Il presidente della Bolivia, Luis Arce, ha ringraziato il popolo boliviano e le organizzazioni sociali per essere scese in piazza, esprimendo il proprio rifiuto al tentativo di colpo di stato, «che non fa altro che danneggiare l’immagine della democrazia boliviana a livello internazionale e generare inutili incertezze in un momento in cui i boliviani devono lavorare per far progredire il Paese». Lo ha scritto su X, dopo aver denunciato «movimenti non autorizzati di truppe dell’esercito boliviano» e invitato al rispetto della democrazia. La gente si è poi riappropriata della piazza e cantato l’inno nazionale. 

Nel tentativo di golpe sono rimaste ferite almeno 12 persone, ha dichiarato la ministra della Presidenza, Maria Nela Prada. Alcuni di loro, ha fatto sapere, sono stati sottoposti a operazioni chirurgiche: «Non permetteremo, né come governo, né come popolo boliviano, alcun colpo di Stato. In Bolivia proteggiamo la democrazia e tutti i boliviani'», ha dichiarato.

Mercoledì nella capitale del Paese, La Paz, un mezzo blindato dell’esercito boliviano ha fatto irruzione nel Palacio Quemado, il palazzo del governo, davanti al quale si sono posizionati circa un centinaio di soldati, armati e scortati da alcuni blindati. Le truppe hanno poi temporaneamente occupato il palazzo dove si trovava riunito il presidente Arce con l’intero gabinetto di governo. 

Le immagini dell’emittente TeleSur hanno mostrato il capo dell’esercito, poi deposto da Arce, Juan José Zuñiga entrare nel portone di Palacio Quemado, accompagnato da soldati armati con il volto coperto.

Un colpo di stato «in corso di svolgimento», ha scritto l’ex presidente boliviano Evo Morales su X, denunciando il movimento dei militari in Plaza Murillo e lanciando l’appello ai movimenti sociali «in campagna e in città» perché difendessero la democrazia. Morales fa parte del partito di Arce, Movimento per il socialismo (Mas). Ma i due sono arrivati a uno scontro per la leadership del partito.

L’assalto al palazzo

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Alla guida dell’assalto al palazzo il comandante generale Zuñiga, poi arrestato, che ha dichiarato che presto sarebbe stato nominato un nuovo governo perché «il Paese non può andare avanti così», minacciando anche l’ex presidente Morales. In un video trasmesso dalla tv boliviana, il presidente Arce ha affrontato Zúñiga nel corridoio del palazzo. «Sono il tuo capitano e ti ordino di ritirare i tuoi soldati e non permetterò questa insubordinazione», ha detto il presidente in carica. 

Zuñiga ha poi dichiarato che le forze militari hanno iniziato a liberare detenuti politici, sostenendo che sarebbe stata «ristabilita la democrazia». Tra questi, il comandante generale ha detto che avrebbe liberato l’ex presidente ad interim Jeanine Anez: «Libereremo Anez, il governatore di Santa Cruz, Luis Fernando Camacho, i militari detenuti». La stessa Anez però ha ripudiato il tentativo di golpe dei militari che hanno cercato di «distruggere l’ordine costituzionale», rivolgendosi ai cittadini boliviani e dicendo loro di cacciare Arce e Morales attraverso il voto del 2025. 

Diversi membri del governo hanno denunciato il tentativo golpe. La ministra degli Esteri, Celinda Sosa, ha denunciato alla comunità internazionale le mobilitazioni «irregolari» di truppe del l’esercito che «attentano alla democrazia, alla pace e alla sicurezza del paese». Ha poi lanciato un appello alla comunità internazionale e alla popolazione boliviana a far rispettare i valori democratici e a sostenere il governo di Arce, «costituzionale e legittimo eletto dalla volontà sovrana del popolo boliviano», ha detto Sosa in un video su X.

A poche ora dal tentativo, il presidente Arce ha nominato nuovi vertici delle forze armate, destituendo Zuñiga. Il generale Jose Wilson Sanchez Velasquez, nuovo comandante dell’esercito, ha ordinato a tutti i militari che si trovano nelle strade del Paese a fare immediato ritorno nelle caserme. Dopo il giuramento il generale, in una breve dichiarazione, ha chiesto a Zuñiga di desistere dal tentativo di golpe ed «evitare lo spargimento di sangue» dei soldati.

Condanne

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Il governo di Arce ha ricevuto solidarietà da molti paesi della comunità internazionale, che hanno condannato fermamente il golpe. Tra i primi il presidente del Paraguay, Santiago Pena, che ha condannato «le mobilitazioni irregolari dell’esercito boliviano denunciate dal presidente Luis Arce. «Facciamo un forte appello al rispetto della democrazia e dello stato di diritto», ha scritto su X. 

Appoggio e solidarietà al governo e al popolo boliviano solo arrivate dal presidente spagnolo Pedro Sanchez, che ha chiesto il rispetto della democrazia e dello stato di diritto. Anche Brasile, Argentina, Messico, Cuba, Perù, Ecuador, Honduras, Cile, Colombia, Uruguay e Venezuela, oltre all’Unione europea, hanno condannato fermamente il tentativo di colpo di stato. 

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