- Per Rishi Sunak, che diventa il nuovo premier britannico, è il momento della rivincita, sia verso Boris Johnson che verso Liz Truss. La sua predecessora, mandando in tilt i mercati e il partito, ha abbassato le aspettative al punto che difficilmente lui potrà fare subito peggio. Nell’immediato infatti rassicura i mercati.
- Tutto questo non deve trarre in inganno. Il nuovo premier non taglierà le tasse ai ricchissimi come la predecessora, però taglierà altro.
- Rampante, straricco, alle spalle finanza speculativa e scandali per elusione fiscale, Sunak ha in curriculum le posizioni brexitare, il governo con Johnson e il credo dell’austerità. Ecco cosa dobbiamo aspettarci da lui.
Questo è il momento della doppia rivincita, per Rishi Sunak, che diventa il nuovo premier britannico. Ha sbaragliato due volte Boris Johnson, costringendolo a rinunciare prima alla premiership e poi al ritorno a Downing Street. Sempre Sunak, ha anche pareggiato i conti con Liz Truss, che lo aveva battuto nella competizione tra conservatori ma come premier è durata un mese e mezzo, il tempo per mandare in tilt i mercati e il partito.
Visti gli esiti disastrosi di Truss, oltre alla doppia rivincita il neopremier ha anche un doppio momento favorevole: non solo ha fatto fuori i rivali prima ancora che formalizzassero la loro candidatura, rimanendo l’unico in lizza, ma la predecessora ha abbassato le aspettative al punto che difficilmente lui potrà fare subito peggio. Questo non deve trarre in inganno. La rivincita è certa per Sunak, non per i britannici.
Rampante, educato nelle migliori università, sposato con la figlia di un magnate, passato da Goldman Sachs, tanto ricco quanto soggetto a scandali, è noto nel Regno Unito soprattutto per un credo: l’austerità. La sua predecessora ha provato a tagliare le tasse ai ricchissimi, Sunak taglierà a modo suo, e a modo suo favorirà chi sta già meglio.
La sua cifra
Truss era stata la premier durata meno, anche Sunak può vantare i suoi primati. Sui media britannici viene citato come il primo premier british asian, per i genitori indù; lui è nato 42 anni fa a Southampton, e questo è un altro record che gli si attribuisce: è il più giovane premier britannico da due secoli a questa parte. Ma per completare il quadro bisogna aggiungere un altro elemento: prima di diventare capo di governo, nella classifica era pure il più ricco deputato.
Oltre ad aver lui stesso gestito fondi speculativi, Sunak, che ha nel curriculum Oxford e Stanford, in quest’ultima università ha conosciuto sua moglie. Akshata Murty è l’erede del magnate indiano Narayana Murthy, il fondatore della multinazionale Infosys. Mentre Sunak era cancelliere dello scacchiere – nell’era Johnson lo è diventato, dopo essere stato per breve tempo anche segretario del Tesoro – l’enorme ricchezza della sua famiglia è stata oggetto di scandalo. Mentre infatti lui da una posizione di governo determinava la politica fiscale del paese, e ventilava anche di alzare le tasse, la sua consorte eludeva il fisco britannico.
Quando si è scoperto che Akshata Murty preferiva pagare le tasse altrove, lei ha dovuto promettere di cominciare a pagarle in Gran Bretagna per evitare guai al marito. Non è la prima volta che la carriera del neopremier rischia di infrangersi sugli scandali: l’ex premier conservatore David Cameron, anche lui ortodosso dell’austerità quando era in carica, da lobbista ha cercato di sbloccare l’accesso di Greensill Capital a uno schema di prestiti messaggiando l’allora cancelliere.
Da membro del governo Johnson, pure Sunak è finito immortalato alle feste durante le restrizioni pandemiche.
In cerca di stabilità
Non solo è sopravvissuto a queste rivelazioni, ma è stato lui, più che lo scandalo dei party, a innescare la caduta di BoJo con le sue dimissioni. Sconfitto da Truss a inizio settembre, quando i conservatori cercavano il successore di Johnson, ha finito per rimpiazzarla adesso.
Non che Johnson non abbia tentato con tutte le forze di tornare in campo, ma domenica, quando gli è apparso chiaro che i parlamentari conservatori a suo sostegno non erano abbastanza, ha scritto di aver capito che «non è questo il momento giusto». Lunedì mattina ha rinunciato anche Penny Mordaunt.
Strada spianata quindi, per il nuovo premier? Non esattamente. «Di fronte alle gravi sfide economiche ci servono stabilità e unità, la mia priorità è mettere insieme il partito e il paese», ha detto lui nel primo intervento da leader conservatore.
Tra divisioni interne e guai economici, c’è molto da ricostruire, sopra le macerie di Truss. «I conservatori affrontano una minaccia esistenziale», ha detto il leader sperando così di compattare il fronte; intanto l’opposizione invocava invano elezioni anticipate.
Cosa aspettarci
Quest’estate, da sfidante, Sunak aveva previsto che Truss, economicamente parlando, avrebbe condotto al disastro. Ora che lui la rimpiazza, i mercati festeggiano.
C’è davvero da festeggiare? Nel medio termine, è più che probabile che il premier tagli welfare e spesa pubblica. Non è la stessa cosa che tagliare le tasse ai super ricchi, come ha fatto la predecessora, ma ha in comune l’effetto diseguale, che svantaggia i più deboli.
A parole, il nuovo premier dice di voler tutelare «i vulnerabili». La promessa va combinata con le sue posizioni, per capire cosa si intende. Quando Truss ha lanciato la energy price guarantee, una sorta di ammortizzatore contro il caro bollette, Sunak ne ha criticato il raggio troppo ampio, il fatto che tutelasse anche le famiglie con un buon reddito. È verosimile che i suoi interventi saranno circoscritti ai redditi estremamente bassi.
Un altro espediente per aumentare il gettito tributario mantenendo la promessa di non tagliare le tasse potrà essere quello di «tenere congelate le fasce di reddito alle quali sono applicate le aliquote: se i redditi nominali crescono per l’inflazione, più persone rientrano nelle fasce delle aliquote più alte. È ciò che noi del settore chiamiamo fiscal drag», spiega l’economista Anton Muscatelli.
Dell’era Johnson, Sunak cestinerà – se i fatti seguono le parole – il piano di espulsione dei richiedenti asilo in Ruanda; ma resta dell’idea che vada messo «un tetto» al numero di rifugiati. E anche se c’è chi spera che sarà più moderato nelle relazioni, il nuovo premier è sempre stato sostenitore della Brexit.
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