Nel 71 per cento delle piccole imprese italiane vi è una discreta propensione verso l’inclusione delle persone. Un dato decisamente molto più alto rispetto a quanto viene avvertito dalle persone che lavorano in una grande impresa (48 per cento)
Diversity e inclusion sono ancora una sfida aperta, molto aperta e in divenire, per le imprese italiane. Fino a oggi, però, questa sfida la stanno vincendo le piccole imprese, mostrando un maggior tasso di capacità e di spinta inclusiva e una maggiore predisposizione ad accogliere la diversità.
Da una recente indagine Ipsos di aprile 2023 emerge che nel 71 per cento delle piccole imprese italiane vi è una discreta propulsione verso l’inclusione delle persone. Un dato decisamente molto più alto rispetto a quanto viene avvertito dalle persone che lavorano in una grande impresa (48 per cento). La volontà inclusiva è avvertita maggiormente dagli uomini (61 per cento) rispetto alle donne (51 per cento), è più forte a nord est (61 per cento) rispetto a centro sud (49 per cento) ed è un tema maggiormente percepito nel ceto dirigente (57 per cento) rispetto agli operai (53 per cento).
La strada appare ancora più in salita sul tema della promozione di un linguaggio inclusivo all’interno delle imprese. Esso è un aspetto minimalista nella quotidianità delle grandi imprese (solo il 39 per cento dei dipendenti avverte una spinta aziendale in tale direzione), mentre è maggiormente presente nella vita di tutti i giorni delle piccole aziende (59 per cento). A riprova di tali dinamiche possiamo osservare che solo nel 36 per cento delle grandi imprese vengono condannate e non tollerate le battute razziste, mentre nelle piccole imprese la percentuale sale al 58 per cento.
Più alto è, invece, il tasso di condanna e non tollerabilità all’interno delle grandi imprese rispetto alle battute sessiste (43 per cento), mentre nelle piccole aziende si ferma al 56 per cento. Una attenzione maggiore, specie nelle imprese di dimensioni minori, la incontriamo sul fronte della condanna degli atteggiamenti discriminatori verso le persone che hanno orientamenti affettivi Lgbt. Il gap tra piccole e grandi imprese torna ad ampliarsi con il 68 per cento delle prime orientate a una politica antidiscriminatoria e solo il 35 per cento delle seconde.
Discriminazioni di genere
Langue anche l’impegno di una buona parte delle grandi imprese nel mettere in atto politiche severe contro qualsiasi atto di discriminazione di genere. Solo il 38 per cento dei dipendenti di grandi aziende italiane avverte un serio e concreto impegno da parte del proprio management contro il 74 di quanti vivono e lavorano per una piccola società.
L’attenzione al tema Lgbt è più presente nelle imprese del nord ovest (54 per cento) e del sud e isole (59 per cento) rispetto a quelle del centro (37 per cento). Un fronte di inclusione che risulta aperto e non attenzionato a dovere è anche quello delle differenze di età.
Il tema dell’ageing è una sfida aperta per molte imprese, con il 38 per cento dei Millennials che denuncia l’assenza di politiche adeguate su questo fronte. Anche in questo caso le differenze maggiori si registrano in base alla dimensione d’impresa: nelle grandi aziende solo il 40 per cento dei dipendenti ritiene adeguate le azioni per considerare i dipendenti di età diverse nello stesso modo, mentre il dato sale al 59 per cento nelle piccole imprese.
Tra le distrazioni attuali del mondo imprenditoriale, specie nelle realtà maggiori, si riaffaccia il tema della disabilità. La capacità delle aziende di soddisfare le esigenze dei dipendenti con disabilità appare adeguata solo nel 33 per cento delle imprese più grandi, contro il 56 per cento delle aziende di dimensioni piccole.
L’inclusione di persone di etnie differenti è uno scoglio meno duro per le grandi aziende italiane (45 per cento), mentre appare più faticoso l’inserimento e l’accoglienza di persone di religioni diverse (40 per cento). Anche su questo fronte le piccole imprese sembrano un passo avanti: 72 per cento sul primo fronte e 70 per cento sul secondo.
Diversity e inclusion sono temi ancora trattati in modo saltuario e superficiale dalle imprese, specie nella loro dimensione quotidiana. Il tema dell’uguaglianza è una componente imprescindibile per la realizzazione di una società più equa e per generare un mondo più prospero per tutti. Non a caso questo tema è al centro dell’Agenda 2030 dell’Onu. La prevenzione della discriminazione e la spinta all’uguaglianza nei luoghi di lavoro e nelle catene del valore non sono solo una responsabilità etica delle aziende, sono una questione di sviluppo generale della società e di una nazione. Come ricordava Edgar Morin, una società può crescere in prosperità sono se cresce in solidarietà ed equità.
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