«Non è il caso di festeggiare saltando sui balconi in mutande», pare abbia detto ieri Oleg Kryuchkov a nome delle forze di occupazione russe in Crimea. Ce l’aveva con chi ha filmato e diffuso le immagini di una fragorosa esplosione nel porto di Feodosia.

Il perché di tanto astio, e della promessa di pene severe, va trovato negli autori di quell’esplosione, occorsa nella notte tra lunedì e ieri: a colpire quel punto strategico di costa sul Mar Nero è stata l’Ucraina, che ha rivendicato il colpo, vantando di aver «distrutto» una grande nave russa ancorata nel porto.

La "Novocherkassk" è un pachiderma costruito negli anni Ottanta nei cantieri di Danzica; con oltre centodieci metri di lunghezza, è importante soprattutto per ciò che trasporta: per gli ucraini, la ragione di un’esplosione così potente sta nella presenza al suo interno di droni iraniani. Proprio i droni Shahed avevano preso di mira lunedì notte – da quel che riferiscono le forze armate ucraine – Kherson e Odessa, finendo intercettati da Kiev.

Per l’Ucraina, vantare di aver distrutto la nave da sbarco Novocherkassk significa anzitutto risollevare il morale della popolazione, dopo che la tanto attesa controffensiva si è rivelata fallimentare. A Natale il presidente ucraino aveva rilanciato: «Possa questo periodo luminoso rendere più luminoso per noi il prossimo anno». Di luminoso c’è stato il deflagrare dell’esplosione a Feodosia.

Scontro di narrazioni

Dal Cremlino è arrivata la conferma dell’esplosione, anche se toni e circostanze assumono sfumature diverse. «Danneggiata» invece che «distrutta» è la parola che la Russia usa, a differenza dell’Ucraina, per parlare della Novocherkassk. Il ministero della Difesa moscovita ha riferito appunto di una nave «danneggiata» durante il respingimento di un attacco delle forze armate ucraine con missili guidati da aerei. A detta del portavoce del Cremlino, Vladimir Putin è stato informato dal ministro della Difesa circa i «danni» subiti dalla nave.

La Crimea è cruciale per svariate ragioni, sia politiche che di strategia militare. Mentre la comunità internazionale continua a denunciare l’occupazione e annessione illegale della Crimea da parte della Russia, il fatto che il Cremlino si sia impiantato qui dal 2014 rende questo lembo di terra un avamposto logistico cruciale per l’attacco all’Ucraina; ed è per la comunità occidentale anche un promemoria tangibile dei segnali avuti quasi un decennio fa, su ciò che poi sarebbe avvenuto. Non a caso Zelensky andava dicendo nell’estate 2022 che «la guerra in Ucraina è iniziata con la Crimea e deve concludersi con la sua liberazione».

Non stupisce che il bollettino di Sergej Aksёnov, posto dal Cremlino a capo della Crimea dal 2014, non sia entrato nei dettagli sulla nave e sul carico; dopo aver riportato di «una persona uccisa, due rimaste ferite, sei edifici danneggiati», si è affrettato a rassicurare sul fatto che «il fuoco nemico» fosse stato localizzato e ormai spento. Intanto la tv di stato russa trasmetteva le immagini di Marinka, nella parte orientale dell’Ucraina, riferendo che la città sarebbe stata conquistata. «Gli scontri sono in corso» secondo Kiev.

Le sfide del 2024

«La flotta in Russia si sta rimpicciolendo!», ha esultato il comandante dell’aeronautica ucraino Mykola Oleshchuk. Gli annunci servono a lenire il peso di fallimenti e difficoltà. Ormai anche le testate americane più autorevoli, come il Washington Post, hanno sancito con le loro ricostruzioni che «la controffensiva ucraina, nata nell'ottimismo, non è riuscita a sferrare il colpo atteso, e oltre a generare attriti e ripensamenti tra Washington e Kiev, ha sollevato interrogativi più profondi sulla capacità dell'Ucraina di riconquistare quantità decisive di territorio».

Questo martedì in una inedita conferenza stampa il comandante dell’esercito ucraino Valeriy Zaluzhnyi – che lo scorso mese aveva riferito una situazione di stallo militare, entrando in tensione con Zelensky – ha lamentato la sua insoddisfazione riguardo al funzionamento degli uffici di leva; intanto per garantire mezzo milione di soldati in più, a Natale il parlamento ucraino ha lavorato all’abbassamento dell’età di reclutamento da 27 a 25 anni.

Lo scalpo della nave «distrutta» comporta per Kiev un sollievo a breve termine. Nel medio periodo, sarà determinante la capacità dell’amministrazione americana, oltre che dell’Ue, di garantire supporto; il tema non è solo militare o finanziario, ma politico. A Washington sono i repubblicani a prendere in ostaggio gli aiuti a Kiev, mentre a Bruxelles è il premier ungherese, che al Consiglio europeo di metà dicembre ha fatto saltare l’approvazione del quadro finanziario. Non è un caso che Viktor Orbán pochi giorni prima avesse parlato, a Washington coi repubblicani, del tema degli aiuti a Kiev.

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