Una nuova frattura si è aperta tra gli alleati dell’Ucraina. Dopo le armi pesanti e i carri armati, questa volta il pomo della discordia è l’invio di moderni jet da combattimento. Gli ucraini li chiedono dall’inizio della guerra, ma ora il primo ministro britannico Rishi Sunak si è fatto portavoce di una “coalizione” per i jet all’Ucraina, alla quale si sono subito aggiunti Belgio e i Paesi Bassi.

Ma l’amministrazione degli Stati Uniti rimane contraria. I jet da combattimento non sono una priorità per gli ucraini in questo momento, sostiene il Pentagono. Con le risorse economiche per gli aiuti militari destinate ad esaurirsi, non ha senso inviare costosi aerei da combattimento che, oltre tutto, arriverebbero troppo tardi per influire sull’importante controffensiva che gli ucraini preparano da mesi.

Molte promesse

Quella dei jet è una complicata questione in cui considerazioni politiche si affiancano a quelle tattiche e militari. Fin dall’inizio dell’invasione tutti sanno che se l’Ucraina vorrà mantenere un’aviazione militare in futuro, dovrà dotarsi di aerei di fabbricazione Nato, visto che non potrà più rifornirsi di velivoli e parti di ricambio fabbricati in Russia.

Come ha ricordato questa settimana Yuriy Ignat, portavoce dell’aviazione militare ucraina, il piano di Kiev è «rimpiazzare la nostra intera flotta di aerei con un solo modello» entro i prossimi anni. Ma i jet da combattimento sono probabilmente il singolo sistema d’arma più complesso e costoso che esiste al momento. Quanto velocemente e a spese di chi l’Ucraina dovrebbe rinnovare la sua flotta aerea?

Gli ucraini, ovviamente, sperano di ricevere i jet il prima possibile, nel mezzo del conflitto e possibilmente gratis. «Abbiamo bisogno di moderni jet – ha detto questa settimana Zelensky in video collegamento con i leader europei a Rekjavik – E sono certo che li otteremo». Un portavoce del ministro della Difesa Oleksii Reznikov ha detto che «i jet sono l’ultima cosa che manca dalla nostra lista dei desideri».

Il governo britannico è stato il più vocale nell’assecondare le richieste di Kiev, così come aveva già fatto con le richieste di carri armati all’inizio dell’anno. Ma dietro le dichiarazioni altisonanti, per ora si muove poco. Fino a questo momento, nessun paese europeo ha chiesto agli Stati Uniti l’autorizzazione a esportare i suoi F-16, l’aereo di fabbricazione americana che probabilmente costituirà il grosso della futura aviazione ucraina.

I dubbi

Di fronte alle dichiarazioni dei leader europei e ucraini e alle sempre più insistenti domande dei legislatori americani, che chiedono come mai l’autorizzazione all’invio di jet non è ancora stata data, l’amministrazione Biden e il Pentagono rispodono con una lunga lista di obiezioni.

Quelle politice riguardano soprattutto il costo dei jet, che finirebbero con l’esaurire rapidamente il pacchetto di aiuti già stanziati, con il rischio che il Congresso decida di restringere molto le dimensioni del prossimo. 

Le obiezioni tecniche riguardano alcuni aspetti degli F-16 e la natura del conflitto in Ucraina. L’F-16 è il jet moderno più diffuso tra i paesi Nato. Significa che ci sono molti esemplari in circolazione, molte parti di ricambio e molti centri dove addestrare futuri piloti. Inoltre, si tratta di un velivolo più avanzato della maggior parte dei caccia russi, in grado di avere un impatto sulle operazioni difensive anche in numeri ridotti. Per questo rappresenta un candidato ideale per l’Ucraina.

Pensato per operare dalle grandi basi aeree Nato in contesti di totale superiorità aerea, l’F-16 è però una macchina delicata. Richiede piste aeree molto lunghe e molto pulite per decollare in sicurezza. Al momento, l’aviazione ucraina non dispone di simili aeroporti, che sarebbero un facile bersaglio per i missili russi. I suoi spartani caccia di fabbricazione russa o sovietica decollano da piste di fortuna nascoste in mezzo ai boschi, dove sarebbe quasi impossibile operare i sofisticati F-16.

Il Gripen svedese è stato indicato come un velivolo molto più adatto alle condizioni della guerra in Ucraina, ma Stoccolma ha già fatto sapere che ne a troppo pochi per pensare di cederli all’Ucraina.

Priorità

«Ci concentriamo a soddisfare le priorità ucraina in questa guerra e gli aerei da combattimento, per quanto siano sulla lista, non sono in cima», ha detto a fine aprile il capo del dipartimento affari internazionali del Pentagono, Celeste Wallander.

É dal dibattito sui carri armati di inizio anno che il Pentagono ripete che le priorità ucraine sono altre: difese aeree, artiglieria e munizioni per l’artiglieria e veicoli blindati, ancora più importanti dei carri armati veri e propri. Ma le considerazioni dei militari sono state spesso accantonate di fronte alla necessità politiche. Qualsiasi esitazione nel fornire armamenti all’Ucraina, infatti, viene interpretata dal Cremlino come un segno di debolezza e ne rafforza la determinazione a proseguire lo scontro. 

Mentre la discussione sui giornali e nelle conferenze internazionali si focalizzavano sull’invio di armi sempre più tecnologicamente sofisticate e costose, gli ucraini sul campo si sono trovati quasi paralizzati dalla mancanza dei molto più banali proiettili di artiglieria. Un collo di bottiglia che ha minacciato l’inizio della controffensiva di primavera e che è stato parzialmente superato soltanto nel mese di marzo.

Ora che la controffensiva è ormai imminente, il dibattito sui jet appare accademico. Secondo il Pentagono, ci vorranno un minimo di 18 mesi dalla decisione prima che gli ucraini siano in grado di far volare il primo F-16. Molto prima di allora, i governi occidentali sapranno se le forze armate ucraine sono in grado di riconquistare larghe porzioni del loro territorio, oppure se la guerra è destinata a trasformasi in un sanguinoso stallo. Se sarà questo secondo caso a verificarsi, difficilmente una manciata di F-16 potrà cambiare la situazione.

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