Uno spettro nero si aggira per l’Europa. Inquieta la netta affermazione dell’estrema destra nella recente tornata elettorale, incluse talune frange nostalgiche del nazismo, soprattutto in Germania e in Francia dove si vota nuovamente per l’Assemblea nazionale il 30 giugno e il 7 luglio.

In Italia sorprendono, ma neanche tanto, le cinquecentomila preferenze al generale Vannacci eletto nelle liste della Lega, mentre un’inchiesta di Fanpage.it ha mostrato il braccio teso nel saluto romano e altri riflessi pavloviani, chiamiamoli così, della Gioventù nazionale di duce e di governo.

Sembra un ripetersi farsesco di certe pulsioni totalitarie del ‘900, «il secolo breve» secondo la definizione dello storico Eric Hobsbawm, che invero si sta dimostrando lunghissimo nel perpetuarsi di nazionalismo, xenofobia, razzismo e bellicismo.

La pandemia

Uno scenario fosco, se non distopico, nel quale forse sottovalutiamo il lascito della pandemia di Covid che ha funestato più d’un triennio (gennaio 2020-maggio 2023) dei cinque anni intercorsi tra le elezioni europee del 2019 e quelle appena svoltesi.

Dopo lo sgomento dei primi mesi, l’Unione europea ha reagito con il piano vaccinale e in seguito con le ingenti risorse del Pnrr. Ma il Covid ha prodotto un impatto antropologico di paura e di risentimento che abbiamo liquidato o esorcizzato troppo presto, tralasciandone le conseguenze “elettorali”.

Ripensiamo alle tragiche immagini delle bare sui camion militari, allo choc dei lockdown, alla chiusura delle scuole, e all’irriducibile conflitto culturale tra chi anelava a una risposta della medicina contro il coronavirus e i No-vax che quella risposta l’hanno rigettata in maniera radicale, persino a costo di essere sospesi dal posto di lavoro.

Sia chiaro, i primi avevano ragione e torto i secondi. Nondimeno l’antivaccinismo resta l’espressione più eclatante di un ricorrente attacco alla Ragione, all’illuminismo, al positivismo, il che equivale – ancora una volta – a picconare i fondamenti stessi dell’identità europea dal ‘700 in avanti.

«La monarchia della paura»

Vi pare poco quando si vota, di fatto, per avere più o meno Europa? Il Covid ha imposto sulla ribalta l’immaginario antiscientifico dei negazionisti: le credenze circa le emissioni «nocive» del 5G, i fantomatici microchip iniettati sottopelle, il presunto ruolo complottardo di Gates o di Soros hanno goduto di una vasta eco sul web, con volumi giunti in testa alle classifiche e frequenti sconfinamenti nei talk show televisivi. E il settarismo o l’esoterismo facilmente si coniugano con l’estrema destra, nel solco del nesso tra pensiero magico e nazionalsocialismo analizzato dagli studi di Giorgio Galli sull’avvento di Hitler.

I No-vax coincidono con una parte di opinione pubblica non sempre incolta e non così marginale, visto che ciascuno potrebbe menzionare una sorella, un coniuge, l’amico o il collega in fuga dai vincoli sociali e diffidente del metodo scientifico nel momento della «fine del mondo».

Anche qui, come non ricordare le immagini «apocalittiche» del papa che celebra la messa nella piazza san Pietro deserta o del Campidoglio di Washington D.C. preso d’assalto dai suprematisti bianchi guidati da uno «sciamano» con l’elmo cornuto?

Il Covid ha segnato un’ulteriore demonizzazione dell’avversario e ben più d’un passo verso «la monarchia della paura» di cui parla Martha C. Nussbaum (il Mulino 2020).

È una ferita nella convivenza civile e una forma di secessione dalla Storia. La pandemia è stata a suo modo la nostra guerra civile/incivile che ora attende una ricomposizione simbolica – e politica – difficile da concepire senza la disponibilità a mettersi nei panni del «nemico», come appare chiaro in un magnifico romanzo di Elizabeth Strout, Lucy davanti al mare, tradotto da Susanna Basso per Einaudi (2024).

Confida Lucy: «Io non avevo una fede e nemmeno delle armi da fuoco, ma all’improvviso mi pareva di capire come si sentivano quelle persone; somigliavano a mia sorella Vicky, e io le capivo. Le avevano fatte sentire uno schifo, erano sempre state guardate dall’alto in basso, e a un certo punto non ce l’avevano fatta più».

La vendetta degli altri

Siamo alle solite. Quando i buoni, i ragionevoli, i moderni, i progressisti ovvero le élite si ritraggono dal confronto con «l’umiltà del male» di cui scrisse il filosofo Franco Cassano (Laterza 2011), di fatto abdicano alla politica.

Ecco un compito per la sinistra, che ancora una volta «non ha visto arrivare» i segnali dell’antipolitica all’indomani del Covid. Siamo accorsi al cinema per applaudire Perfect Days di Wim Wenders, favola nipponica sulla grazia salvifica di un pulitore di bagni pubblici che si rifugia ogni giorno negli stessi riti, in una sorta di volontario esilio nutrito di nostalgie rock e di buone letture, tagliando fuori il popolo, le masse, gli altri. Poi gli altri a volte ritornano e “si vendicano” scegliendo Alternative für Deutschland, Le Pen o Vannacci.

© Riproduzione riservata