Farah è la settima città caduta sotto il controllo dei militanti islamisti in meno di una settimana. La presa è stata annunciata dal portavoce dei talebani, che si stanno espandendo in vaste aree dell’Afghanistan grazie alle poche resistenze, dovute al ritiro delle forze straniere e alla debolezza dell’esercito di Kabul
«Abbiamo conquistato il centro di Farah, la città è sotto il completo controllo dei mujaheddin». Così il portavoce dei talebani annuncia la presa del settimo capoluogo di provincia da parte dei militanti islamisti. Solo nella giornata di domenica le città cadute nelle mani dei talebani sono state tre, Kunduz, Takhar e Sar-e Pol, nel nord del paese: la più significativa vittoria militare a tre settimane dal ritiro definitivo delle truppe statunitensi.
I talebani stanno trovando poche resistenze. Sono 34 i capoluoghi di provincia in Afghanistan e le recenti conquiste sono avvenute in meno di una settimana. Secondo quanto riportato da AlJazeera, il capo militare dei talebani avrebbe inviato ai combattenti un messaggio audio ordinando di non ferire le forze dell’esercito afghano, sostenuto dagli Stati Uniti e dai paesi Nato, e gli ufficiali del governo nei territori conquistati. Nella registrazione, spiega AlJazeera, Mohammad Yaqoob, figlio dell’ex leader e fondatore dei talebani Mullah Mohammad Omar, ha detto ai militanti di non entrare nelle case abbandonate degli ufficiali del governo e dell’esercito che sono fuggiti, di lasciare aperti i mercati e di proteggere i luoghi fondamentali per l’economia, come le banche.
La notizia della presa della città nella parte est dell’Afghanistan arriva nel giorno in cui a Doha si sta cercando di mediare con i rappresentanti del gruppo islamista. Zalmay Khalilzad, inviato degli Stati Uniti per l’Afghanistan, questa mattina si è recato a Doha, in Quatar, sede dei negoziati Usa-talebani. L’obiettivo è quello di negoziare un accordo politico e «contribuire a formulare una risposta internazionale congiunta alla situazione in Afghanistan che si sta deteriorando rapidamente», si legge nel comunicato del dipartimento di stato statunitense. «Esorterà i talebani a cessare la loro offensiva militare e a negoziare un accordo politico, l'unico modo che può portare alla stabilità e allo sviluppo in Afghanistan. L'intensificazione dell'offensiva militare dei talebani, che sta causando vittime civili da entrambe le parti e presunte violazioni dei diritti umani, è molto preoccupante», si legge nel documento. Non è ancora chiaro però che ruolo avranno i talebani in questo negoziato, dato che per ora non hanno preso parte.
Le città sotto il controllo dei talebani
Nel nord del paese i talebani hanno conquistato 5 dei 9 capoluoghi di provincia. Un giornalista di Voa ha riferito che si stanno avvicinando anche alla città principale del nord e la quarta del paese, Mazar-i Sharif. Il 9 agosto hanno preso il controllo Aibak. Lo ha annunciato il vice governatore della provincia di Samangan, di cui Aibak è il capoluogo: «I talebani hanno catturato la città di Aibak e ne hanno il controllo completo», ha detto. I talebani avrebbero chiesto al governatore di ritirare le sue forze dalla città, per evitare i combattimenti, e il governatore avrebbe accettato. «Kabul non ha inviato nessun aiuto. I talebani ora controllano la sede centrale della polizia, dell’amministrazione della città e dell’intelligence. Le persone sono preoccupate. I negozi sono chiusi. In questi giorni molti dipendenti dell’amministrazione e molti abitanti della città sono fuggiti», ha raccontato un funzionario locale al Guardian.
Anche le tre province prese domenica 8 agosto, Kunduz, Takhar e Sar-e Pol, sono importanti. Kunduz è una delle città più popolose in Afghanistan ed è importante dal punto di vista strategico perché collegata alle altre grandi città afghane e perché vicino al confine con il Tagikistan, luogo fondamentale per il commercio illegale di eroina verso l’Asia centrale. Sheberghan, nel nord, e Zaranj, nell’ovest del paese, sono le altre due città prese dai militanti islamisti il 5 e il 6 agosto.
La denuncia di Medici senza frontiere
Il 9 agosto è esploso un razzo all’interno del complesso dell’ospedale di Boost, struttura in cui Medici senza frontiere offre supporto, a Lashkar Gah. Msf riporta che non ci sono state vittime, nonostante l’esplosione sia avvenuta nei pressi del pronto soccorso, e denuncia l’escalation di violenze nella città dove da oltre una settimana sono in corso intensi combattimenti. «Lo staff medico, rimasto in ospedale nonostante i bombardamenti, colpi di mortaio, razzi e attacchi aerei nelle vicinanze, sta trattando emergenze di natura medica, chirurgica e ostetrica. I combattimenti tra le forze afghane e l’Emirato Islamico dell'Afghanistan, ovvero i talebani, stanno ostacolando l’accesso all’assistenza sanitaria, aumentando il numero di persone uccise e colpite da proiettili ed esplosioni, e causando ovunque sfollati. Nelle aree dove MSF lavora, Lashkar Gah (nella provincia di Helmand) e Kandahar, entrambe nel sud del paese, e Kunduz al nord, le conseguenze del conflitto sono enormi, e combattimenti sono in corso anche nell’area della città di Herat, dove Msf gestisce un altro progetto», si legge nel comunicato dell’organizzazione non governativa.
Il ritiro Usa e Nato
L’avanzata dei talebani ha avuto inizio con il graduale ritiro dei contingenti stranieri dal paese. Il presidente statunitense Joe Biden ha scelto l’11 settembre 2021 come data simbolica per lasciare definitivamente l’Afghanistan, dopo 20 anni dall’inizio della guerra. La rapida espansione è dovuta anche alla debolezza del governo di Kabul e delle forze dell’esercito afghano. Dopo la presa del sesto capoluogo di provincia, gli Stati Uniti hanno specificato che è compito delle forze di sicurezza afghane difendere il paese. «È il loro paese da difendere adesso. È la loro battaglia», ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby. «Sono le loro forze militari, i loro capoluoghi di provincia, il loro popolo da difendere, e davvero in questo particolare momento dipende dalla leadership che sono disposti a diffondere», ha continuato Kirby.
Gli Stati Uniti non sono più disposti a offrire sostegno militare all’esercito afghano ma hanno dichiarato che continueranno a impegnarsi per una risoluzione diplomatica del conflitto.
L’Unione europea
Intanto sei paesi dell’Unione europea (Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Grecia), a fronte dell’esclation di violenza e del pericolo per i civili, hanno inviato una lettera alla Commissione europea per chiedere che venga sospeso lo stop dei rimpatri dei richiedenti asilo afghani.
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