Tra le dieci aree di crisi più gravi nell’anno in corso ci sono anche gli Stati Uniti. L’Acled (Armed Conflict Location and Event Data Project) un think tank anglo-americano basato in Wisconsin e fondato nel 2014, ha da poco pubblicato la sua watchlist annuale sui conflitti riferita all’anno passato.
Nella lista ci sono le guerre in corso ma anche le aree di crisi e instabilità endemiche più gravi. In sintesi, nel 2023 c’è stato il 12 per cento in più di conflitti rispetto al 2022 e il 40 per cento in più rispetto al 2020. Secondo Acled una persona su sei nel mondo vive oggi in un’area di guerra.
In particolare il rapporto sottolinea la decennale insicurezza nel Sahel (al 4° posto come gravità) e la suo complesso intreccio di guerre che sta entrando in una nuova fase poiché le giunte militari fanno sempre più ricorso a tattiche aggressive con l’utilizzo di milizie e volontari. Al terzo posto il Sudan con la presa del potere da parte delle Forze di Supporto Rapido (Rsf) del Darfur che potrebbe prolungare ulteriormente i combattimenti, i quali hanno già provocato milioni di sfollati e migliaia di vittime dall’inizio di aprile 2023.
Gli altri scenari
La contesa tra la giunta militare e il composito fronte di resistenza in Myanmar (7° posto) entra nel suo terzo anno di violenza e potrebbe trovarsi ad un punto di svolta grazie al rafforzamento del coordinamento tra i vari gruppi di resistenza. Al primo posto per gravità c’è la guerra in Palestina, e segnatamente a Gaza, dove il rapporto prevede che la violenza continui anche dopo la fine degli attuali combattimenti ad alta intensità nella Striscia.
Le tensioni in Cisgiordania, già a livelli allarmanti prima del 7 ottobre, si sono ulteriormente intensificate negli ultimi mesi, con l’aumento degli scontri tra i gruppi armati palestinesi e l’estensione delle attività da parte dei coloni. Al secondo posto la situazione interna nello Yemen che rimane tesa con l’attuale escalation nel Mar Rosso la quale potrebbe – per l’Acled- far deragliare gli sforzi di pace iniziati l’anno scorso e portare ad una recrudescenza del conflitto.
Tra le dieci crisi più pericolose, al quinto posto figura anche la Repubblica democratica del Congo dove il presidente recentemente rieletto Félix Tshisekedi sarà costretto a risolvere le molteplici minacce contro la sicurezza del suo paese ricostruendo le relazioni difficili con diversi vicini, in particolare il Ruanda. Sulla guerra in Ucraina, che l’Acled piazza solo al sesto posto, gli analisti scommettono su una guerra di logoramento che si allungherà nel tempo senza mutare volto.
Nel rapporto c’è una sottolineatura su Haiti come paese fuori controllo delle proprie istituzioni a causa della diffusione della violenza delle bande criminali e l’incapacità del governo di affrontare la crisi della sicurezza. Nell’indice Acled dei conflitti più gravi, Haiti è salita all’ottavo posto.
Messico e Stati Uniti
Il Messico figura nel rapporto in nona posizione anche se si tratta di conflitto interno dovuto al flusso di persone e di droga con gli Stati Uniti, a cui si potrà aggiungere la violenza politica scatenata dalla prossime elezioni durante il 2024. Infine il rapporto piazza al decimo posto delle crisi da tener sotto controllo proprio gli Stati Uniti, le cui turbolenze minacciano di rafforzare le latenti divisioni interne in vista delle elezioni di novembre.
Un periodo elettorale difficile potrebbe - secondo l’Acled - portare a intimidazioni e violenze ai seggi elettorali nonché a una rinnovata mobilitazione da parte dei gruppi estremisti di estrema destra e dell’alt right suprematista. Ovviamente si tratta delle previsioni di un think tank senza pretese omnicomprensive ma che illustrano il tipo di violenza a cui il nostro pianeta è confrontato oggi: oltre le guerre tra stati (Ucraina, Palestina o Yemen), si assiste ad un aumento delle crisi interne e delle aree di instabilità violenta per effetto della disintegrazione delle istituzioni o della loro incapacità a mantenere il monopolio della violenza.
Segno che siamo andando verso un mondo più frammentato e anarchico in cui domina la privatizzazione della violenza. Per confronto l’anno precedente le crisi considerate dal rapporto Acled erano le seguenti nell’ordine: Ucraina, Caucaso, Sahel, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Kurdistan, Myanmar, Colombia e Haiti.
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