- In quella conchiglia di vetro e acciaio che è l’emiciclo di Strasburgo c’era una volta Roberto Fiore, leader di Forza nuova, seduto come europarlamentare. Ora torna, non di persona, ma nel dibattito sull’assalto neofascista alla Cgil e l’ascesa degli estremismi di destra.
- «Questo dibattito è strumentale!», tuonano Lega e Fratelli d’Italia. «Loro non lo volevano questo dibattito», spiega Brando Benifei del Pd.
- Ancora una volta emergono le contraddizioni delle famiglie politiche sovranista e conservatrice: da una parte ambiscono a fare la destra di governo «dediabolizzata», dall’altra minimizzano l’assalto o chiedono di parlare «dell’estrema sinistra».
In quella conchiglia di vetro e acciaio che è l’emiciclo di Strasburgo c’era una volta Roberto Fiore, il leader di Forza nuova, seduto come europarlamentare. C’è stato il giorno in cui gli è stata consegnata la medaglia di tradizione, come si fa con tutti gli eurodeputati a fine mandato, e ci sono stati gli anni in cui il parlamento europeo ha continuato a versare fondi alla sua organizzazione. Ora Fiore è tornato all’Europarlamento, non di persona ma nei discorsi: a Strasburgo ha avuto luogo il dibattito che prendeva spunto proprio dall’assalto neofascista alla Cgil, di cui Fiore è stato tra i protagonisti, per poi allargarsi al tema dell’ascesa in Europa degli estremismi di destra.
Contrari a discuterne
«Questo dibattito è strumentale!», ha detto la Lega. «Non corrisponde alla realtà dei fatti!», ha tuonato Fratelli d’Italia. «Loro non lo volevano questo dibattito», spiega il capo delegazione del Pd al parlamento Ue, Brando Benifei. Con la sua famiglia politica, i socialdemocratici, ha invece preso l’iniziativa perché si facesse. «Lega e Fratelli d’Italia non volevano che questa discussione pubblica avesse luogo». Le loro famiglie politiche, Identità e democrazia per la Lega, i Conservatori europei per FdI, «si erano opposte a mettere il dibattito in agenda, ma sono state messe in minoranza», racconta Benifei. Ancora una volta emergono le contraddizioni delle famiglie politiche sovranista e conservatrice, che da una parte ambiscono a fare la destra di governo «dediabolizzata», ma dall’altra minimizzano l’assalto o chiedono di parlare «dell’estrema sinistra».
La Lega e Fratelli d’Italia
Per i sovranisti di Id interviene il leghista Paolo Borchia. Dice che il dibattito è stato autorizzato «con ingiustificabile superficialità: perché non considerare le violenze perpetrate da gruppi di estrema sinistra?». La Lega condanna le violenze alla Cgil ma «pure le centinaia di aggressioni subìte di recente dal mio partito e gli attacchi all’Ugl». Dal sindacato di destra Ugl proviene il leghista Claudio Durigon; ha dovuto lasciare l’incarico di sottosegretario proprio per lo “scandalo Mussolini”: voleva reintitolare il parco Falcone e Borsellino di Latina al fratello del Duce. «La violenza va condannata tutta, quella contro la Cgil così come i centri sociali e gli attacchi di estrema sinistra», è l’intervento dell’eurodeputata Simona Baldassarre, da poco promossa a responsabile Famiglia della Lega. «Cito Sciascia: “I sedicenti antifascisti sono dediti a dare del fascista a chi fascista non è”». Peccato che Fiore lo sia. Per Fratelli d’Italia, e per i conservatori, interviene Raffaele Fitto. Il suo collega Carlo Fidanza non è più capodelegazione di FdI all’Europarlamento: si è autosospeso da quando un’inchiesta giornalistica lo ha travolto; riguardava anche la contiguità con ambienti neofascisti. «Condanniamo l’assalto alla Cgil ma va fatto lo stesso con gli anarchico-comunisti», ha detto Fitto.
Eurofascisti
«Da Meloni e Salvini abbiamo visto troppa reticenza, troppi balbettii», è l’accusa del Pd nell’eurocamera. Nel pronunciarlo, Benifei ricorda che «rispetto a tre anni fa purtroppo la situazione non è migliorata». Tre anni fa, cioè il 25 ottobre 2018, il parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’aumento della violenza neofascista in Europa. In quel testo non solo la richiesta di contrastare il neofascismo, ma pure una mappa di come si stava diffondendo, da Alba dorata in Grecia, a Géneration Identitaire e altri gruppi protagonisti di assalti in Francia, in Italia il caso Macerata e «l’aggressione da parte di squadre fasciste di CasaPound contro l’eurodeputata Eleonora Forenza». Il parlamento Ue era già «preoccupato per l’impunità» con cui quei gruppi agivano.
Fiore e le famiglie
Nel 2008 Alessandra Mussolini, entrata all’Europarlamento quattro anni prima con Alternativa sociale, lascia il seggio in Ue al secondo della sua lista: Roberto Fiore. «Nel 2016 mi sono accorto che tra i destinatari dei fondi dell’Europarlamento c’era ancora la fondazione di Fiore», dice Daniele Viotti, fino al 2019 eurodeputato Pd e relatore al Bilancio. «Allertai David Sassoli, all’epoca vicepresidente». C’era traccia di 600mila euro a favore della “Alleanza per la pace e la democrazia”, l’organizzazione di Fiore. «Con una lotta politica, siamo riusciti a ottenere lo stop a quei soldi». Alternativa sociale di Mussolini faceva parte inizialmente della formazione europea di estrema destra Identity, Tradition, Sovereignty, antenata di Id, nella quale c’era pure il Front National di Le Pen; ora il Rassemblement è nella stessa famiglia della Lega. Nel suo successivo mandato da eurodeputata, Mussolini era in Forza Italia, e tra i popolari. Oggi la Lega, sovranista di governo, dialoga coi conservatori di FdI, e ha interlocuzioni coi popolari stessi.
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