La corte dell’Aia emana un mandato d’arresto contro Putin e Maria Lvova-Belova, ritenuti responsabili di crimini di guerra. Per i paesi parte dello Statuto di Roma vige l’obbligo di eseguire il mandato se Putin si dovesse trovare sul loro territorio
La Corte penale internazionale (Cpi) ha emesso un mandato d’arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per la commissaria dell’Ufficio russo per i Diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova.
La Corte ritiene fondato il sospetto che Putin e la sua funzionaria di fiducia siano responsabili per il crimine di guerra di «deportazione illecita della popolazione» e di «trasferimento illecito di popolazione dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione russa, a danno dei bambini ucraini».
La corte ha deciso di rendere pubblici i mandati d’arresto in ragione della necessità di aumentare la «consapevolezza del pubblico» rispetto agli atti «ancora in corso» e di contribuire alla «prevenzione del prosieguo di suddetti crimini».
Le conseguenze
La giurisdizione della Cpi si fonda sullo Statuto di Roma, trattato internazionale in vigore dal 2002 e ratificato da 123 stati. In capo a ognuno di questi paesi vige l’obbligo legale di eseguire il mandato d’arresto emesso dalla Corte, qualora Putin o la sua sottoposta, Lvova-Belova, si trovassero sul loro territorio. Lo scopo è condurre i sospettati in tribunale, a L’Aia, presso la Cpi, che non può celebrare processi in absentia.
Tuttavia, il novero dei ratificanti non comprende i paesi dove, secondo gli ultimi sviluppi diplomatici, è più probabile che il presidente Putin si rechi.
Rimane, dunque, viva la possibilità che Putin, nonostante un mandato d’arresto per crimini di guerra, partecipi, come anticipato dal portavoce Dmitry Peskov, al summit del G20 che a settembre si terrà a Nuova Delhi, in India, stato che non ha ratificato il trattato.
Lo stesso Peskov ha detto che la Russia «non riconosce l’autorità della Cpi» e che il mandato non ha alcuna valenza. La Russia, infatti, non ha mai ratificato il trattato istitutivo della Corte.
Anche un’eventuale, per ora non prevista, visita in Cina non risulterebbe nell’arresto di Putin, non essendo Pechino parte del patto. Anche Siria e Bielorussia, paesi politicamente vicini a Mosca, non hanno aderito all’accordo.
Tra i Brics, invece, Sudafrica e Brasile hanno ratificato lo Statuto, avendo ora, in caso di presenza di Putin sul loro territorio, l’obbligo di arrestarlo.
Le conseguenze, dunque, per il presidente Putin sono limitate. Nonostante ciò, il mandato rappresenta un importante primo passo nell’attribuzione delle responsabilità non solo dell’invasione ma anche della conduzione delle ostilità.
© Riproduzione riservata