208 sì. Tra i firmatari senatori di Pd, M5s, Iv e la senatrice a vita Liliana Segre, presente in aula per il voto. La vice ministra Sereni ha dato parere favorevole dell’esecutivo, ma ha detto che potrebbe essere «controproducente» e servono «verifiche» e ha ricordato che l’Egitto è un partner «cruciale». I 20 senatori di Fratelli d’Italia si astengono
Il Senato ha approvato l’ordine del giorno che chiede ufficialmente al governo italiano di avviare le procedure per riconoscere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna tenuto prigioniero nel carcere di Tora da oltre un anno con l’accusa di propaganda eversiva, ma il governo frena.
I sì sono stati 208, nessun contrario e 33 astenuti, tra i quali tutti i venti senatori di Fratelli d’Italia. Il testo è quello della mozione che ha come primi firmatari molti senatori del Pd, di Italia viva e del Movimento 5 stelle che verte esplicitamente sulla cittadinanza, in cui è confluita quella presentata precedentemente dal Movimento 5 stelle con riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Tra tutte spicca la firma di Liliana Segre, la senatrice a vita che ha vissuto sulla sua pelle la prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz. Questa mattina ha deciso di essere presente in aula.
La mozione
Nel testo depositato a Palazzo Madama si chiede al governo di «avviare tempestivamente mediante le competenti istituzioni le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana». Una formulazione che subordina la cittadinanza alle verifiche. Oltre ai lavori sulla cittadinanza, viene preteso un maggior coinvolgimento nella scarcerazione con la richiesta diretta «di intraprendere tempestivamente ogni ulteriore iniziativa presso le autorità egiziane per sollecitare l'immediata liberazione di Patrick Zaki». Lo stato deve prendere posizione contro le torture perpetrate dal paese: «Valutando la possibilità dell'utilizzo degli strumenti previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti del 10 dicembre 1984» e allo stesso modo di essere sempre presente alle udienze che Zaki continua a sostenere «con la presenza in aula della rappresentanza diplomatica italiana al Cairo, lo svolgimento delle udienze processuali a carico di Zaki e le sue condizioni di detenzione».
Per la mozione adesso è ora di «attivarsi, a livello UE, per sollecitare istituzioni e Stati membri» contro la «repressione nei confronti degli attivisti politici e dei difensori dei diritti umani».
La situazione
Zaki intanto continua a subire la prigionia, deriso dalle guardie carcerarie, tra sofferenze fisiche e psicologiche, vittima di torture. Oggi sono 432 giorni, e di recente la sua detenzione preventiva è stata rinnovata per altri 45.
La vice ministra degli Esteri Marina Sereni intervenendo in Aula prima del voto ha dato il parere favorevole del governo all’ordine del giorno sulla cittadinanza allo studente, ma non è detto che arriverà: «Il governo condivide la preoccupazione del parlamento anche alla luce della proroga della sua detenzione» e «sollecitiamo in ogni occasione a rilasciare lo studente». Ha ricordato che già adesso i processi sono seguiti dalla rappresentanza diplomatica: «Su nostra richiesta il procedimento è rientrato nel programma di monitoraggio interazionale».
Il governo quindi riconosce la portata «ideale e simbolica del possibile gesto» della cittadinanza, una «sensibilità in cui il governo si rispecchia» ma è bene che la mozione «faccia riferimento alla necessità di verificare la possibilità della cittadinanza». L’Italia infatti per Sereni avrebbe comunque difficoltà a fare pressione sul governo egiziano: «Prevarrebbe la cittadinanza originaria, e potrebbe ottenere effetti negativi» e in questo modo «addirittura rivelarsi controproducente».
Alberto Balboni di Fratelli d’Italia, nel corso delle dichiarazioni prima del voto, ha detto che è bene fare «un’ulteriore riflessione, come ha detto la vice ministra».
Sereni ha fatto riferimento al caso di Giulio Regeni, il ricercatore friulano torturato e ucciso al Cairo cinque anni fa. Per la procura italiana sono implicati gli 007 egiziani, ma l’Egitto si sta rifiutando di cooperare per raggiungere la verità. I diritti umani «sono punti su cui non arretriamo» ha detto e i rapporti diplomatici «sono compromessi», ma «l’Egitto rimane cruciale sulla stabilizzazione della Libia, il terrorismo, la gestione dei flussi migratori».
Se da una parte il ministro degli Esteri Luigi Di Maio alla fine dell’anno scorso ha deciso di riconoscere il problema umanitario della detenzione di Zaki, così come il Parlamento europeo ha votato una risoluzione condannando la condotta dell’Egitto, il governo italiano continua a essere al centro delle critiche, perché nonostante la situazione sia tutt’ora critica dal punto di vista dei diritti, l’Italia sta finalizzando la vendita di due fregate militari al paese retto dal generale Abdel Fattah al-Sisi.
© Riproduzione riservata