Il premier Pashinyan ha denunciato un tentativo di colpo di stato da parte dell’esercito dopo che quaranta ufficiali hanno chiesto le sue dimissioni per via della sconfitta della guerra contro l’Azerbaigian. «Invito tutti i nostri sostenitori a riunirsi in piazza della Repubblica» a Yerevan ha detto il premier
Il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha annunciato un tentativo di colpo di stato militare dopo che quaranta ufficiali dell’esercito hanno chiesto le sue dimissioni. «Ritengo che la dichiarazione dello stato maggiore sia un tentativo di colpo di Stato militare», ha scritto il premier sul suo account Facebook, «invito tutti i nostri sostenitori a riunirsi in piazza della Repubblica» a Yerevan. Secondo i giornalisti presenti sul posto sarebbero circa 20mila i sostenitori scesi nelle strade del paese, mentre in 10mila hanno chiesto le dimissioni del premier armeno.
La richiesta di dimissioni è uno degli strascichi che l’Armenia si porta dietro dopo la sconfitta della guerra nel Nagorno-Karabakh (un’enclave armena in territorio azero) contro l’Azerbaigian. Un conflitto durato sei settimane lo scorso autunno e in cui hanno perso la vita migliaia di persone.
Infatti, la situazione è degenerata quando il primo ministro ha spinto per il licenziamento del vice capo di stato maggiore, Tiran Khachatryan, giustificandolo con l’inefficienza dimostrata dai missili Iskander di fabbricazione russa utilizzati nella guerra.
I militari hanno reagito duramente al licenziamento con un comunicato in cui hanno scritto che la decisione «è stata presa senza tenere conto degli interessi nazionali e statali dell'Armenia ma solo sulla base di sentimenti e ambizioni personali». Secondo i militari il premier armeno e il suo governo «non sono più in grado di prendere decisioni adeguate in questa situazione critica, cruciale per il popolo armeno».
«Date le circostanze – conclude il comunicato – le forze armate armene chiedono le dimissioni immediate del primo ministro e del governo e li avvertono di non utilizzare la forza contro la gente i cui figli sono morti difendendo la madrepatria».
Le proteste
La guerra si è conclusa con un trattato di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian avvenuto grazie alla mediazione della Russia lo scorso novembre. Tuttavia i cittadini armeni contestano l’accordo e lamentano un ridimensionamento del loro paese che ha dovuto cedere alcuni territori all’Azerbaigian. Infatti, il cessato il fuoco stabilisce che l’Azerbaijan manterrà il controllo di tutti i territori i conquistati dal suo esercito nel corso del conflitto scoppiato lo scorso 27 settembre, mentre le forze armene si sono dovute ritirare dall’area.
Dopo la pace, gli armeni hanno invaso le strade di Yerevan in segno di protesta. Le manifestazioni si sono fermate per via del duro inverno ma hanno ripreso nei giorni scorsi, quando i cittadini hanno chiesto nuovamente le dimissioni del premier.
Per dare in pasto alle proteste un capro espiatorio e giustificare la sconfitta della guerra, i membri del governo hanno incolpato l’inefficienza degli armamenti russi in dotazione all’esercito e usati nel Nagorno-Karabakh.
Le reazioni del Cremlino
Il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, secondo quanto riferisce Ria Novosti e hanno ripreso i media armeni ha detto: «Seguiamo con preoccupazione gli sviluppi in Armenia. Lo consideriamo questione interna dell'Armenia, nostro importante e stretto alleato nel Caucaso».
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