Il segretario di stato Usa Antony Blinken è arrivato al Cairo per un incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. Il colloquio, oltre a trattare della necessità di aumentare gli aiuti umanitari a Gaza e di garantire il rilascio degli ostaggi, potrebbe riguardare nello specifico la situazione della città di Rafah, al confine con l’Egitto, che oggi ospita oltre un milione di palestinesi scappati dai bombardamenti israeliani nel nord, e che le Nazioni Unite hanno definito una «pentola a pressione della disperazione».

Il tour in Medio Oriente

La prima tappa della quinta visita nella regione dal 7 ottobre del segretario americano è stata Riyadh, in Arabia Saudita, per discutere con il principe ereditario Mohammed bin Salman degli sforzi per incrementare gli aiuti umanitari a Gaza e del coordinamento regionale per assicurare una fine duratura alla crisi nella Striscia. Lo riferisce il portavoce Matthew Miller.

Dopo l’Egitto, Blinken si recherà anche in Qatar, in Israele e in Cisgiordania, per trovare un accordo che assicuri il rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas e una tregua umanitaria che consenta l’assistenza umanitaria ai civili a Gaza, oltre a lavorare con i partner per creare una «regione integrata e pacifica che garantisca sicurezza duratura agli israeliani e ai palestinesi». «Continuerà a lavorare per evitare l’allargamento del conflitto», si legge nel comunicato stampa, adottando azioni perché gli Stati Uniti «difendano il proprio personale e il diritto alla libertà di navigazione nel mar Rosso».  

Lo spostamento verso Doha è previsto per oggi, martedì 6 febbraio: qui Blinken incontrerà l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, e il primo ministro e ministro degli Esteri, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al-Thani.

Il rapporto israeliano

Il New York Times riporta una valutazione interna svolta dall’Idf, secondo la quale almeno 32 dei 136 restanti ostaggi israeliani catturati da Hamas il 7 ottobre sarebbero morti dall’inizio della guerra.

La testimonianza di quattro ufficiali militari, rilasciata in forma anonima, attesta che le famiglie dei 32 ostaggi, la cui morte è confermata, sono state informate e che si sta procedendo con la valutazione di informazioni non confermate secondo le quali almeno altri 20 ostaggi potrebbero essere stati uccisi.

Milei in Israele

Il presidente argentino è arrivato in Israele per una visita di stato durante la quale incontrerà il primo ministro israeliano, diversi rabbini, visiterà i principali siti ebraici di Gerusalemme e parlerà con le famiglie degli ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre.

Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha accolto Milei all’aeroporto di Tel Aviv, ringraziandolo per aver confermato la sua intenzione di trasferire l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. L’annuncio è stato accolto con favore anche dal primo ministro Benyamin Netanyahu, il quale ha assicurato che durante l’incontro di domani «discuterà dell'ulteriore rafforzamento delle relazioni fra i due Paesi».

Nel mar rosso

L’esercito statunitense ha confermato di aver colpito delle imbarcazioni houthi: si tratta di Usv, Unmanned surface vehicle, veicoli di superficie navale a pilotaggio remoto, controllate dai ribelli yemeniti. Secondo l’agenzia Reuters, si tratta di droni carichi di esplosivo. 

Il Commando centrale Usa, in un tweet, ha definito i veicoli come «una minaccia imminente alle navi della marina statunitense e ai mercantili nella regione». Questi attacchi, continua il Commando, «proteggeranno la libertà di navigazione e renderanno le acque internazionali più sicure». 

Una nave britannica è stata attaccata nelle acque del mar Rosso, nei pressi di Hodeida nello Yemen, riportando lievi danni alle finestre. La società di sicurezza privata Ambrey ha segnalato anche che una nave di proprietà greca è stata presa di mira mentre attraversava il corridoio di transito di sicurezza marittima a sud-ovest di Aden. Sia la nave che l’equipaggio sembrano non aver riportato danni.

Al comitato ristretto per gli affari esteri del Regno Unito, tre esperti si sono espressi circa gli attacchi britannico-americani contro le posizioni Houthi nello Yemen, definendoli «controproducenti». I tre accademici hanno sottolineato come la risposta occidentale abbia permesso agli Houthi di aumentare la propria popolarità, dichiarando che non sarà questa a dissuadere il gruppo da commettere ulteriori attacchi, progettati con l’obiettivo di mostrare solidarietà ai palestinesi a Gaza. Helen Lackner, ricercatrice e accademica francese, ha espressamente detto «interrompete la guerra a Gaza e gli Houthi si fermeranno».

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