Almeno 600 morti fra gli israeliani e 370 fra i palestinesi nelle operazioni a Gaza. Il governo Netanyahu ha dichiarato ufficialmente lo stato di guerra e una colonna di carri armati israeliani procede verso sud. La questione degli ostaggi complica le decisioni militari, e ci sono ancora cellule dormienti sul suolo israeliano, pronte a entrare in azione
A metà tra l’11 settembre e Pearl Harbor, l’attacco a sorpresa di Hamas ha scioccato Israele. Il bilancio, in costante e tragico aggiornamento, è pesantissimo: 600 i morti israeliani, 2mila feriti e 750 dispersi, forse ostaggi a Gaza tra cui molti giovani che partecipano a una Rave party nel deserto.
Sul fronte palestinese i morti sarebbero 313 e i feriti 1.990. Intanto si contano circa 500 attacchi dell'esercito di Israele su Gaza, dove sarebbero stati uccisi 400 miliziani. La domanda ora che si pongono gli osservatori è: cosa farà e fino a che punto si spingerà Israele nella sua reazione?
Per ora l'ufficio del premier Benjamin Netanyahu ha votato la messa in stato di guerra del paese. Inoltre il premier ha proposto al capo del partito di Unità nazionale, Benny Gantz, e al leader dell'opposizione, Yair Lapid, di entrare in un «ampio governo di emergenza» per affrontare la crisi.
La scelta ridurrebbe il peso delle forze dei religiosi ortodossi che potrebbero aver spostato l’attenzione dell’esercito sulla protezione delle nuove colonie nella Cisgiordania sguarnendo il fronte meridionale verso Gaza. Un errore pagato a caro prezzo.
Secondo il Wall Street Journal, Israele avrebbe già avanzato una richiesta all'Egitto di mediare con Hamas per cercare di ottenere il rilascio dei suoi soldati presi in ostaggio dai miliziani durante l'Operazione Tempesta.
Al Jazeera ha riportato fonti di Hamas secondo cui il numero di prigionieri israeliani è «sufficiente a far rilasciare tutti i prigionieri palestinesi e svuotare le prigioni dell'occupazione dai miliziani».
Israele non sta «conducendo alcun negoziato con Hamas tramite l'Egitto», ha riportato il sito del Times of Israel smentendo le notizie circolate in questo senso. Altre fonti ufficiali hanno detto al sito che «per ora stiamo combattendo i terroristi che sono sul suolo israeliano. Non siamo coinvolti fino ad ora in alcun negoziato sugli ostaggi».
Il governo ha ufficialmente confermato in almeno 100 il numero degli ostaggi a Gaza, anche se alcuni media parlano di 170.
Intanto una lunga fila di carri armati israeliani diretti verso sud, al confine con Gaza, è stata ripresa in un video. L'inizio dell'invasione di terra è solo questione di tempo, è il commento più frequente, ma nessuno si spinge a ipotizzare di quale intensità e fino a dove si spingerà Israele.
Le cellule dormienti
In Israele sarebbero ancora presenti "due cellule dormienti" di Hamas pronte ad entrare in azione se i militari israeliani entreranno nella striscia di Gaza per un'operazione di terra.
È quanto si legge in un report dell’intelligence, dal quale emerge anche che l'invasione di alcune zone della Striscia da parte di Tel Aviv è uno scenario che viene dato per scontato. Quanto in profondità andrà invece l'operazione, sottolineano ancora le fonti, dipenderà dalle decisioni strategiche che il governo israeliano prenderà.
L'ala militare di Hamas, le Brigate al Qassam, hanno fatto sapere che gli ostaggi israeliani sono tenuti nei tunnel dell'organizzazione nella Striscia e in «case sicure». La vicenda degli ostaggi ovviamente sta rallentando le operazioni di reazione degli israeliani.
«I nostri combattenti stanno ancora attaccando obiettivi nei nostri Territori occupati, siamo riusciti a sostituire i combattenti sul campo di battaglia con nuovi combattenti e siamo riusciti a fornire rifornimenti a coloro che stanno ancora combattendo», ha detto, citato da fonti locali, il portavoce delle Brigate al Qassam, ala militare di Hamas, Abu Obaida.
«Chiediamo a tutto il nostro popolo - ha aggiunto - di prendere parte a questa importante battaglia».
La reazione americana
Molto significativa la posizione degli Usa che in questo caso hanno una posizione bipartisan di repubblicani e democratici schierati a fianco di Israele.
L'attacco a Israele «è un attacco terroristico compiuto da un'organizzazione terroristica», ha affermato il segretario di Stato Usa Antony Blinken alla Cnn.
«Gli Stati Uniti non hanno le prove che l'Iran sia dietro l'attacco che Hamas ha condotto contro Israele», ha proseguito Blinken nel corso dell’intervista, riconoscendo che esistono legami di lunga data tra Teheran e il gruppo militante che governa la Striscia di Gaza.
Gli Stati Uniti forniranno "probabilmente" già oggi i dettagli di nuovi aiuti militari a Israele, che da sabato sta affrontando attacchi su scala senza precedenti da parte della palestinese Hamas, ha dichiarato il capo della diplomazia statunitense.
Coinvolgimento iraniano
La prudenza di Blinken sul coinvolgimento iraniano a Gaza prende le mosse dal fatto che se non c’è dubbio che l’Iran dia forte sostegno morale ad Hamas, e abbia rapporti fitti con la leadership in esilio, prima a Damasco e adesso a Doha, resta da dimostrare come Teheran possa rifornire di armi Hamas, che è sottoposta a un rigido embargo totale via terra, aria e mare su Gaza.
Risulta molto difficile che l’Iran riesca a far passare armi tramite i valichi israeliani o da quelli egiziani visti i pessimi rapporti tra i due stati da 40 anni. Insomma niente pistola fumante sul coinvolgimento iraniano.
Diverso il caso del Libano dove l’Iran non ha problemi nel rifornire Hezbollah. Diverso ancora invece il discorso dell’addestramento, dell’apporto strategico di Hamas da parte di Teheran. Li si può ipotizzare uno scenario in cui Hamas viene addestrata da istruttori che in qualche modo fanno riferimento all’Iran, anche se, anche in questo caso, sono solo ipotesi, tutte da dimostrare.
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