- «In un solo giorno abbiamo ricevuto oltre 20mila telefonate per ricevere supporto legale», dice Maria Kuznetsova, portavoce dell’associazione per la tutela dei diritti umani Ovd Info di Mosca, da una località segreta in Georgia.
- Durante le manifestazioni contro l’invasione gli agenti hanno fermato i passanti in strada “chiedendo” l’accesso ai cellulari. Molti sono stati detenuti senza ragione, interrogati e picchiati con tecniche ai limiti della tortura.
- La tensione interna nel paese è legata a una dimensione generazionale, nella quale l’accesso all’informazione gioca un ruolo centrale. I nativi digitali risultano più indipendenti rispetto ai loro genitori, abituati ad informarsi attraverso radio, televisione e carta stampata.
«In un solo giorno abbiamo ricevuto oltre 20mila telefonate per ricevere supporto legale. In Russia le manifestazioni di protesta e il dissenso verso la guerra crescono di ora in ora. Sono convinta che sempre più persone paleseranno le proprie convinzioni. Anche perché non possono arrestarci tutti».
Maria Kuznetsova, portavoce dell’associazione per la tutela dei diritti umani Ovd Info di Mosca, parla da una località segreta in Georgia. La ventiquattrenne russa si è dovuta rifugiare nel paese ex sovietico perché la sua attività umanitaria è considerata fuori legge dal Cremlino.
Stato di polizia
«Il 6 marzo i nostri centralini sono impazziti. È stato il primo giorno di proteste significative contro quanto sta accadendo in Ucraina. Da Mosca a Leningrado, passando per Omsk, Tomsk, Novosibirsk e altre 60 tra città e località. Nonostante la censura, la contrarietà alla guerra si stia diffondendo rapidamente. E abbiamo notato che la polizia russa sta mettendo in campo tecniche inedite, che tuttavia conosciamo dalla Bielorussia. Gli agenti, ad esempio, fermano i passanti in strada “chiedendo” l’accesso ai cellulari per poter verificare cosa gli utenti abbiano guardato o quali app siano presenti. Questo non era mai successo. In molte città è stata anche segnalata la presenza di agenti delle forze di sicurezza privi di uniformi o segni di riconoscimento. Paradossalmente non possiamo sapere se siano poliziotti o male intenzionati».
Sono tante le manifestazioni di cui l’occidente ha udito solo pochi e flebili echi lontani. Questo perché lo scorso 4 marzo il Presidente Vladimir Putin ha firmato una legge che restringe significativamente la libertà di parola e il diritto all’informazione. Ad oggi è pressoché impossibile accedere alle piattaforme social, mentre molti giornalisti si sono visti revocare accrediti e la possibilità di muoversi all’interno del paese.
Le multe e gli arresti di cittadini descrivono una situazione che sembra sempre più complessa.
«La nostra organizzazione lavora molto con le testate indipendenti, tra cui Novaja Gazeta, Medusa e Dozhd. Forniamo loro assistenza legale e nelle scorse ore abbiamo dovuto registrare l’arresto di alcuni giornalisti. L’ironia amara è che ognuno di loro indossava le pettorine “press” per distinguersi dalla folla. Nonostante ciò, sono stati arrestati, derisi dalla polizia e alcuni di loro picchiati duramente».
Divisione generazionale
La tensione interna nel paese è legata a una dimensione generazionale, nella quale l’accesso all’informazione gioca un ruolo centrale. I nativi digitali risultano più indipendenti rispetto ai loro genitori, abituati ad informarsi attraverso radio, televisione e carta stampata.
Non sorprende che decine di migliaia di persone abbiano deciso di lasciare il paese. Ieri la Georgia ha dichiarato che circa 20mila cittadini russi hanno attraversato il confine per scappare dal proprio paese.
A costoro si devono aggiungere le migliaia di persone che si sono mosse verso Armenia, Turchia, Europa e paesi asiatici. Un esodo che vede la presenza soprattutto di giovani, in fuga dalla coscrizione.
«Oltre agli arresti e al pericolo della guerra c’è anche il problema delle sanzioni economiche. Pensare alla chiusura di Zara o al blocco di Netflix può far sorridere, ma sono tante le persone che hanno già perso il posto di lavoro o hanno subito un ridimensionamento professionale a causa delle sanzioni. Certo, il grosso della società lavora per aziende statali o piccole imprese, ma c’è un numero significativo di persone che a causa di questa situazione viene estromesso dal mercato del lavoro», dice Kuznetsova. Ma le sanzioni non significano solo la perdita del lavoro.
«Le ritorsioni economiche colpiscono settori vitali della società, come quello farmaceutico, della meccanica o dell’informatica. Credo che le persone più adulte non si siano ancora rese conto di come si evolverà la situazione se tutto rimarrà così, anche per questo la società è sempre più polarizzata. Fino a quando questo regime rimarrà al potere non potrò tornare in patria, così come i tanti che sono andati via per l’assenza di libertà. La mia speranza è che quanto sta accadendo ora possa portare ad un profondo cambiamento nelle nostre istituzioni».
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