- Mentre Pechino sulla guerra in Ucraina continua a limitarsi a rivendicare la sua “neutralità”, senza condannare né appoggiare l’aggressione russa ma opponendosi alle sanzioni, è Mosca a rivelare la solidità dei rapporti con la Cina.
- Il ministro degli esteri di Putin, Sergey Lavrov: con la guerra cooperazione sempre più stretta. E anticipa che i due paesi svilupperanno le rispettive infrastrutture finanziarie, aumentando l’utilizzo del rublo e dello yuan.
- Mosca e Pechino politicamente condividono una posizione simile, in quanto entrambe si oppongono al dominio degli Stati uniti.
Mentre Pechino sulla guerra in Ucraina continua a limitarsi a rivendicare la sua “neutralità”, senza condannare né appoggiare l’aggressione russa ma opponendosi alle sanzioni, è Mosca a rivelare la solidità dei rapporti con la Cina, anche dopo l’attacco a Kiev: più forti di un’alleanza. Secondo Sergey Lavrov «la relazione tra Cina e Russia non è un’alleanza formale, ma è meglio di un’alleanza, perché è flessibile, senza limiti né restrizioni». Il ministro degli esteri russo sostiene che la “partnership strategica onnicomprensiva” sottoscritta il 4 febbraio scorso dai due presidenti, Xi Jinping e Vladimir Putin, «non è indirizzata contro alcun paese terzo e non è influenzata da alcun cambiamento nel contesto esterno». Lavrov è intervenuto mercoledì a un forum online tra le diplomazie dei due paesi di cui hanno dato notizia ieri i media hongkonghesi. Occasione dell’incontro la prossima inaugurazione di un ponte che, passando sul fiume Heilong, collegherà la città cinese di Heihe, nella provincia nord orientale dello Heilongjiang, a Blagoveshchensk, nell’estremo oriente russo.
Un’infrastruttura già progettata alla vigilia dello storico viaggio di Mikhail Gorbachev a Pechino (15-18 maggio 1989), che segnò il disgelo tra l’Urss e la Repubblica popolare cinese dopo la rottura sino-sovietica del 1960 (ma che galvanizzò il movimento democratico di piazza Tiananmen). Un’opera che torna a rappresentare un simbolo, questa volta dei legami sempre più stretti che la quinta generazione di comunisti cinesi guidata da Xi ha voluto con la Russia di Putin, che dal 2013 il presidente cinese ha incontrato 38 volte, quattro all’anno.
Il boom degli scambi
L’ambasciatore russo a Pechino, Andrey Denisov, ha ricordato che nel 2021 l’interscambio Russia-Cina ha toccato i 140 miliardi di dollari. Il primo partner commerciale e la principale destinazione dell’export russo è proprio la Cina, a cui vende soprattutto petrolio, gas, carbone e materie prime agricole.
Mentre le banche di stato cinesi finanziano gli investimenti russi: 107 prestiti per complessivi 125 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2017. E, secondo Lavrov, quella che il capo della diplomazia di Mosca definisce «la guerra ibrida dichiarata dall’Occidente alla Russia» ha aperto ulteriori opportunità di cooperazione con Pechino, proprio in ambito finanziario e sugli investimenti.
Lavrov ha anticipato che Russia e Cina svilupperanno le rispettive infrastrutture finanziarie, aumentando l’utilizzo del rublo e dello yuan nei pagamenti tra i due paesi (attualmente impiegati per circa il 25 per cento del commercio bilaterale), per compensare l’impatto dell’espulsione della Russia dal sistema internazionale di pagamenti Swift.
Venendo alle questioni più squisitamente politiche, Lavrov ha sostenuto che Mosca e Pechino condividono una posizione simile, in quanto entrambe si oppongono al dominio degli Stati uniti.
Intervenendo anch’egli all’incontro dell’altro ieri, Wang Yi ha dichiarato che la sicurezza internazionale e regionale non possono e non devono essere garantite rafforzando i blocchi militari.
«Solo aderendo fermamente al concetto di vantaggio per tutti e tenendo conto della sicurezza di altri paesi quando cerchiamo la nostra sicurezza, possiamo intraprendere un percorso di sicurezza reciprocamente vantaggioso e vantaggioso per tutti», ha sostenuto il ministro degli esteri cinese.
Le partneship cinesi
Le parole di Lavrov e gli eventi degli ultimi mesi sembrano dimostrare che quella tra Russia e Cina, al di là della terminologia utilizzata, è ormai, di fatto, un’alleanza. La Repubblica popolare cinese infatti tradizionalmente non stringe alleanze formali, perché a un paese delle sue dimensioni, a una simile civiltà, starebbe stretta qualsiasi alleanza; e per poter avere tanti partner (soprattutto commerciali), senza precludersene alcuno con una scelta di campo.
Ma le relazioni politiche ed economico-commerciali con Mosca continuano, nonostante l’Ucraina, a migliorare, mentre il clima da Guerra fredda che si respira nell’Asia-Pacifico spinge a intensificare sempre più anche la collaborazione militare tra Pechino e Mosca, che del resto - nel documento del 4 febbraio - si sono giurate sostegno reciproco sulle due questioni che più stanno loro a cuore: l’allargamento della Nato e Taiwan.
Il sorvolo congiunto di un bombardiere strategico cinese e uno russo vicino al Giappone e alla Corea del sud il 24 maggio scorso, mentre il presidente Usa, Joe Biden era in visita presso gli alleati asiatici, ha lanciato in questo senso un segnale inequivocabile.
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