Lo sport russo prova a rompere l’isolamento ma intanto non può fare a meno di essere attraversato dalla propaganda. Durante i mondiali dell’arte marziale di derivazione sovietica, tenuti a Yerevan (Armenia), le finali contro atleti ucraini si sono trasformate nella guerra proseguita con altri mezzi
Eroi russi che stoicamente sconfiggono gli ucraini. Che lottano nonostante le menomazioni, e infine riescono a battere l’avversario che è anche nemico. Stoici per la gloria personale e per l’onore patrio.
Succede tutto a margine dei mondiali di sambo, un’arte marziale di matrice sovietica che nasce nel laboratorio delle tecniche di addestamento militare ma successivamente è stata sportivizzata. La scorsa settimana si soiono svolti i mondiali di sambo a Yerevan, Armenia.
L’ennesima manifestazione sportiva internazionale cui gli atleti russi possono partecipare soltanto da neutrali, cioè senza accompagnamento dell’inno nazionale e della bandiera russa. Ciò che non impedisce loro e ai loro dirigenti di usare la circostanza in termini propagandistici. Specie se in gara vengono sconfitti atleti ucraini.
E specie se quelle vittorie vengono strappate in circostanze drammatiche, che immediatamente diventano omeriche.
La disciplina sovietica
Autodifesa senza armi. Questo è il significato di “samozashchita bez oruzhiya”, dalla cui abbreviazione scaturisce il termine sambo.
Si tratta di una tecnica di combattimento che a sua volta è la fusione di due stili nati da padri diversi:Vasilij Oshchepkov e Viktor Spiridonov. In piena epoca sovietica i due inventarono separatamente le tecniche da combattimento, partendo da ispirazioni diverse. La fonte di Oshchepkov fu un lungo soggiorno in Giappone, da cui ricavò un’idea di arti marziali come disciplina dello spirito prima che del corpo. Dal canto suo, Spiridonov era un reduce della prima guerra mondiale che fece dell’attività fisica da combattimento e del suo insegnamento una missione.
Ispirazioni così distanti trovarono nel sambo una sintesi, adottata dalle forze armate e da quelle di polizia dell’Urss. Rispetto alle arti marziali tradizionali, nella sua versione sportiva il sambo assomiglia più alle Mixed Martial Arts.
E nel corso del tempo ha ottenuto un discreto riconoscimento internazionale, per quanto la sua diffusione al di fuori dell’area ex sovietica rimanga limitata. Ciò non ha impedito alla federazione internazionale di disciplina (Fias) di ottenere dal comitato olimpico internazionale (Cio) il riconoscimento olimpico permanente. Questo passaggio è avvenuto nel 2021 e pareva il preludio dell’ammissione ai Giochi.
Forse adesso sarà necessario riparlarne, rimandando il tutto a tempi più tranquilli. Ma intanto il calendario internazionale della discplina procede. E non lascia da parte le atlete e gli atleti provenienti dal paese aggressore.
La guerra con altri mezzi
I nuovi eroi del sambo russo si chiamano Alexei Merzlikin e Tahir Tokarev. Hanno realizzato le loro imprese in una manifestazione che ha visto gli atleti russi vincere 16 medaglie su 26 specialità del sambo, ma le loro vittorie hanno un sapore particolare perché raggiunte contro avversari ucraini.
Praticamente è stata la guerra proseguita con altri mezzi. E i toni che hanno segnato le cronache sulle due vittorie non potevano essere da meno.
Il quotidiano Moskovskji Komsomolets si è distinto su questo fronte. Il racconto della vittoria conseguita da Merzlikin contro l’ucraino Moiseev è stata descritta come l’affermazione di un atleta che riesce a oltrepassare i limiti, costituiti innanzitutto da un avversario “più alto e resistente”.
Il successo è stato conseguito con un colpo di destrezza, ma poi a causa dello sforzo Merzlikin “è crollato esausto sul pavimento e non è riuscito a riprendere i sensi per circa 20 minuti!”. Un’iperbole della quale si può sorridere fino a un certo punto, dato che la dismisura è cifra corrente di questa contemporaneità russa.
A ogni modo, dopo essersi ripreso il vincitore ha intonato il discroso patriottico: «Sono stato pressato dalla colossale responsabilità nella finale con l'ucraino davanti al nostro Paese e alla vasta Patria. Non volevo deludere sia la nostra squadra che il nostro amato Paese, la Russia, quindi ho dato il massimo e ho vinto!».
Con toni ancora più eroici è stato celbrato il successo di Tokarev contro Andrei Kucherenko. L’enfasi intorno a questa impresa è montata perché Tokarev si è presentato all’atto finale sul tatami con un braccio malconcio, causa uno scontro duro nel match precedente contro un avversario uzbeko.
Quanto serio sia stato quell’infortunio al braccio, non è dato capire. L’impressione è che nella cronaca siano stati calcati i toni nella stessa misura in cui lo si è fatto a proposito del mancamento di Merzlikin dopo il match contro Moiseev.
Rimane il tentativo di far passare un messaggio sulla vitalità dello sport russo. I cui atleti, al pari di quelli bielorussi, non sono ancora sicuri di poter partecipare alle Olimpiadi parigine del prossimo luglio. Parte del mondo dello sport, ma anche esponenti politici di peso come la sindaca parigina Anne Hidalgo, non li vorrebbero ai Giochi nemmeno sotto le insegne del Cio.
Bisogna trovare vetrine alternative e sfruttarle nei modi che si riesce. Propaganda compresa.
© Riproduzione riservata