I giudici si sono presi altro tempo per decidere sull’opportunità di concedere l’immunità diplomatica ai due funzionari Pam accusati di omesse cautele nel caso del diplomatico italiano ucciso nella Repubblica Democratica del Congo
È stata rimandata al 13 febbraio prossimo la decisione ultima riguardo l’accoglienza o meno della richiesta di immunità per i funzionari del Pam (Programma Alimentare Mondiale) accusati di gravi inadempienze nell’allestimento della missione del 22 febbraio 2021 nella quale il nostro ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci, oltre all’autista congolese Mustapha Milambo, trovarono la morte nella regione del Kivu del Nord, Repubblica Democratica del Congo.
Mercoledì 24 gennaio alle ore 12 presso l’aula A del Tribunale di Roma, dopo due rinvii dovuti a motivi di salute (30 novembre e 21 dicembre 2023), si è svolta la quinta udienza preliminare del processo che vede imputati Rocco Leone e il suo sottoposto Mansour Rwagaza (la cui posizione, però, è stata stralciata perché il funzionario congolese risulta irreperibile) due funzionari del Pam, l’agenzia delle Nazioni Unite preposta alle emergenze alimentari.
I due sono accusati di una lunga serie di gravissime inadempienze che vanno sotto il titolo di omesse cautele. L’attesa noviNtà di questa udienza era la convocazione da parte del Gup Marisa Mosetti, di Stefano Zanini, Capo servizio per gli affari giuridici, del contenzioso diplomatico e dei trattati, e della consigliera Valentina Savastano, in rappresentanza del Ministero degli Esteri, in qualità di teste per chiarimenti riguardo l’ immunità invocata dall’organismo dell’Onu.
Come è noto, la procura di Roma si trova nella difficile posizione di avere iscritto i due funzionari Pam nel registro degli indagati fin dal febbraio 2022 e di averli successivamente rinviati a giudizio, ma di non riuscire a processarli. Il Pam, infatti, si appella all’immunità diplomatica di cui i funzionari Onu godono, e rifiuta di mandarli alla sbarra.
L’udienza, come detto, è stata aggiornata al 13 febbraio prossimo. Il Gup ha infatti prima ascoltato le motivazioni di Zanini e Savastano, ampiamente contestate dai legali di parti e dal pubblico ministero, e ha poi annunciato la convocazione per metà febbraio di una nuova udienza, nella quale si capirà se verrà accolta la richiesta di immunità e il processo sarà quindi archiviato o se verrà rigettata e si procederà convocando e ascoltando Rocco Leone e i suoi legali.
Le ragioni per l’immunità
I due rappresentanti della Farnesina hanno sostanzialmente rimarcato l’opportunità di riconoscere l’immunità. Ma, a quanto sembrerebbe, le motivazioni riportate non risulterebbero particolarmente esaustive né convincenti.
Zanini e Savastano hanno riferito e depositato una serie di documentazioni a sostegno ma, a quanto risulta, avrebbero avuto difficoltà a chiarire del tutto le ragioni alla base di una accoglienza delle richieste di immunità. Anziché riferirsi a passaggi molto più chiari e a normative internazionali note, i due avrebbero optato per una ricostruzione piuttosto confusa che ha fatto avanzare a più di uno l’ipotesi che i giri di parole dei due funzionari del Ministero degli Esteri facciano parte di una strategia: quella di puntare a una ricostruzione debole in modo deliberato al fine di lasciare aperto più di un dubbio nella corte che, infatti, si è presa qualche settimana per decidere.
In tutta questa vicenda, come sostiene la famiglia dell’ambasciatore, lo Stato italiano risulta il grande assente. Salvatore Attanasio, il padre, lamenta infatti non solo che il governo italiano non abbia rilasciato dichiarazioni in merito, ma soprattutto che abbia scelto di non costituirsi parte civile nel processo.
«Attendiamo serenamente le decisioni della corte – dichiara a Domani Salvatore Attanasio raggiunto al telefono appena conclusasi l’udienza – certi che non si possa che rigettare la richiesta di immunità. Solo così si aprirà uno spiraglio sulla lunga strada per la verità e giustizia».
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