Ci sono pochi dubbi che ad abbattere l’aereo sia stato un missile ucraino. Ma c’erano davvero 65 prigionieri a bordo? Per le famiglie dei militari ora ci sono poche speranze di rivederli in vita
Il caso dell’aereo caduto mentre, secondo le forze amate russe, trasportava 65 prigionieri ucraini in procinto di essere liberati, sta diventando di ora in ora più spinoso per Kiev. Quello che sembra ormai sicuro è che l’aereo da trasporto Il-76 è stato abbattuto. Gli ucraini non lo hanno mai negato esplicitamente, mentre una fonte anonima consultata dal canale televisivo France Info ha confermato ieri che l’aereo sarebbe stato colpito da un missile Patriot lanciato dalle forze armate di Kiev. Ma diverse domande restano ancora senza risposta: c’erano davvero 65 prigionieri a bordo dell’aereo? E di chi è la responsabilità ultima dell’attacco?
Una questione politica
Per il governo ucraino, che sta cercando di approvare una nuova mobilitazione militare potenzialmente molto impopolare nel mezzo di un fase del conflitto tutt’altro che positiva per le sue forze armate, l’incidente rischia di generare un grave contraccolpo politico. L’opposizione interna parla di reticenza da parte del presidente Volodymyr Zelensky e del ministero della Difesa e li accusa di aver gestito il caso in maniera caotica e confusa.
Di certo, le versioni fornite da forze armate e agenzie di intelligence ucraine nelle ultime 48 ore si sono accavallate, a volte in maniera contradditoria. Lo stato maggiore dell’esercito ha lasciato intuire che l’aereo potrebbe essere stato abbattuto poiché trasportava missili destinati a colpire le città ucraine (ma non ha ammesso esplicitamente l’abbattimento). L’intelligence militare dice che a bordo dell’aereo dovevano essere presenti «importanti personaggi» che avrebbero rinunciato al volo solo all’ultimo momento. O forse prigionieri, ma anche missili.
Il governo ha chiesto ai suoi cittadini di aver pazienza. Lo stesso Zelensky ha atteso dodici ore prima di rilasciare il primo commento e quando lo ha fatto è rimasto vago. Ha chiesto un’inchiesta internazionale e ha detto che ci vorrà del tempo prima di poter chiarire definitivamente cosa è accaduto.
Nel frattempo, i media e il governo russo stanno approfittando dell’incidente per lanciare una vera e propria offensiva comunicativa il cui obiettivo è insinuare che Kiev non abbia a cuore la vita dei propri soldati e che il governo ucraino non sarebbe in grado di gestire gli armamenti a lungo raggio che da tempo chiede agli alleati occidentali. Il ministero degli Esteri russo ha ottenuto che la questione venisse discussa al Consiglio di sicurezza dell’Onu, ieri sera.
I fatti
Nella battaglia mediatica, la dinamica dell’episodio rischia di diventare secondaria. Mercoledì, in uno dei suoi primi comunicati sull’episodio, l’intelligence militare ucraina aveva fatto balenare una possibile spiegazione dell’accaduto: i russi non avrebbero fatto richiesta di un corridoio aereo sicuro per il volo aereo. Conseguenza lasciata implicita nella dichiarazione è che i russi sarebbero i veri responsabili dell’abbattimento per non aver seguito le corrette procedure. Il presidente della commissione Difesa della Duma russa, Andrei Kartapolov, sostiene invece che la richiesta sia stata inviata, anche se, ammette, con poco preavviso: appena 15 minuti prima che l’aereo entrasse nella regione di confine dove è stato abbattuto. Un secondo aereo con a bordo 80 prigionieri, ha affermato, sarebbe atterrato poco dopo senza incontrare problemi.
Per ora l’unica cosa che appare sicura è il destino dei 65 prigionieri ucraini che aspettavano la liberazione. I loro nomi sono noti: dopo alcune incertezze, la lista, diffusa dai media russi, è stata confermata dalla televisione nazionale ucraina. Caduti insieme all’aereo, o morti in altre circostanze che ora i russi provano a nascondere, come credono ancora molti ucraini, le loro famiglie hanno poche speranze di rivederli in vita.
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