I manifestanti chiedono le dimissioni del primo ministro thailandese, Prayuth Chan-ocha, e l’attuazione di riforme democratiche. Il premier li attacca prendendo a pretesto la crisi economica: «Non ci permettono di essere uniti»
- Continuano le manifestazioni antigovernative a Bangkok. Venerdì decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del primo ministro thailandese, Prayuth Chan-ocha.
- La Thailandia, profondamente colpita dalla crisi economica, è attualmente governata da una dittatura militare supportata dalla casata regnante. Nel mirino dei manifestanti, oltre al premier Prayuth, salito al potere nel 2014 grazie a un colpo di stato, c’è anche il re Vajiralongkorn il cui regno è iniziato nel 2016.
- Per fermare i dimostranti il governo ha varato giovedì lo stato di emergenza che prevede il divieto di manifestazioni e pene severe per chi manifesta, ma gli attivisti non si sono tirati indietro.
Continuano le manifestazioni antigovernative a Bangkok. Venerdì decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del primo ministro thailandese, Prayuth Chan-ocha, e l’attuazione di riforme democratiche. Per disperdere la popolazione, la polizia ha utilizzato anche gli idranti. Prayuth ha annunciato che non intende dimettersi nonostante le proteste. Per fermare i dimostranti il governo ha varato giovedì lo stato di emergenza che prevede il divieto di manifestazioni e pene severe per chi manifesta. L’ordinanza varata dall’esecutivo rappresenta inoltre un forte attacco alla libertà di stampa: non saranno permesse pubblicazioni online o cartacee che «rappresentino un pericolo per la sicurezza dello stato». La Thailandia è attualmente governata da una dittatura militare supportata dalla casata regnante. Nel mirino dei manifestanti, oltre al premier Prayuth, salito al potere nel 2014 grazie a un colpo di stato, c’è anche il re Vajiralongkorn il cui regno è iniziato nel 2016.
L’inizio delle proteste
Le manifestazioni nel paese sono cominciate a inizio anno dopo che la corte suprema ha messo al bando Future Forward, un partito di opposizione molto popolare fra i giovani e gli studenti che sono anche i principali animatori delle proteste. L’emergenza dovuta al Covid-19 ha frenato le tensioni fino a giugno quando il popolare attivista pro-democrazia, Wanchalearm Satsaks, è scomparso mentre si trovava in Cambogia. I manifestanti hanno accusato il governo di essere il responsabile della sparizione, ma le autorità governative hanno sempre negato. Le richieste di riforme dei giovani incontrano però le resistenze dei conservatori: in Thailandia, formulare critiche nei confronti del sovrano può causare la condanna a quindici anni di galera. Nonostante questa legge, sono molti i sudditi insoddisfatti dal comportamento della casa regnante e non solo per motivi politici: a essere giudicata negativamente è anche la condotta morale del re il cui stile di vita è giudicato troppo sfarzoso e lussureggiante. Anche la vita sentimentale di Vajiralongkorn è oggetto di critiche: il re ha avuto quattro mogli e ha attualmente una consorte. Un comportamento giudicato troppo libertino dai thailandesi.
La crisi economica
Alle questioni morali e alle rimostranze sulla vita privata, a fomentare le proteste si è aggiunta la crisi economica dovuta in parte al Covid-19: secondo la Banca Mondiale, nel 2020, il Pil della Thailandia si contrarrà del 10,4 per cento. Si tratta di una depressione economica ancora più pesante del crollo del 7,6 per cento del Pil del 1998, anno della cosiddetta crisi delle Tigri asiatiche e uno dei momenti più drammatici per il paese. Proprio la crisi economica è stata, però, usata dal premier contro i manifestanti. Prayuth ha infatti accusato gli attivisti che «non ci permettono di essere uniti» di essere la causa della crisi del paese.
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