Il premier Netanyahu sfida Blinken e dice che attaccherà Rafah anche senza gli Stati Uniti. Russia e Cina hanno bloccato con il veto in Consiglio di Sicurezza Onu la risoluzione elaborata dagli Usa sulla tregua a Gaza che «determina l’imperativo di un cessate il fuoco immediato e prolungato per proteggere i civili di tutte le parti, consentire la consegna di assistenza umanitaria essenziale e alleviare la sofferenza umanitaria»
Dopo essere stato in Arabia Saudita ed Egitto, il segretario di Stato americano Antony Blinken, visibilmente irritato e stanco, è giunto in Israele per ripartire dall’aeroporto Ben Gurion alla volta di Washington dopo aver tentato di convincere Bibi Netanyahu a non entrare a Rafah e proseguire le trattative per una tregua che serve a liberare gli ostaggi israeliani e a far entrare massicci aiuti umanitari nella Striscia.
Il risultato è stato uno scontro a muso duro con il premier Netanyahu. Nell’incontro (il sesto dal 7 marzo) con il gabinetto di guerra israeliano, il segretario di Stato ha lanciato un serio avvertimento ad Israele, secondo quanto riferisce il sito Axios.
Blinken ha detto: «Dovete preparare un piano chiaro (per il dopo Hamas, ndr) o resterete impantanati a Gaza». La prosecuzione della guerra senza un obiettivo preciso per il giorno dopo, ha aggiunto l’inviato di Biden, metterebbe in pericolo la sicurezza di Israele ed il suo status internazionale.
Netnayahu sprezzante non ha sentito ragioni: «Ho detto» a Blinken che «non c’è modo di sconfiggere Hamas senza andare a Rafah ed eliminare il resto dei battaglioni. E gli ho detto che spero che lo faremo con il sostegno degli Stati Uniti, ma se sarà necessario lo faremo da soli».
«Gli ho detto che apprezzo davvero il fatto che da più di 5 mesi combattiamo insieme contro Hamas e che riconosciamo la necessità di evacuare la popolazione civile dalle zone di guerra e di occuparci anche dei bisogni umanitari e stiamo lavorando a tal fine».
Ma i fatti sono che Tel Aviv ha deciso di giocare la partita sfidando il presidente americano. Secondo il New York Trimes il presidente Biden avrebbe cercato di persuadere Israele dietro le quinte, ma i critici dicono che ora è giunto il momento di adottare un approccio diverso.
In passato altri presidenti americani hanno fermato Israele: Ronald Reagan con una breve telefonata nel 1982 in Libano fece ritirare l’Idf, George Bush nel 1992 in Cisgiordania. Ora è la volta di Biden che potrebbe minacciare la sospensione degli aiuti militari e in 5 minuti tutto sarebbe finito.
Il veto di Russia e Cina
In questo quadro di isolamento di Tel Aviv l’Unicef, l’organizzazione per l’infanzia dell’Onu, ha detto che il cessate il fuoco è «l’ultima speranza» per gli abitanti di Gaza. Eppure Russia e Cina hanno bloccato con il veto in Consiglio di Sicurezza Onu la risoluzione elaborata dagli Usa sulla tregua a Gaza che «determina l’imperativo di un cessate il fuoco immediato e prolungato per proteggere i civili di tutte le parti, consentire la consegna di assistenza umanitaria essenziale e alleviare la sofferenza umanitaria».
Il testo ha ottenuto 11 voti a favore, 3 voti contrari (l’Algeria oltre al veto di Russia e Cina), e un astenuto, la Guyana. Tutto da rifare mentre la carestia, le malattie e il caos nella distribuzione dei pochi aiuti che passano tra le maglie rigide dei controlli di Israele sta espandendosi nella Striscia dove il ministero della Sanità conta 32.075 morti.
«Ci sono due ragioni ciniche dietro questo veto: primo Russia e Cina non vogliono condannare Hamas per gli attacchi del 7 ottobre. Inoltre semplicemente non vogliono vedere adottato un testo elaborato dagli Stati Uniti», ha spiegato l’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield.
«Sappiamo che dietro tutta la retorica, Russia e Cina non fanno nulla di diplomatico per una pace duratura o per contribuire sinceramente agli sforzi umanitari», ha concluso la diplomatica.
Riconoscere la Palestina
La posizione sempre più estrema di Netanyahu sta provocando molte reazioni anche in seno alla Ue. In una riunione tutta focalizzata sulla crisi in Medio Oriente a margine del Consiglio Ue, i primi ministri di Spagna, Irlanda, Malta e Slovenia si sono detti «pronti a riconoscere lo Stato palestinese» e lo faranno «quando ciò porterà un contributo positivo» alla situazione. Un altro passo verso l’isolamento internazionale del governo di Tel Aviv.
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