Decine di manifestanti sono entrati nel palazzo del governo per chiedere le dimissioni del primo ministro. L'azione è stata organizzata dal sindacato giovanile del partito di opposizione Dashnaktsutyun. Già lo scorso 25 febbraio, le forze armate avevano chiesto le dimissioni del premier
Intorno alle undici di questa mattina, decine di manifestanti hanno fatto irruzione in uno degli edifici del governo dell'Armenia a Yerevan. A riportare la notizia, l'agenzia russa Interfax. L’azione per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan è stata organizzata dal sindacato giovanile del partito di opposizione Dashnaktsutyun. «Chiediamo le dimissioni di Pashinyan. Con la nostra azione, abbiamo dimostrato che non ci sono porte chiuse per noi e che possiamo entrare in qualsiasi edificio governativo», ha detto uno dei manifestanti. I manifestanti hanno poi abbandonato il palazzo senza forme di violenza. Questa sera si terrà un'altra manifestazione dell’opposizione per portare avanti la protesta.
LE PROTESTE
Lo scorso giovedì 25 febbraio quaranta ufficiali delle forze armate armene hanno chiesto le dimissioni del primo ministro e del governo della repubblica. Pashinyan ha bollato la richiesta come un tentativo di colpo di stato militare e ha presentato una petizione al presidente per cacciare Onik Gasparyan, capo di stato maggiore delle forze armate armene. L'opposizione ha iniziato a chiedere le dimissioni di Pashinyan dopo che il premier ha firmato la dichiarazione di cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh nel novembre 2020, in base alla quale diverse regioni dell'area sono state trasferite all'Azerbaigian. L’accordo è avvenuto grazie alla mediazione della Russia lo scorso novembre, dopo sei settimane di guerra in cui hanno perso la vita migliaia di persone. I cittadini armeni armeni, però, hanno contestato l’accordo e la cessione di alcuni territori all'Azerbaigian. Il primo ministro Pashinyan ha inoltre voluto il licenziamento del vice capo di stato maggiore, Tiran Khachatryan, imputandogli l’inefficienza dimostrata dai missil Iskander di fabbricazione russa utilizzati nella guerra. I militari hanno reagito duramente al licenziamento con un comunicato in cui hanno scritto che la decisione «è stata presa senza tenere conto degli interessi nazionali e statali dell'Armenia ma solo sulla base di sentimenti e ambizioni personali».
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