Per le strade della capitale si passeggia tra le carcasse dei blindati russi disposti sulla via principale per celebrare il 32esimo giorno dell’indipendenza, mentre tra le preoccupazioni per la controffensiva e le possibilità di nuove mobilitazioni in pochi hanno prestato attenzione alla fine del mercenario Prigožin
Da due giorni la via principale di Kiev, Khreshchatyk, è chiusa alle automobili e per tre quarti dei suoi 1.200 metri si è riempita di carcasse di blindati e carri armati russi. Sono un centinaio, anneriti dal fumo e bucati dai proiettili, disposti come nella parodia della parata che le forze armate russe si aspettavano di celebrare pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione.
Così gli ucraini celebrano il 24 agosto, giorno dell’indipendenza. Anche se è la seconda volta che il governo mette in piedi questo spettacolo (lo aveva già fatto durante le celebrazioni della scorsa estate), gli abitanti di Kiev non sembrano essersi stancati. La mattina di giovedì, decine di migliaia di persone che non hanno approfittato del giorno di festa per una gita fuoriporta, sono andati a passeggiare tra le carcasse, avvolti nella bandiera ucraina o con indosso la vyšyvanka, la tradizionale camicia ricamata ucraina.
E Prigožin?
Gli ucraini sembrano molto più interessati a dimostrare il loro spirito di resistenza in questa giornata simbolica che a celebrare la morte di Evgenij Prigožin, il leader del gruppo mercenario Wagner, morto mercoledì nell’abbattimento del suo aereo vicino Mosca. «Perché dovremmo festeggiare? Ci sono ancora molti altri russi che devono morire prima che questa guerra finisca», dice Danylo Romanyuk, un’elettricista di 44 anni venuto a visitare l’esibizione con la sua famiglia.
Sui siti internet e nei telegiornali ucraini, la notizia della morte del leader mercenario, uno dei pochi a portare vittorie al Cremlino nell’ultimo anno di guerra, è rapidamente scivolata in coda. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è riferito a Prigožin soltanto indirettamente e in risposta ad una domanda che gli hanno rivolto alcuni giornalisti: «Non abbiamo nulla a che fare con la sua morte e penso che tutti capiscano chi è stato».
Sono reazioni comprensibili. Anche se Wagner è stata a lungo la punta di diamante delle forze armate russe in Ucraina, il gruppo aveva da tempo perso la sua aura di terrore. Da oltre tre mesi non è più impegnata sul fronte ucraino e dopo il tentato ammutinamento dello scorso giugno è divenuto chiaro che difficilmente sarebbe tornata a minacciare l’Ucraina.
Altri problemi
A questo va aggiunto che gli ucraini al momento hanno ben altri problemi di cui occuparsi. La famigerata controffensiva estiva appare sul punto di esaurirsi ben prima di raggiungere i suoi obiettivi – anche se le avanzate sul fronte meridionale degli ultimi giorni hanno portato alla parziale liberazione del villaggio di Robotyne.
La mancanza di risultati unita alla promessa di liberare tutti i territori occupati mettono Zelensky in una posizione politicamente difficile. Mercoledì, mentre l’aereo di Prigožin veniva abbattuto, il presidente ucraino ha annunciato che l’esercito gli ha chiesto interventi per accrescere la mobilitazione, una mossa che rischia di risultare impopolare. Ma ci sono poche alternative all’aumento del reclutamento se gli ucraini vorrano tentare ancora di liberare la Crimea e l’est del paese, o anche solo resistere alle future offensive russe.
Nonostante le minacce di attacchi aerei russi, ieri mattina Zelensky ha celebrato il giorno dell’indipendenza con un discorso pubblico, tenuto di fronte a un gruppo di militari, funzionari e a una delegazione di leader europei. «Non permetteremo che la nostra indipendenza venga stracciata – ha detto Zelensky – Non ci lasceremo dividere». Anche dopo la morte di Prigožin, nei prossimi mesi ci sarà molto da lavorare per mantenere queste promesse.
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