L’occasione dell’Africa day – 25 maggio – offre lo spunto per una riflessione sullo stato di conoscenza e interesse verso il continente. Il contributo migliore a tal fine ci viene dal report “Africa mediata” di Amref Italia, redatto in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia, in pubblicazione ogni anno per la Giornata dell’Africa. Nell’edizione di quest’anno, tanti dati interessanti.

La prima notizia che salta all’occhio è il lieve aumento di presenza dell’Africa in alcuni contesti nel panorama mediatico italiano. Ma è solo apparentemente positiva. È in gran parte dovuta, infatti, a un Piano Mattei fin qui molto mediatizzato ma ancora lontano dall’operatività e, soprattutto, dall’«abbandono definitivo della logica predatoria» di cui ha parlato più volte Giorgia Meloni. È una presenza africana che sconta ancora una narrazione allarmistica, molto incentrata sulle migrazioni e sulle partnership di ricerca energetica.

Per dirla con le parole di Guglielmo Micucci, direttore Amref Italia, intervenuto alla presentazione del report il 23 maggio a Roma, «è una visione rivolta verso il nostro ombelico che ha come focus il blocco delle migrazioni, la ricerca di nuove fonti energetiche e, soprattutto, non guarda quasi per niente all’Africa “là”». All’Africa, cioè, dall’altra parte del Mediterraneo, con i suoi drammi, i conflitti, le élite corrotte, ma anche la sua crescita sotto ogni parametro, lo sviluppo, la cultura, le infinite risorse, i nuovi movimenti politici e culturali e, soprattutto, i giovani, la stragrande maggioranza del miliardo e 300 milioni di abitanti, nati liberi e decolonizzati, che stanno cambiando il volto del continente con il loro attivismo.

L’immagine che si ricava da questa parte del Mare Nostrum attraverso i media, quindi, resta molto concentrata su una narrazione, spesso distorta, strumentale e folcloristica, dell’Africa “qua”. Veniamo ai dati del rapporto, ma mettiamo subito in chiaro un aspetto: per quanto in aumento, i livelli di informazione attorno all’Africa promossi dai media italiani restano assolutamente risibili, in alcuni casi prossimi allo zero. Nella prima parte, specificamente sulla copertura mediatica, si parte dai quotidiani mainstream (Avvenire, Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Il Giornale, La Repubblica e La Stampa). Le notizie a tema africano in un anno sono state 1.171, solo 16 in media ogni mese. Ma il fatto che ci sia un po’ più di attenzione (3 notizie in più al mese rispetto al 2022) non si traduce in un maggiore interesse ai contesti africani: 2 notizie su 3 sono ambientate in Italia o in occidente e riguardano cronaca e migrazioni (80,2 per cento, dato in aumento) o riflettono l’impegno del governo rispetto alle questioni africane (accordo con Tunisia o Libia ecc).

L’ossessione per l’invasione di profughi che non è stata mai corroborata da fatti è la bussola che orienta la maggiore o minore attenzione all’Africa. Un caso eclatante è il Sudan. Quando nell’aprile di un anno fa scoppiò la guerra, ci fu una copertura completa sia sui quotidiani che su tv e radio. L’interesse era per la guerra, la drammatica situazione, ma, immediatamente dopo, il possibile afflusso di profughi. Quando però si è constatato che i profughi, come era ampiamente prevedibile, hanno preso d’assalto le nazioni limitrofe (in tutto oltre 2 milioni, in paesi come Sud Sudan, Ciad o Centrafrica, ndr), l’interesse è scemato fino a far scomparire il Sudan dai radar mediatici nonostante sia la più grande emergenza umanitaria di sfollamenti in atto al momento.

Per quanto riguarda i notiziari del prime time (Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rete 4, Canale 5, Italia 1, La7) il 2023 ha visto un lieve aumento di interesse per l’Africa. Nei Tg sono state rilevate 3.457 notizie sull’Africa in un anno. Solo che la prevalenza, anche in questo caso, è netta su migrazioni e fatti di cronaca, oltre che sull’intensa attività istituzionale di Meloni (76,9 per cento). L’attenzione verso notizie direttamente legate a persone, temi e fatti del continente africano rimane clamorosamente bassa, con una media dell’1,9 per cento (e va sottolineato che l’Africa “là” è soprattutto guerra, terrorismo e disastri ambientali, come se non succedesse nient’altro). Il dato sui programmi di infotainment (i più seguiti dal pubblico) analizzati su sette reti televisive ci suggerisce che le cose vanno peggio: su 116 programmi analizzati nelle reti generaliste nazionali sono solo 1.061 i riferimenti all’Africa (su 61.320 ore di trasmissione): uno in media ogni 58 ore di programmazione.

La novità dell’edizione di quest’anno è il focus che il report apre, nella seconda parte, sull’attivismo giovanile africano, in particolare femminile, un fenomeno in vasta ascesa e di grande interesse ma quasi completamente negletto. «Esiste un’altra Africa oltre la cronaca, gli sbarchi e le emergenze», dichiara Micucci. «Un’Africa di giovani che vede in cima alle sfide più importanti la disoccupazione, l’economia e la salute, ma che ha più strumenti rispetto alle generazioni precedenti. Chiediamo al prossimo G7, ai responsabili del Piano Mattei, di ascoltare l’Africa impegnata a cambiare grazie alle nuove generazioni».

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