Se dovessero vincere i partiti di destra e se i liberali perdessero di vista il significato del loro nome, il governo dell’Unione tenderebbe ad assomigliare a quello che lamentiamo in Italia: un governo che incoraggia politiche repressive, che non assegna valore all’uguaglianza e alle libertà civili, che non vuole intraprendere politiche ambientali, di sostenibilità e di giustizia sociale
Le elezioni per il parlamento europeo saranno per la prima volta nella storia dell’Unione una prova generale per la tenuta del progetto europeista. I fondatori dell’Unione avevano chiari i rischi associati al nazionalismo e al sovranismo. Li scongiurarono con due strategie che tenevano insieme con coerenza ordine domestico e ordine internazionale. Col ripudio dell’autoritarismo e la promozione di governi costituzionali sarebbero sorte relazioni di cooperazione federativa tra gli stati.
Adottare regimi costituzionali implicava predisporre i governi a rispondere ai loro cittadini delle decisioni prese e, soprattutto, a operare nei limiti della legge. Le corti costituzionali e la libera stampa sono quindi stati i due pilastri liberali sui quali si è stabilizzata la democrazia costituzionale, con lo scopo di tenere sotto controllo le maggioranze politiche, quali che fossero. Potere di veto e potere di critica.
Le libertà
Ora le libertà, come quelle di essere informati sull’operato del governo e di associarsi per esprimere pubblicamente le proprie opinioni e dissentire, non sono amate dai poteri costituiti, anche quando questi derivano la loro legittimità dal consenso elettorale. D’altro canto, le libertà non sono mai assolute e la loro estensione viene valutata dai governi in base a ragioni che sono spesso di parte, anche quando invocano la necessità di garantire il bene sicurezza. Il consenso è una chimera quando si tratta di dire che cosa si intende per sicurezza e quanta interferenza sia giustificata da parte degli organi di governo.
Pensiamo, per esempio, a quanto difficile fu godere delle libertà sancite dalla Costituzione. A partire dagli anni Cinquanta, proprio mentre nasceva il nucleo originario dell’Unione europea, l’uso della forza statale per comprimere le libertà civili e politiche fu spesso arbitrario e poco rispettoso dei diritti. I governi centristi, a volte con il sostegno indiretto della destra di Giorgio Almirante, sono stati ben poco liberali. Il clima censorio nella cultura e nella stampa, la persistenza di tradizioni barbare come il diritto d’onore, la difficoltà di godere del diritto di sciopero: ciò dimostra quanto la democrazia sia stata spesso un’affermazione di rito piuttosto che una forma di vita pubblica apprezzata e attuata. Norberto Bobbio parlò negli anni Ottanta di promesse tradite.
Rispetto alle tentazioni autoritarie dei governi nazionali, l’Unione europea ha un ruolo fondamentale di controllo, di censura, e di stimolo. Con un’accelerazione con il Trattato di Lisbona, che oltre a conferire all’Ue una personalità giuridica propria, ha voluto il «rafforzamento della democrazia e maggiore tutela dei diritti fondamentali». Centrale ne è risultato il ruolo del parlamento e della Corte di giustizia. Nel corso degli anni, anche la Commissione ha risentito di questo incremento di legittimità, perché oggi il suo presidente viene scelto ed eletto tenendo conto dell’esito delle elezioni europee.
Dunque, si comprende quanto le elezioni dell’8 e 9 giugno siano importanti. E come potrebbero cambiare la faccia dell’Unione. Se dovessero vincere i partiti di destra e se i liberali perdessero di vista il significato del loro nome, il governo dell’Unione tenderebbe ad assomigliare a quello che lamentiamo in Italia: un governo che incoraggia politiche repressive, che non assegna valore all’uguaglianza e alle libertà civili, che non vuole intraprendere politiche ambientali, di sostenibilità e di giustizia sociale. In sostanza, che non condivide le promesse contenute nel Trattato di Lisbona.
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