- Un amico mi ha recentemente mandato una versione abbreviata del discorso del gennaio 2013 di Xi Jinping ai membri del Comitato centrale del Pcc. È piuttosto provvidenziale il fatto che l’abbia letto ora, quasi dieci anni dopo la sua pronuncia, perché getta luce sul problema molto attuale della guerra russa in Ucraina.
- Secondo Xi Jinping, quando un partito perde il controllo dell’ideologia cade preda del “nichilismo ideologico”. E se al vuoto creatosi si sostituisce il desiderio cinico di dominio, si apre la strada a politiche pericolose.
- Il testo fa parte del numero di Scenari: “Alla corte di Xi Jinping”, in edicola e in digitale dal 12 agosto.
Un amico mi ha recentemente mandato una versione abbreviata del discorso del gennaio 2013 di Xi Jinping ai membri del Comitato centrale del Pcc. Il discorso viene citato spesso, generalmente quando si parla del maggiore controllo ideologico e delle “tendenze autoritarie” del leader cinese, ma finché non l’ho ricevuto da lui non lo avevo letto.
È piuttosto provvidenziale il fatto che l’abbia letto ora, quasi dieci anni dopo la sua pronuncia, perché getta luce sul problema molto attuale della guerra russa in Ucraina. Questa affermazione potrebbe sorprendere molti (“Cosa c’entra il discorso di Xi del 2013 con Mariupol 2022”), ma la spiegherò nel resto del testo.
L’argomentazione di Xi è molto rigida e logica. Si può essere d’accordo o meno con gli obiettivi stabiliti da Xi e con le sue interpretazioni, ma non c’è dubbio che i punti principali sul ruolo che il Pcc ha nel rendere la Cina anzitutto indipendente, e poi forte, sono veri, così come il punto secondo cui il “nichilismo ideologico” porti alla fine del sistema, e, implicitamente, agli esiti disastrosi che vediamo in Russia oggi.
Vale la pena sottolineare due aspetti. L’interpretazione di Xi della fine dell’Unione sovietica e il suo accento sull’ideologia.
Nichilismo storico
Xi vede nello smembramento dell’Unione sovietica e nella fine del Pcus il risultato del “nichilismo ideologico”: i leader al comando avevano smesso di credere nei vantaggi e nel valore del sistema, ma non avevano altre coordinate ideologiche all’interno delle quali collocare il proprio punto di vista. (Casualmente, l’ho notato quando recentemente ho letto il libro di memorie di Andrej Kozyrev’, il ministro degli Affari esteri di Eltsin; del libro colpisce la sua totale assenza di ideologia).
Xi: «Perché l’Unione sovietica si è disintegrata? Perché il partito comunista dell’Unione sovietica è andato in pezzi? Una ragione importante è che nel campo dell’ideologia la competizione è feroce. Ripudiare del tutto l’esperienza storica dell’Unione sovietica, ripudiare la storia del Pcus, ripudiare Lenin, ripudiare Stalin, ha significato il naufragio dell’ideologia sovietica nel caos e l’impegno nel nichilismo storico. Ha fatto sì che le organizzazioni di partito a tutti i livelli perdessero di fatto la loro funzione. Ha sottratto al partito la sua leadership militare. Alla fine il Pcus, per quanto fosse un grande partito, si è disperso come un branco di bestie impaurite! L’Unione sovietica, per quanto fosse un grande stato socialista, è andata in frantumi».
L’assenza di fiducia nel sistema derivava dal fallimento dell’Unione sovietica nell’arena economica e dall’incapacità di proporre un sistema di partecipazione al processo decisionale che piacesse o fosse accettabile per la maggior parte della sua popolazione. Le radici della disfatta sono state sia economiche sia ideologiche. Secondo Xi, una volta che il partito perde il controllo dell’ideologia, quando non riesce più a dare una spiegazione soddisfacente alle proprie scelte di governo, ai propri fini e obiettivi, si dissolve in un partito di individui vagamente legati unicamente da obiettivi personali di ricchezza e potere.
Il partito cade quindi preda del “nichilismo ideologico”. In alcuni casi il vuoto ideologico provocato dalla scomparsa dell’ideologia comunista è stato riempito dal nazionalismo, ma quasi da nessuna parte è stato riempito dal liberalismo (ritengo che le rivoluzioni del 1989 non siano state rivoluzioni democratiche, ma di indipendenza nazionale e autodeterminazione).
Desiderio di dominio
Ad ogni modo, questo non è stato l’esito peggiore, come vediamo dal discorso di Xi. La cosa peggiore, e forse ciò che Xi teme per la Cina, è che il paese sia preso in mano da gente senza alcuna ideologia ma con un desiderio assolutamente cinico ed egoistico di dominio. Questo è quello che è successo in Russia, dove al Pcus sono succeduti i nichilisti ideologici dei servizi segreti, che hanno dirottato il paese.
I nichilisti ideologici del Kgb sono spesso stati visti, in occidente, come governanti preferibili rispetto ai comunisti. Per John Lewis Gaddis, forse il più noto storico statunitense della Guerra fredda, l’unico leader sovietico degno di lode prima di Gorbacëv è stato Beria (in The Cold War: A New History), proprio perché Beria non era affatto ideologico ed era disposto a servire qualunque sistema pur di restare al potere.
Negli ultimi giorni dell’Unione sovietica, i funzionari del Kgb sono stati considerati gli unici in grado di imporre un certo ordine e far crescere l’economia. Da qui l’elezione di Andropov alla guida del Pcus, una rivoluzione totale rispetto alla tradizionale sottomissione dell’apparato di intelligence al partito. (Non a caso Stalin non ha mai permesso alla Čeka, nei suoi vari appellativi, di prendere decisioni, ma solo di eseguirle, talvolta letteralmente sparando alle persone.)
La dipendenza dai servizi segreti si è ripetuta negli ultimi anni del governo di Eltsin quando quattro dei suoi ultimi cinque primi ministri (posizione dalla quale quasi automaticamente sarebbe venuto il successore di Eltsin) erano legati al Kgb (Primakov, Stepašin, Kirienko e infine Putin). Questo vuoto intellettuale ha consentito il governo dei nichilisti ideologici, persone che per la natura stessa del loro lavoro erano pragmatiche nel midollo, senza alcuna preoccupazione o interesse per l’ideologia.
L’attenzione per le caratteristiche esterne del proprio governo e il disprezzo dell’ideologia che motiva chi è al potere, porta molti commentatori liberali a parlare delle “autocrazie” di Xi e Putin come se appartenessero alla stessa specie. Ma, come mostra il discorso di Xi, non lo sono. Ciò che le differenzia è che in un caso c’è un tentativo (non so dire quanto riuscito) di preservare il dominio egemonico dell’ideologia comunista, e quindi di controllare gli organi del potere brutale (l’esercito e la polizia), e nell’altro caso, c’è stata una completa sostituzione dell’ideologia e della politica con il pragmatismo del potere.
A differenza degli originali e molto esuberanti commentatori della fine del comunismo, a cui piaceva pensare che la dissoluzione del sistema avrebbe portato alla fioritura della democrazia, Xi mette giustamente l’accento su una cosa molto più cupa e forse realistica: il “nichilismo ideologico” che apre la strada a politiche avventurose, prive di qualsiasi giustificazione ideologica o addirittura logica.
Certe politiche potrebbero essere state adottate, come nel caso dell’attacco della Russia di Putin all’Ucraina, per un errore di valutazione o per il desiderio di dare la stessa patina nazionalista a un regime altrimenti ideologicamente vuoto. In ogni caso, sono politiche slegate da qualsiasi ideologia.
Xi ha ragione nel sostenere che, la volta in cui vengono abbandonate sia la fede in una società migliore sia la concentrazione sul successo economico che dovrebbe portare a quella società futura, il potere viene ceduto a “cricche opportunistiche” che potrebbero far precipitare i loro paesi in guerre e distruzione, o perché non credono in nulla, o perché cercano una giustificazione per il loro governo nichilista.
Traduzione di Monica Fava.
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