Lo conferma il Corriere della Sera, dicendo che i nomi inseriti nell’articolo pubblicato domenica scorsa provengono da tre rapporti ancora non desecretati dal governo italiano
Il Corriere della Sera conferma di aver ricavato la “lista dei putiniani d’Italia d’Italia” da documenti prodotti dall’intelligence italiana. I nomi compaiono nei tre rapporti realizzati dopo l’inizio dell’invasione ucraina che non sono ancora stati desecretati.
Venerdì, nel corso di una conferenza stampa, il sottosegretario con delega all’intelligence Franco Gabrielli aveva desecretato il quarto e ultimo di questi rapporti, definito da lui stesso il documento che aveva «ispirato» l’articolo del Corriere. Nel rapporto, però, non c’era alcuna lista di nomi.
Quattro documenti
Quel documento però «non è l’unico» a essere stato compilato dall’intelligence, hanno scritto oggi sul Corriere le giornaliste Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni. «I nomi contenuti nell'ultimo bollettino sono soltanto alcuni di quelli emersi nel corsi di questi mesi durante l’attività di monitoraggio».
Gli altri, quelli contenuti nell’articolo di domenica scorsa e che includono anche parlamentari e giornalisti, si troverebbero negli altri tre rapporti ancora non desecretati e compilati a partire dal 24 febbraio.
La lista
L’articolo che ha scatenato questa vicenda si intitola “La rete di Putin in Italia: chi sono influencer e opinionisti che fanno propaganda per Mosca” ed è stato pubblicato domenica 5 giugno da Sarzanini e Guerzoni.
La lista dei nomi, scrivevano le due giornaliste, sarebbe frutto di «materiale raccolto dall’intelligence» e veniva fatto anche il nome del Copasir, il comitato parlamentare con il compito di vigilare sui servizi di intelligence, che pochi giorni prima della pubblicazione dell’articolo, tramite il suo presidente, aveva rivendicato il ruolo che ritiene di avere nella lotta alla «disinformazione».
Secondo le due giornaliste, nel documento verrebbero elencati una serie di personaggi, alcuni noti altri sconosciuti, che costituirebbero una «rete» che «tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo», scrivono le due giornaliste, e avrebbe come obiettivo il «condizionamento dell’opinione pubblica» durante «i momenti chiave del conflitto, attaccando i politici schierati con Kiev e sostenendo quelli che portano avanti le tesi favorevoli alla Russia».
Il nome più problematico nella lista è quello del senatore Vito Petrocelli, ex presidente della commissione Esteri del Senato, espulso dal suo partito in seguito al rifiuto di dimettersi dall’incarico. In quanto parlamentare, non potrebbe essere oggetto di indagine senza autorizzazioni da parte della sua camera.
Ma causano polemiche anche i nomi di alcuni giornalisti freelance, come Giorgio Bianchi e Mauro Vezzosi. I servizi segreti sorvegliano e schedano giornalisti italiani? Ha chiesto la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, subito dopo la pubblicazione dell’articolo.
Nell’elenco, si trova anche il nome del professore e personaggio televisivo Alessandro Orsini, la giornalista russa Maria Dubovikova, Alberto Fazolo e Manlio Dinucci.
Anche se non è il primo dossier di questo tipo, a marzo il giornalista Gianni Riotta ne aveva pubblicato uno simile sul quotidiano Repubblica, quello del Corriere, basato su documenti provenienti da ambienti dell’intelligence, ha le stimmate di un documento ufficiale e per questo ha causato un’immediata risposta.
LE PRIME REAZIONI
Il presidente del Copasir Alfredo Urso è stato tra i primi a reagire e a smentire immediatamente che il dossier provenisse dalla sua commissione. «La lista l’ho letta su giornale, io non la conoscevo prima», ha detto lunedì. In un comunicato ufficiale della Commissione viene specificato che il Copasir non solo non ha prodotto alcun documento, me ha ricevuto una copia di quello visto dalle giornaliste del Corriere solo il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo. Nel frattempo, quasi tutte le persone citate nell’articolo annunciano querele nei confronti del quotidiano.
Già lunedì, diversi siti pubblicano ricostruzioni basate su racconti di persone informate dei fatti su ciò che è accaduto. Due giorni prima della pubblicazione dell’articolo, venerdì, in una riunione sulla disinformazione a cui partecipano vari funzionari e rappresentati di ministri, sarebbe stato presentato un documento, piuttosto generico e che indicava sostanzialmente informazioni già note. Il documento, con il bollino dell’ufficialità, viene passato alle giornaliste del Corriere che lo pubblicano domenica.
La conclusione
La vicenda oggi sembra essersi chiarita quasi definitivamente. Le due giornaliste del Corriere, sostengono, non solo hanno ricevuto l’ultimo rapporto, ma sono state almeno informate sui contenuti dei tre documenti precedenti, che hanno utilizzato per realizzare il loro articolo.
Nella conferenza stampa di ieri, il sottosegretario Gabrielli ha spiegato che questi rapporti non sono «dossieraggio» e nemmeno vere e proprie attività di intelligence. Inoltre, ha detto che le «fake news» non sono opinioni.
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