Le manifestazioni contro il regime nel corso della 76esima Giornata delle forze armate del Myanmar, secondo i media locali sarebbero costate la vita a oltre cento persone, tra cui un bambino di 5 anni e una ragazzina di 13. La delegazione Ue: «Le uccisioni di civili disarmati, compresi bambini, sono atti indifendibili»
Scorre ancora il sangue in Birmania, oltre cento vittime, tra cui due bambini. «Siamo inorriditi dallo spargimento di sangue perpetrato dalle forze di sicurezza birmane, a dimostrazione del fatto che la Giunta sacrificherà la vita delle persone per servire i pochi» ha scritto ieri sera in un tweet il Segretario di Stato Usa Antony Blinken. «Invio le mie più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime. Il coraggioso popolo birmano rifiuta il regno del terrore militare», ha concluso.
Sabato è stato il giorno in cui la repressione delle proteste ha fatto registrare più morti dal golpe del primo febbraio, in cui l'esercito ha destituito il governo democraticamente eletto e guidato da Aung San Suu Kyi (che è agli arresti da allora). E i media raccontano anche dell’uccisione di un bambino di 5 anni e una ragazzina di 13. «Questa 76esima Giornata delle forze armate del Myanmar resterà scolpita come giornata di terrore e disonore» - è la condanna della delegazione dell'Unione europea in Birmania - «Le uccisioni di civili disarmati, compresi bambini, sono atti indifendibili».
Lo spargimento di sangue è giunto nella giornata annuale che celebra l'esercito della Birmania. In vista delle proteste, il venerdì sera la tv di Stato Mrtv aveva lanciato una minaccia ai giovani, in prima linea nelle contestazioni, avvertendoli del rischio di ricevere spari alla testa o alla schiena, come già avvenuto a molti uccisi durante le manifestazioni. Il capo della giunta militare, il generale Min Aung Hlaing, parlando alla parata nella capitale Naypyitaw non ha fatto riferimento diretto al movimento di protesta ma ha parlato di «terrorismo che può essere dannoso per la tranquillità dello Stato e la sicurezza sociale».
La repressione
Sul bilancio di oltre 100 morti sono concordi diverse fonti (finora il bilancio peggiore risaliva al 14 marzo, quando erano stati registrati 74 morti). Il sito d'informazione Myanmar Now riferisce di 114 morti. E parla di 107 morti in oltre 24 città un ricercatore indipendente a Yangon, che mantiene l'anonimato per la sua sicurezza: effettua un conteggio delle vittime della repressione delle proteste in tempo reale e il suo conteggio in genere coincide con quelli diffusi a fine giornata dall'Associazione di assistenza per i prigionieri politici, che documenta morti e arresti e viene considerata la fonte più autorevole. Fino a venerdì l'Associazione per i prigionieri politici aveva verificato un bilancio complessivo di 328 persone uccise dal golpe in poi.
Negli ultimi giorni la giunta militare ha ritratto i manifestanti come i responsabili di violenze con l'uso di Molotov; le forze di sicurezza, però, da settimane usano proiettili veri contro manifestanti disarmati e pacifici.
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