- Il muro anti-migranti che la Turchia sta costruendo a oriente per proteggere la sua frontiera con Iran e Iraq è un segnale d’allarme per l’Europa.
- È il risultato di una politica cieca e sorda alle attese delle popolazioni civili: si è fatta la guerra senza pensare alle conseguenze. Ora la storia si vendica.
- Proprio per questo è necessaria un’urgente svolta strategica dell’Unione Europea: rivedere tutta la politica migratoria ed anticipare le crisi.
Se anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si preoccupa, la situazione profughi deve essere davvero grave. Il muro anti-migranti che la Turchia sta costruendo ad oriente per proteggere la sua frontiera con Iran e Iraq è un segnale d’allarme per l’Europa.
La vergognosa fine della presenza occidentale in Afghanistan sta cambiando tutto: a centinaia di migliaia si stanno già spostando; a milioni pensano o saranno costretti a farlo presto. È il risultato di una politica cieca e sorda alle attese delle popolazioni civili: si è fatta la guerra senza pensare alle conseguenze. Ora la storia si vendica.
L’imminente vittoria dei talebani giunti a pochi chilometri dalla capitale spinge le popolazioni verso occidente. L’Afghanistan è un paese di minoranze: mentre la maggioranza pashtun si arrende, gli altri fuggono. Tra poco la Turchia sarà invasa da milioni di persone. C’è poco da gioire per i problemi turchi: Ankara ha già circa 4 milioni di profughi e, malgrado i denari d’Europa, non è in grado di continuare a fare da tappo verso ovest. Erdogan sarà costretto a lasciar passare. Una medesima spinta potrebbe concretizzarsi da Libano e Tunisia. L’Europa potrebbe pagar caro il suo silenzio e la sua distrazione.
Proprio per questo è necessaria un’urgente svolta strategica dell’Unione Europea: rivedere tutta la politica migratoria ed anticipare le crisi. Su quest’ultimo punto la posta in gioco è ovvia: non intervenire nelle crisi tunisina e libanese è stato un errore grave che ora ci ricade addosso. L’UE dovrebbe approntare in fretta un piano di aiuti simile al Next Generation UE (diciamo un Next generation EuroMed) che salvi quelle democrazie ed offra gli strumenti per una rapida ripresa: su questo non bisogna essere timidi ma decisi, influenzandone i processi politici. Ci vuole quel coraggio politico di cui l’UE e gli stati membri difettano da troppo tempo. Quando l’Italia del 2006 con il governo Prodi intervenne in Libano con l’operazione militare di peacekeeping (ancora in corso), dimostrò il necessario coraggio politico senza il quale non c’è miglior “tecnica” che tenga. Si può fare, si deve fare, si faccia.
Molto più difficile resistere alle conseguenze della débâcle afghana che, oltre l’umiliazione politica, ci porterà masse di profughi. L’unica strada è riformare le politiche migratorie e di accoglienza europee. L’Italia ha l’occasione d’oro di convincere i partner nella UE ad accettare la solidarietà che finora non è passata. L’onda viene da est ed è probabile che prenda il corridoio balcanico, proprio verso i “frugali” e quei paesi che si sono rifiutati di condividere. Il nostro governo potrebbe spiegare che tale scelta va adesso a loro vantaggio. Non si può pensare di chiudersi davanti ad un popolo di rifugiati che fugge a causa dei nostri errori: salviamo almeno la faccia. L’Europa non può ridursi all’attuale vergogna dei campi di Moria nell’isola di Lesbo, chiudendo i profughi in indecenti recinti. Restare sordi a tutto questo oltre che immorale è prima di tutto davvero stupido perché autolesionista.
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