Nel tardo pomeriggio dell’8 gennaio migliaia di sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto il Congresso, il palazzo presidenziale e la Corte suprema a Brasilia.

I sostenitori del presidente estremista uscente rifiutano il risultato elettorale che ha decretato la vittoria del candidato di sinistra ed ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, che ha prestato giuramento una settimana fa tra la folla.

Nell’assalto i riottosi sono riusciti a sfondare il cordone di sicurezza organizzato dalle forze dell’ordine che – in assetto antisommossa – hanno cercato di disperdere la folla con gas lacrimogeni e stordenti. Decine di manifestanti si sono riversati negli uffici presidenziali, alcuni dei quali hanno fatto una barricata per trattenere la polizia e liberare la strada per l’ingresso di altri manifestanti. All’interno dell’edificio, i sostenitori di Bolsonaro hanno cercato di costruire altre barricate con le sedie.

Online sono circolati i primi video girati dagli assalitori che ritraggono atti di vandalismo all’interno dei palazzi istituzionali. «Questo assurdo tentativo di imporre la volontà con la forza non prevarrà. Il governo del distretto federale afferma che ci saranno rinforzi. E le forze a nostra disposizione sono al lavoro. Io sono nella sede del ministero della Giustizia», ha scritto su Twitter il ministro della Giustizia brasiliano Flavio Dino. 

«Sono fermamente contrario a queste azioni antidemocratiche che dovrebbero essere punite urgentemente secondo la legge», ha detto il presidente del Senato brasiliano, Rodrigo Pacheco, che si è messo subito in contatto con il governatore di Brasilia, per dirottare l’intero corpo di polizia negli edifici istituzionali.

La sicurezza dell’area era stata affidata ad Anderson Torres, segretario alla sicurezza del distretto federale. Torres, è un convinto alleato di Jair Bolsonaro, ed era stato appena licenziato da Ibaneis Rocha, il governatore del distretto federale. Torres è stato ministro della Giustizia di Jair Bolsonaro dal marzo 2021 fino alla fine del suo mandato.

Lula e Bolsonaro

Al momento dell’assalto il presidente Lula si trovava ad Araraquara, nello stato di San Paolo. Ha condannato l’accaduto definendo i riottosi come «vandali fascisti» e ha detto: «Non è mai avvenuto nella storia di questo paese. Tutti i rivoltosi responsabili di atti terroristici contro le sedi delle istituzioni saranno identificati e puniti». Non appena iniziato l’assalto Lula ha organizzato il suo ritorno a San Paolo e ha visitato le istituzioni vandalizzate. «Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia. I saccheggi e le invasioni di edifici pubblici come quelli di oggi sono illegali», ha detto invece dagli Stati Uniti l’ex presidente Bolsonaro. «Durante tutto il mio mandato sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà», ha aggiunto.

«Oggi è un giorno triste per la nazione brasiliana. Non possiamo accettare il saccheggio del Congresso nazionale», ha dichiarato Valdemar Costa Neto, capo del Partito liberale di destra di Bolsonaro, in un comunicato. «Tutte le manifestazioni ordinate sono legittime. Il disordine non ha mai fatto parte dei principi della nostra nazione. Voglio dirvi che disapproviamo con veemenza questo tipo di atteggiamento e che lasciamo che la legge venga applicata, rafforzando la nostra democrazia», ha aggiunto.

Un assalto annunciato

Da settimane, però, analisti politici e membri delle forze di sicurezza temevano di ritrovarsi davanti alle scene delle ultime ore.

A due giorni dalla vittoria delle elezioni da parte dell’ex presidente Lula, lo scorso novembre, gruppi bolsonaristi avevano messo in scena una serie di azioni di protesta con 230 blocchi stradali e autostradali in quasi venti stati diversi del Brasile.  Ai blocchi stradali avevano partecipato migliaia di camionisti, i sostenitori più ferventi di Bolsonaro. Gli organizzatori delle proteste già all’epoca scrivevano su Telegram di dare vita a una «resistenza armata» contro l’insediamento di Lula.

Dal 6 all’8 gennaio

Le immagini provenienti dal Brasile ricordano molto quelle del 6 gennaio del 2021 quando migliaia di sostenitori dell’ex presidente Donald Trump hanno rifiutato la vittoria elettorale del democratico Joe Biden e hanno preso d’assalto il Campidoglio. Proprio come l’ex inquilino repubblicano della Casa Bianca, Bolsonaro ha sempre cercato di mettere in discussione il sistema elettorale del paese e il conteggio dei voti.

Più volte ha affermato che i funzionari elettorali contano i voti in segreto, suggerendo che avrebbero manipolato i risultati. In un’altra occasione ha detto che alcuni hacker hanno cercato di frodare il risultato delle elezioni presidenziali del 2018, ma senza riuscirci. Tutte dichiarazioni e accuse rivolte ai suoi oppositori senza alcuna prova, proprio come fatto da Trump contro Biden.

Bolsonaro si trova in Florida dal 30 dicembre dove è volato a bordo dell’aereo presidenziale dell’aviazione militare. Nel giorno dell’insediamento di Lula si è rifiutato di partecipare alla cerimonia di consegna dei poteri. «C’è un Brasile da ricostruire», aveva detto Lula il giorno della vittoria. E aveva ragione. 

 

© Riproduzione riservata