La Cassazione ha reso definitiva la condanna a un anno e sei mesi per peculato per la sottosegretaria del ministero dell’Università e ha deciso di farsi da parte. Il suo partito la ringrazia e ribadisce che resta in parlamento
La sottosegretaria Augusta Montaruli condannata in via definitiva a un anno e se mesi si è dimessa. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni fino a inizio mese parlava di «certezza del diritto e certezza della pena». Intendiamo esattamente fino al 5 febbraio, quando all’Auditorium della Conciliazione, in occasione dell’evento di chiusura della campagna elettorale di Francesco Rocca (oggi presidente del Lazio) scandiva: «Certezza del diritto, certezza della pena. Che significa che chi è indagato o sotto processo deve avere il massimo delle garanzie, ma significa anche che quando sei condannato con sentenza passata in giudicato la pena te la devi scontare».
Dopo l’estremo passo, lei continua a professarsi innocente, nonostante gli scontrini abbiano portato alla pena: «Ho deciso di dimettermi dall'incarico di Governo - dice l'esponente di FdI - per difendere le istituzioni certa della mia innocenza».
I presidenti del gruppo di Camera e Senato hanno comunque detto che resta in parlamento, parlano di scelta «generosa e spontanea», visto che nemmeno la legge Severino la obbliga né a lasciare il parlamento, né a dimettersi: «La conosciamo fin dalla gioventù e ben sappiamo quanto ha sempre dato in termini di impegno per le battaglie della destra, mai risparmiandosi e sempre mettendo a servizio della stessa idee e progetti». Adesso la aspettano «attiva e determinata», sia nel gruppo parlamentare sia nel partito. Chi adesso parla male della questione per loro è «un avvoltoio».
La sentenza
La Cassazione giovedì notte ha confermato la sentenza della Corte d’appello che ha chiarito che Montaruli, oggi deputata e con un ruolo di governo, quando era consigliera regionale in Piemonte si è fatta rimborsare indebitamente spese per 25 mila euro, tra cene di lusso, borse, Sawarovski, e un libro piccante, e per questo si è macchiata di peculato.
Le reazioni interne
La ministra dell’Istruzione Anna Maria Bernini non ha ancora commentato, ma sono arrivate le parole del forzista Giorgio Mulé sull’ipotesi che si dimettesse: «Lei o il suo partito devono trarre le conseguenze e capire cosa fare, nel suo caso c'è una condanna definitiva, si deve valutare se mette in imbarazzo il governo», ha detto il vicepresidente della Camera ospite di Rainews24 sul possibile passo indietro della sottosegretaria al Mur. «Ma è una decisione che deve prendere lei insieme al suo partito», ha aggiunto. Dopo poche ore la decisione.
L’opposizione
Dopo che il candidato alla segreteria Stefano Bonaccini ha chiesto le dimissioni già venerdì sera, il giorno dopo è arrivata la nota ufficiale delle capogruppo del Pd, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani: «Ogni giorno assistiamo agli scivoloni e agli errori della classe dirigente di FdI. Ora siamo arrivati anche alle condanne definitive per peculato per la sottosegretaria Montaruli, che non ci risulta si sia dimessa come sarebbe doveroso fare».
Le parlamentari elencano tutti i recenti casi che hanno messo in difficoltà il partito di Meloni, a partire dalla recente inchiesta che vede il sottosegretario del ministero della Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato stralci di intercettazioni su Alfredo Cospto al 41-bis con tre boss mafiosi al collega di partito Giovanni Donzelli. Il deputato e vicepresidente del Copasir, le ha lette alla Camera per attaccare l’opposizione: «Tutti ancora al loro posto – continuano le capogruppo. E tutto questo avviene nel silenzio imbarazzato degli alleati di governo e con la copertura politica di Giorgia Meloni». In campagna elettorale “Pronti” era lo slogan di Giorgia Meloni: «Stanno dimostrando l'esatto contrario».
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