- Ci sono ragioni strategiche, politiche e comerciali che hanno trasformato l’invio di carri armati Nato in Ucraina un delicato balletto politico.
- Ai timori di escalation apertamente dichiarati dai tedeschi si sono aggiunti i dubbi americani, giustificati con ragioni tecniche non sempre convincenti.
- Le considerazioni commerciali non sono centrali in questa vicenda, ma nemmeno secondarie. Cosa accadrà se tra pochi mesi la propaganda russa mostrerà le carcasse carbonizzate dei veicoli Nato distrutti?
Dopo mesi di difficili trattative, la complicata questione dell’invio di moderni carri armati Nato all’Ucraina è stata risolta. Dopo l’annuncio americano del via libera alla spedizione di un certo numero di carri armati Abrams, la Germania ha finalmente dato il suo assenso per la spedizione dei suoi Leopard 2. Ma il labirinto di considerazioni politiche, strategiche e commerciali che hanno generato questo lungo balletto non è scomparso.
Le ragioni ufficiali
Anche se il governo tedesco ha dato più volte l’impressione di gestire la questione dei carri armati in modo goffo e improvvisato, le ragioni che ha offerto per la sua reticenza sono sempre state consistenti. Il cancelliere Olaf Scholz ha più volte detto che la Germania non voleva essere l’unico paese membro dell’alleanza a inviare carri armati, nel timore che questo potesse essere considerato dalla Russia un gesto unilaterale di escalation.
Di fronte a questa reticenza, gli Stati Uniti hanno spinto Londra a offrire i suoi carri armati Challanger 2, comparabili ai Leopard, nel tentativo di superare le resistenze tedesche. Ma per la Germania non è stato sufficiente, e all’incontro di Ramstein la scorsa settimana, Berlino ha ripetuto che attendeva un via libero americano ai suoi Abrams prima di fare altrettanto.
Perché allora gli americani hanno esitato così tanto? Anche qui, le ragioni ufficiali sono chiare, ripetute in lungo e in largo da ufficiali in servizio ed ex militari. Gli Abrams, si dice, sono veicoli estremamente complicati e difficili da mantenere in servizio. Utilizzano un carburante speciale e hanno un motore diverso da tutti gli altri carri armati, che richiede una speciale e dettagliata manutenzione. Per questo non sarebbero adatti al conflitto in Ucraina.
Ma queste ragioni non hanno convinto tutti. Sul New York Times, i giornalisti Helene Cooper ed Eric Schmitt hanno ricordato che questa «non è tutta la storia» e che, in situazioni di necessità, gli Abrams possono funzionare anche con normale diesel. In diversi hanno scritto in questi giorni che queste spiegazioni non sono del tutto convincenti. L’ex generale Ben Hodges, ad esempio, ha scritto che è piuttosto «condiscendente» dire che gli ucraini non sarebbero in grado di utilizzare al meglio gli Abrams. Molti altri hanno ricordato che anche se i Leopard 2 sono più spartani e solidi dei complicati Abrams, richiedono molta più attenzione dei carri armati russi, certamente inaffidabili, ma che tendenzialmente si possono riparare con una una saldatrice e un robusto martello.
Spionaggio e industria
I dubbi degli Stati Uniti erano probabilmente simili a quella della Germania: il timore che l’invio di carri armati potesse portare a un’escalation. È la stessa ragione che fino ad ora ha impedito l’invio in Ucraina di missili a lungo raggio in grado di colpire in profondità il territorio russo. I carri armati non sono altrettanto minacciosi, ma la possibilità che Mosca potesse considerare un invio di veicoli americani come più grave di una fornitura da un partner secondario dell’alleanza come la Germania, è una considerazione ben presente per i policymaker americani.
C’è poi il rischio che avanzate tecnologie Nato finiscano in mani russe, particolarmente probabile nel caso di carri armati, veicoli che operano sulla linea del fronte e che hanno la tendenza a guastarsi. Questo tipo di timori è quello che fino ad ora ha fermato l’invio di moderni droni di fabbricazione Usa.
Nel caso dei carri armati è probabilmente una ragione meno pressante. Gli Stati Uniti invieranno in Ucraina Abrams destinati alle esportazioni, di una generazione più vecchi di quelli attualmente utilizzati dalle forze armate americane. È probabile che di questi veicoli i russi sappiano già tutto ciò che c’è da sapere, visto che sono stati spesso utilizzati dalle milizie filo-iraniane in Iraq.
In tutti questi difficili calcoli, le ragioni commerciali delle industrie che producono i veicoli non sono probabilmente tra le prime, ma non sono nemmeno del tutto assenti. L’Ucraina è diventata un laboratorio dove sperimentare nuove armi e i successi sui campi di battaglia hanno spesso fatto la fortuna di diversi dispositivi, come i droni Baykatar prodotti dalla Turchia e ora richiesti in tutto il mondo.
Con i carri armati la questione è più complessa. L’Ucraina può diventare una vetrina per produttori, ma può rivelarsi altrettanto la loro tomba. Né gli Abrams né i Leopard 2 sono mai stati utilizzati in un ambiente difficile come l’Ucraina e c’è il rischio reale che i suoi campi di battaglia restituiscano le immagini poco edificanti di veicoli bloccati da guasti tecnici o distrutti dalle armi anticarro russe, con tutte le conseguenze commerciali che questo comporta.
Di questo c’è già un precedente. Nel 2016, quando la Turchia ha attaccato il nord della Siria, in pochi giorni ha perso ben dieci Leopard 2. Lo Stato islamico ha utilizzato per settimane le immagini dei veicoli carbonizzati per la sua propaganda, danneggiando al contempo le prospettive commerciali del Leopard.
Le conclusioni
In ogni caso, Abrams e Leopard 2 non arriveranno in tempo per partecipare alle offensive di primavera che gli ucraini stanno preparando e, anche nel medio periodo, non arriveranno in numeri tali da poter aver un effetto radicale sull’andamento del conflitto (si parla di qualche decina di modelli, quando gli Ucraini, solo dalla Russia, hanno catturato oltre 500 carri armati). L’intrico di questioni politiche è stato, per il momento, risolto. Il ginepraio militare, invece, deve ancora iniziare ad essere sbrogliato.
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