomerato principale del nostro paese, ha perso posizioni ed è sceso da oltre il 20 per cento al 16,7 per cento.
L’identità moderata è nettamente scissa in due tra quanti si riconoscono soprattutto in Silvio Berlusconi (e piccoli partiti di centrodestra) e quanti, invece, si riconoscono nel centrosinistra e, in piccola parte, nel Terzo Polo. La quinta identità valoriale è quella dei patriottici (14,1 per cento). Questo agglomerato è marcatamente collocato nel campo dell’immunitas e spalma il proprio voto tra FdI e Lega. Insieme ai patriottici, sempre nel campo dell’immunitas, troviamo i primatisti (12,8 per cento), presente in primis nell’elettorato della Lega e in subordine in quello di Giorgia Meloni.
Nel cuore del campo del popolo, rintracciamo gli anticasta (13 per cento). Se un tempo era l’identità per eccellenza dei grillini, oggi, pur continuando a votare in gran parte per M5s, troviamo una ampia quota che si sta spostando verso il Pd, l’astensione e la sinistra. Nel campo contrapposto, quello delle élite, rintracciamo principalmente i liberisti (11 per cento) e quanti hanno un orientamento riformista-liberal (10 per cento).
Questi due agglomerati hanno oggi molte difficoltà nel riconoscersi in un solo partito e si spalmano tra Forza Italia (la quota maggioritaria), Azione e Italia viva e FdI. Con una quota di circa un terzo di riformisti che, dopo aver girovagato in più partiti, sembra orientata a preferire il Pd. L’ultimo agglomerato, quello più piccolo (3,5 per cento) è quello di quanti si sentono rivoluzionari. La maggioranza di essi vota per M5s o per i piccoli partiti di sinistra.
Lo spettro valoriale
L’analisi per campo e per identità politiche mostra non solo come nell’èra post ideologica ci sia stato un ampliamento dello spettro valoriale, ma anche come alcune identità (centristi, moderati, riformisti, ambientalisti, liberisti) siano diventate fortemente plurali e trasversali, che consentono di votare partiti collocati anche su fronti opposti. Infine, alcune identità sono più che altro un residuato storico (come quella dei progressisti) che manca oggi di una spinta dinamica in grado di aggiornarsi e di essere attrattiva.
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