Il leader dei liberali tedeschi Lindner non fa mistero di volere il dicastero delle Finanze
- Inflessibile sull'ortodossia di bilancio (ordoliberalismo), contrari agli aumenti delle imposte e alla regolamentazione statale, la linea del partito liberale tedesco, FDP non è un mistero per nessuno degli osservatori politici, ma sembra difficilmente conciliabile con quella dei Verdi
- Un ingresso nel governo dei liberali permetterebbe al partito di tornare a contare in Europa facendo alleanza con i paesi “frugali “e da freno sulla riforma del Patto di stabilità e sull’eventuale rinnovo del Recovery fund e degli eurobond.
- . Se dovesse arrivare Lindner alle Finanze sarebbe come il ritorno di uno Schaeuble in modi più raffinati e cortesi. E allora l’Ue tornerebbe a scontrarsi tra i paesi “frugali” e “periferici” mettendo a rischio la timida ripresa in corso.
Che succederà al Patto di stabilità se i liberali dovessero tornare al ministero delle Finanze tedesco? I liberali della Fdp sono cresciuti dello 0,8% (dal 10,7% del 2017 all'11,5% del 2021) e con 92 deputati potrebbero diventare l'ago della bilancia nella costruzione di un'alleanza di governo, mentre nel 2013 con il 4,8% erano rimasti fuori dal Bundestag.
Il verde Robert Habeck (14.8% e 118 seggi) e il leder dei liberal Christian Lindner sono d'accordo su un punto: tratteranno prima fra loro e poi apriranno il tavolo agli altri. L'impressione è che potrebbero essere i piccoli partiti a scegliere se il cancelliere dovrà essere Scholz o Laschet. I due aspiranti cancellieri si sono dati tempo fino a Natale. Merkel potrebbe avere addirittura il tempo di superare la longevità politica di Helmut Kohl, se resterà in carica fino al 17 dicembre.
L’ordoliberalismo dell’Fdp
Inflessibile sull'ortodossia di bilancio (ordoliberalismo), contrari agli aumenti delle imposte e alla regolamentazione statale, la linea del partito liberale tedesco, Fdp non è un mistero per nessuno degli osservatori politici, ma sembra difficilmente conciliabile con quella dei Verdi che vogliono incentivare i consumi interni, aumentar le tasse per i più ricchi, investire miliardi di euro nella transizione verde anche con investimenti pubblici a debito. La situazione potrebbe portare a uno scontro e alla ripetizione dell’episodio passato quando il leader della formazione liberale, Christian Lindner, nel 2017, a un passo dal formare un'alleanza "giamaica" con i popolari e i Verdi, decise di gettare la spugna, assicurando "che è meglio non governare che governare male".
Un errore politico che aveva fatto precipitare il partito nel caos. Oggi i liberali vogliono governare. Lindner, 42 anni, a urne chiuse ha aperto ai Verdi: "Sono i Verdi e l'Fdp che devono avviare le trattative". Messaggio ben accolto dalla leader degli ambientalisti, Annalena Baerbock.
Colmare il divario tra il partito del business e degli imprenditori e i sostenitori della crescita verde non sarà facile. "Per molti anni i Verdi sono stati gli avversari preferiti dei liberali", ha osservato lunedì il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, ricordando che i "Grünen" sono apostrofati dall'Fdp come il "partito dei divieti". Ma questo fa parte della dialettica di una campagna elettorale. Ora si apre una nuova fase, quella delle coalizioni.
Lindner punta alla poltrona di ministro delle Finanze. Ma a quel punto cosa accadrà a Bruxelles nei delicati equilibri della Commissione Von der Leyen e al commissario Gentiloni? “Verdi e liberali sono distanti sulla questione di come finanziare una protezione del clima senza danneggiare le famiglie a basso reddito”, ha scritto il settimanale Spiegel. A livello regionale, i due partiti governano insieme in due Länder, in Renania-Palatinato (ovest) sotto la guida della SPD e nello Schleswig-Holstein (nord) sotto la guida della CDU. Tutto bene, dunque? Non proprio.
Il voto dei giovani
I liberali sono stati premiati dai giovani elettori che hanno votato per la prima volta e che hanno apprezzato la loro apertura alle questioni sociali (famiglia, diritti delle minoranze, libertà individuali) e sulla volontà di ridurre le tasse. Ma è in economia che i liberali farebbero la differenza. Un ingresso nel governo dei liberali permetterebbe al partito di tornare a contare in Europa facendo alleanza con i paesi “frugali “e da freno sulla riforma del Patto di stabilità e sull’eventuale rinnovo del Recovery fund e degli eurobond. Il partito liberale ha partecipato in passato a governi di coalizione, con la CDU. Uno dei suoi leader storici, Hans-Dietrich Genscher (1927-2016), è stato ministro degli Esteri, svolgendo un ruolo importante per la riunificazione del Paese dopo la caduta del Muro di Berlino con Helmut Kohl e per la costruzione europea. Un partito che ha svolto tradizionalmente il ruolo di custode del pareggio di bilancio e della tutela della libera concorrenza di mercato in sintonia più con Londra che con Berlino.
Il Patto di stabilità
Ma lo scontro tra Verdi e Liberali sarà sul futuro dei conti europei. L’ultimo Ecofin informale svoltosi il 9 settembre a Kranj, in Slovenia, non è stato decisivo per la revisione delle regole Ue sui conti pubblici. Nessuno aveva pensato che una soluzione sulla revisione delle regole di bilancio, condensate nel Two Pack e Six Pack, e del pareggio di bilancio in Costituzione potesse arrivare entro fine anno: un alto funzionario Ue lo aveva esplicitamente escluso. Tempo per la discussione non manca: la clausola di salvaguardia, che sospende gli obblighi del Patto di stabilità dal marzo 2020, non verrà disattivata prima del 2023. Bisognerà vedere però se basterà.
Nessuno, comunque, ipotizza che una soluzione possa essere trovata prima che a Berlino si insedi il nuovo governo. Anche perché i nuovi equilibri del voto in Germania non saranno irrilevanti per l'esito del confronto sulle regole: bisognerà vedere chi sarà il ministro delle Finanze e se fosse Lindner le cose potrebbero cambiare di molto. Si può solo immaginare come sarebbe andato il confronto su Next Generation Eu se, al posto dell’attuale ministro socialdemocratico Olaf Scholz, alla Wilhelmstrasse, sede del ministero delle Finanze, ci fosse stato ancora Wolfgang Schäuble o lo stesso Lindner. Ma se dovesse arrivare Lindner sarebbe come il ritorno di uno Schäuble in modi più raffinati e cortesi. E allora l’Ue tornerebbe a scontrarsi tra i paesi “frugali” e “periferici” mettendo a rischio la timida ripresa in corso. Un errore già fatto in passato dall’ex banchiere centrale Jean-Claude Trichet che alzò i tassi della Bce prematuramente, e da Schäuble che impose l’austerità in fase di recessione economica facendo rivoltare nella tomba Keynes e facendo dilagare il contagio della crisi dei debiti sovrani europei dalla Grecia all’Irlanda, Cipro, Portogallo e Spagna per cinque lunghi anni. Ma fortunatamente questa volta Schäuble non sarà più né ministro né presidente del Bundestag a Berlino. A condizione che la sua politica di austerità non trovi nuovi eredi nei liberali tedeschi.
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