- Le sempre maggiori tensioni tra Stati Uniti e Cina saranno il principale argomento sul tavolo del summit della difesa asiatica, che si è aperto ieri a Singapore. I punti di distensione, invece, sono pochi anche se Washington e Pechino hanno avuto cura di mantenere aperte alcune importanti linee di comunicazione.
- Alcuni leader aziendali statunitensi, tra cui Elon Musk di Tesla e Jamie Dimon di JPMorgan Chase Bank, e il direttore della Cia, Bill Burns si sono recati in Cina per mantenere i collegamenti e rinsaldare i rapporti.
- Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha avvertito ieri allo Shanghri-La Dialogue di Singapore, che Pechino la deve smettere con i “voli rischiosi” e che gli incidenti potrebbero "sfuggire al controllo". In questo quadro gli Stati Uniti punterebbero al contenimento della Cina (in una riedizione aggiornata del “lungo telegramma” spedito nel 1946 dall’ambasciata americana da Mosca da George Kennan) e a rafforzare la deterrenza.
Le sempre maggiori tensioni tra Stati Uniti e Cina sono il principale argomento sul tavolo del summit della difesa asiatica, che si è aperto ieri a Singapore. I punti di distensione, invece, sono pochi anche se Washington e Pechino hanno avuto cura di mantenere aperte alcune importanti linee di comunicazione.
Quali? Il mese scorso i rispettivi capi del commercio (tema sensibile per Washington che sconta un pesante deficit delle partite correnti) si sono incontrati, mentre alcuni leader aziendali statunitensi – tra cui Elon Musk di Tesla e Jamie Dimon di JPMorgan Chase Bank, che alcuni esponenti di Wall Street vorrebbero addirittura candidato alle presidenziali del 2024 – hanno visitato la Cina per incontrare la business community locale desiderosa di uscire dalle secche del post Covid e inquieta per gli ultimi dati sulla produzione in frenata.
Per la verità non sono mancati anche importanti incontri di alti funzionari politici. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha avvertito ieri allo Shanghri-La Dialogue di Singapore, che Pechino la deve smettere con i «voli rischiosi» e che gli incidenti potrebbero «sfuggire al controllo» e ha ribadito gli appelli a Pechino per riprendere i colloqui sulla sicurezza con Washington. Gli Stati Uniti sono «impegnati a preservare lo status quo nello Stretto di Taiwan».
Il capo del Pentagono ha ribadito che l’amministrazione Biden è «impegnata» nella politica della «Unica Cina», ma ha indicato l’invasione russa dell’Ucraina (dove non ci sono segnali di convergenza tra Washington e Pechino) come un esempio di «quanto diventerebbe pericoloso il mondo se i grandi paesi potessero invadere i loro vicini pacifici impunemente».
Il monito del Pentagono
Certo il rapporto tra Stati Uniti e Cina è ai minimi degli ultimi decenni per le profonde divisioni che vanno dalla sovranità di Taiwan (che Pechino considera una provincia ribelle governata da controrivoluzionari da riunificare anche con la forza) allo spionaggio militare e industriale e alle dispute territoriali nel mare cinese.
Ma il capo del Pentagono teme soprattutto un calo di interesse (o il tentativo di usare i colloqui come merce di scambio per ottenere ulteriori concessioni) da parte cinese per la gestione delle possibili crisi tra i due eserciti. Ma la Cina sta davvero pensando a un’invasione di Taiwan, che produce il 63 per cento dei semiconduttori del mondo? Austin, cauto, ha detto che il conflitto non pare imminente e che il presidente cinese Xi Jinping non sembra avere fretta, come disse Mao Zedong direttamente al presidente americano Richard Nixon nel 1972 nel corso della prima visita americana in Cina con il segretario di Stato, Henry Kissinger. In questo quadro gli Stati Uniti punterebbero al contenimento della Cina (in una riedizione aggiornata del “lungo telegramma” spedito nel 1946 dall’ambasciata americana da Mosca da George Kennan) e a rafforzare la deterrenza in vista anche di una data di una possibile invasione, collocata al 2027, anno del centenario della fondazione dell’esercito di liberazione cinese.
Ma c’è di più. Il direttore della Cia, Bill Burns, secondo il Financial Times, si è recato in gran segreto a Pechino il mese scorso, un segnale inequivocabile di come l’amministrazione Biden fosse in allarme per il deterioramento delle relazioni tra Pechino e Washington. Burns è un messaggero importante che ha portato a termine missioni simili, come quando, nel novembre 2021, volò a Mosca per avvisare, senza successo, i russi di non invadere l'Ucraina.
Burns probabilmente ha cercato di mantenere aperte le linee di comunicazione nei canali di intelligence che in caso di crisi possono evitare il precipitare degli eventi. Molti ricorderanno che, come ha riportato Bob Woodward nel suo libro Perils, il militare americano più alto in grado, Mark Milley, due giorni dopo assalto a Capitol Hill, chiamò il suo omologo cinese, Li Zuocheng, per rassicurarlo sulla situazione a Washington.
Comunque il viaggio di Burns è avvenuto in parallelo con le mosse del Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, che ha incontrato a Vienna, Wang Yi, il principale dirigente della politica estera cinese che era in tour in Europa per sondare le possibilità di trattative in Ucraina. Tutto questo mentre il presidente Joe Biden dava il via libera alla vendita di sommergibili atomici a Canberra e rafforzava i legami con gli alleati in Asia, tra cui Australia, Giappone, India, Filippine e Taiwan. Una manovra concentrica per il nuovo “contenimento” cinese.
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