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Sarà molto diverso dalla guida suprema, l’ayatollah Alì Khamenei, a capo della Repubblica iraniana, ma più simile a un primus inter pares in una visione della gestione del potere più collegiale che verticistica. Akhundzada non avrà né l’autorità politica né il carisma della Guida iraniana.
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È probabile che il mullah Abdul Ghani Baradar, cofondatore dei Talebani, capo dell’ala politica e dialogante con l’occidente, l’uomo delle trattative con gli americani a Doha, venga nominato premier.
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Quanto al nuovo esecutivo non ci sono ancora date certe ma solo indiscrezioni di alcuni nomi senza escludere la presenza di donne che però non avrebbero il ruolo di ministre.
Il leader spirituale dei talebani, il mullah Haibatullah Akhundzada, figura sempre rimasta nell’ombra in questi scorsi anni a differenza di quanto faceva negli anni Settanta l’iraniano Khomeini esiliato a Parigi, che dava interviste a raffica ai media occidentali, sarà l’autorità suprema dell’Afghanistan, «il leader del nuovo governo» che verrà presto annunciato.
Lo ha riferito Anamullah Samangani, membro della commissione culturale dei Talebani, citato dall’emittente afghana Tolo News. «I negoziati sul nuovo governo sono quasi finiti», ha proseguito l’esponente degli “studenti coranici”, «non deve esserci alcun dubbio sul fatto che il Capo dei fedeli (Akhundzada, ndr) ne sarà il leader».
In altri termini sarà però molto diverso dalla guida suprema, l’ayatollah Alì Khamenei a capo della repubblica iraniana, ma molto più simile a un primus inter pares in una visione della gestione del potere in versione più collegiale che verticistica. In altri termini Akhundzada non dovrebbe avere né l’autorità politica né il carisma della Guida suprema iraniana.
Stando a fonti del New York Times, il capo religioso degli studenti coranici Akhundzada, 60 anni, prenderebbe il titolo di Guida suprema, e al suo fianco ci sarebbe il primo ministro.
È probabile che il mullah Abdul Ghani Baradar, cofondatore dei Talebani, capo dell’ala politica e dialogante con l’occidente, l’uomo delle trattative con gli americani a Doha, venga nominato premier.
Quanto alla definizione giuridica del nuovo Afghanistan questi non dovrebbe essere né Repubblica, né Emirato, come si era pensato in un primo momento ma probabilmente solo “governo islamico”, segnale di una situazione ancora confusa a livello di organizzazione statale.
Haibatullah Akhundzada, che ha preso le redini religiose del movimento nel 2016, era stato indicato come leader del movimento dopo aver incontrato alcuni rappresentanti talebani a Kandahar, città culla del movimento degli studenti coranici in Afghanistan, nati però a Peshawar, in Pakistan.
Quanto al nuovo esecutivo i Talebani restano divisi sul da farsi e non hanno ancora fissato i tempi del varo di un nuovo governo. Ci sono solo alcune indiscrezioni. In un’intervista alla Bbc il vicecapo dell’ufficio politico dei Talebani in Qatar, Sher Abbas Stanekzai, ha assicurato che i membri «saranno scelti in base ai propri meriti» e che anche le donne avranno un ruolo, ma non in qualità di ministri.
Se dovessero essere esclusi tutti coloro che hanno servito il governo afghano negli ultimi 20 anni, allora l’ex presidente Amid Karzai, che starebbe cercando di partecipare a un governo inclusivo, sarebbe fuori dai giochi.
Baradar, liberato da una prigione pakistana su pressione degli americani e poi diventato capo negoziatore a Doha, è in pole position per essere nominato a capo del nuovo governo. Altre posizioni chiave nel governo andrebbero a Mawlawi Mohammad Yaqoob, capo dell’ala militare, e a Sirajuddin Haqqani.
Il governo britannico
Il governo britannico non intende riconoscere per ora i Talebani come governo legittimo dell’Afghanistan, pur avendo avviato colloqui per cercare di ottenere garanzie su future ulteriori evacuazioni di fuggitivi dal paese.
Lo ha ribadito in commissione il ministro degli Esteri, Dominic Raab, aggiungendo che vi è la possibilità di «testare quanto i talebani» siano disposti a concedere per assicurarsi legittimazione e «sostegno finanziario» internazionale e che Londra è impegnata a coordinarsi in primis sul punto con gli Usa e altri partner del G7.
Dobbiamo «metterli alla prova insieme e giudicarli dai loro atti, non dalle loro promesse», ha insistito Raab dicendosi convinto che «gli Usa resteranno coinvolti e responsabili» rispetto al futuro dell’Afghanistan; ma auspicando anche un’interazione stretta sul fronte diplomatico e umanitario con «una vasta sfera di paesi» a cominciare da «Pakistan e monarchie arabe del Golfo».
Accusato d’inazione o ritardi da diversi deputati, il ministro di Boris Johnson ha contestato alcune accuse al governo Tory, ha ignorato la richiesta di dimissioni di alcuni esponenti dell’opposizione laburista come una «strumentalizzazione» e ha confermato una sua imminente missione nella regione.
Poi, pur ammettendo come legittime certe critiche rivolte «agli Usa come al Regno Unito» sulla gestione del disastroso ritiro della Nato da Kabul, ha dichiarato di non avere «alcun dubbio» che Washington saprà «riprendersi» di fronte alla comunità internazionale.
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