«Siamo sedute su questa stuoia da che era buio e nessuno ancora ci ha detto cosa dobbiamo fare». Hadika e sua madre sono scappate nel cuore della notte dal quartiere di Hadath, nella zona sud di Beirut, dove ieri notte Israele ha bombardato massicciamente. «Siamo scappate giusto un attimo prima di essere incenerite, è stato un attacco violento e sappiamo che gran parte delle zone intorno casa nostra sono state distrutte».

Alla luce del giorno, quando ci sono già 30 gradi, l’adrenalina cala per lasciar posto all’ansia di capire cosa ne sarà di loro. Hadika e sua madre si sono accampate sul lungomare di Ramlet al Baida, a pochi passi dalla spiaggia. Ma sono lì solo perché i vicini che hanno dato loro un passaggio le hanno mollate. E a piedi non riescono ad andare troppo lontano. Con calma, Hadika e sua madre tenteranno di arrivare nel centro di Beirut, magari prendendo uno dei taxi abusivi che in queste ore cercano di fare affari d’oro.

gli sfollati

La maggior parte degli sfollati del sud, arrivati dopo i pesanti raid di ieri notte, sono accampati in Place des Martyrs, proprio nel centro della capitale libanese.

Accovacciati su dei lenzuoli ci sono anche Hassan e la sua famiglia. Sono scappati dal quartiere di Lailak, uno di quelli presi di mira dall’Idf. «Abbiamo lasciato casa dopo i primi bombardamenti. All’inizio non volevano andarcene», ci racconta Hassan, che fa il dentista. «Abitiamo in quell’area perché è lì che ci siamo potuti permettere di comprare, non perché siamo filo Hezbollah. È un tremendo errore pensare che tutta l’area sud sia covo dei miliziani. Noi non c’entriamo nulla».

Ora, lui, sua moglie e le due bambine di 8 e 10 anni aspettano i volontari che stanno portando agli sfollati da mangiare e da bere. Nel centro di Beirut c’è un gran caos. La capitale, già normalmente affollata e piena di traffico, è diventata un labirinto di auto, carrettini e bagagli ammassati. L’aria, poi, è più irrespirabile del solito, perché alla puzza di benzina dei generatori di elettricità si aggiungono i fumi del mare di auto in fila sulle principali arterie stradali. Di sera, senza corrente elettrica e nel buio più totale solo i fari creano un leggero bagliore, ad attenuare quel senso di paura e sgomento che striscia sul selciato.

Un altro punto di aggregazione improvvisata degli sfollati è piazza Naimeh, non lontano da Place des Martyrs. «Le ragazze sono nate nel 2007 e 2008», racconta Laila, «Non hanno mai conosciuto la guerra e il bombardamento delle ultime ore le ha traumatizzate. Io mi ricordo bene quel conflitto e ho deciso che non voglio tornare più in quella zona».

Laila e le sue figlie sono scappate dal quartiere di Burj al Barajneh e non hanno nessuno da cui andare. «I nostri parenti sono andati in Francia anni fa e noi cercheremo di fuggire via quanto prima». Tra le centinaia di persone sedute sugli zaini o appoggiate ai muri si aggirano i volontari delle associazioni di Beirut che distribuiscono biscotti, bottigliette d’acqua e barrette con le noccioline.

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I rifornimenti

I rifornimenti per ora ci sono, perché già normalmente le onlus aiutano le famiglie indigenti della capitale. La città si è impoverita molto negli ultimi anni, gli stipendi sono scesi a poche centinaia di euro e la vita è diventata difficile anche per quella che era la media borghesia. E la guerra non aiuta.

Anche le notizie sulla presunta morte di Nasrallah non fanno molto presa sugli sfollati. «Il sentimento principale di queste ore è la rabbia nei confronti del governo – ci racconta Nadia Yessin, una giornalista di Beirut – I cittadini dicono che non li protegge, non li aiuta. In strada ci si aspetta molto più che qualche bicchierino di tè una volta al giorno».

Poi, certamente c’è l’odio crescente nei confronti di Israele verso cui, soprattutto tra le comunità non islamiche, non c’era stata grande attenzione nemmeno durante le prime fasi dell’assedio di Gaza. Oggi l’atteggiamento sembrerebbe cambiato, anche perché tra gli sfollati di queste ore ci sono anche famiglie cristiane. Secondo gli ultimi dati, già 100mila persone sono scappate dal sud del Libano e gli ultimi flussi sono arrivati proprio nella notte tra venerdì e la giornata di ieri.

Molti stanno cercando di allontanarsi anche dalla stessa Beirut, per provare ad andare nel nord del Paese, al confine con la Siria. «In realtà – ci racconta il giornalista Hani – molti hanno già varcato il confine siriano e sono accampati lì intanto che si calmino le acque. Per decidere se tornare indietro o se provare a lasciare il paese illegalmente. Ma i prezzi dei contrabbandieri sono duplicati in 24 ore. Se prima servivano 2mila dollari, oggi ne chiedono 4mila a persona».

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