- A partire dal 2016 sono state lanciate una serie di iniziative che avrebbero dovuto avere, come ultimo risultato, una Unione più autonoma e in grado di giocare un maggiore ruolo geopolitico.
- Ma la realtà degli ultimi anni ha dimostrato che per raggiungere questo obiettivo manca ancora una decisa convergenza di priorità strategiche tra gli stati membri.
- Parallelamente l’Ue si è dimostrata esitante nel perseguire le iniziative nell’ambito della difesa, secondo prerequisito per un’azione esterna realmente autonoma. Come potrà dimostrare l’Ue di poter riuscire ad orientare il partenariato nel senso voluto?
Il disinteresse dell’amministrazione Trump per la relazione transatlantica ha offerto all’Ue l’opportunità di mettere alla prova la sua ambizione all’autonomia strategica. A partire dal 2016 sono state lanciate una serie di iniziative che avrebbero dovuto avere, come ultimo risultato, una Unione più autonoma e in grado di giocare un maggiore ruolo geopolitico, a partire da una nuova strategia globale e dal suo piano di attuazione nel settore di sicurezza e difesa.
Ma la realtà degli ultimi anni ha dimostrato che per raggiungere l’obiettivo dell’autonomia manca ancora una decisa convergenza di priorità strategiche tra gli stati membri, presupposto di una Europa efficace nella sua proiezione esterna.
Infatti durante la “vacanza strategica” dell’amministrazione Trump, il vicinato europeo è divenuto preda di potenze regionali e locali che hanno perseguito liberamente i propri interessi, spesso contrastanti con quelli europei, senza che l’Ue fosse in grado di reagire concretamente, dalla Libia alla Siria, all’Ucraina e alla Bielorussia, per finire con il Nagorno-Karabakh.
Parallelamente, l’Ue si è anche dimostrata esitante nel perseguire le iniziative nell’ambito della difesa, secondo prerequisito per un’azione esterna realmente autonoma. Ad esempio, la cooperazione strutturata permanente (Pesco) avrebbe dovuto costituire, per trattato, un’avanguardia avanzata di integrazione nel settore della difesa, ma è risultata assai poco ambiziosa.
L’Europa non è ancora pronta per l’autonomia strategica e gli Stati Uniti restano ancora un alleato imprescindibile, un ombrello rassicurante nel contesto regionale e una stampella necessaria nel settore della difesa. Tuttavia, se su alcuni temi ci sarà una convergenza naturale con la nuova amministrazione Biden-Harris, ad esempio sull’accordo sul nucleare con l’Iran o sul clima, su altri sarà necessario negoziare una posizione comune. E l’Ue dovrà dimostrare di poter riuscire ad orientare ed indirizzare il partenariato nel senso voluto. Ma come?
Punti di forza
Prima di tutto, l’Ue dovrebbe prendere seriamente l’obiettivo di promuovere democrazia e stato di diritto come i migliori antidoti all’instabilità. Rinnovare il legame transatlantico presentandolo come alleanza di democrazie sarebbe nell’interesse di entrambi, ma per farlo l’Ue deve abbandonare l’attuale ambiguità e promuovere un approccio più risoluto sia al suo interno che all’esterno.
L’adozione di un meccanismo di condizionalità basato sullo stato di diritto per il bilancio è un inizio e va accompagnato a un più deciso sostegno ai movimenti democratici nel vicinato, a partire dalla Bielorussia.
Poi è importante dare sostanza alla relazione transatlantica con iniziative oltre la dimensione istituzionale, connettendo la società civile. Nonostante i legami storici, i trend demografici stanno contribuendo ad allontanare le popolazioni: gli americani crescono più velocemente, invecchiano più lentamente e sono sempre più culturalmente diversificati.
Assume più importanza stimolare partenariati tra istituzioni locali ed educative, forze politiche e società civile, per consolidare i rapporti tra le due società, creare nuovi partenariati, scambiare esempi di buone pratiche. Scambi particolarmente fecondi nei settori legati allo sviluppo economico sostenibile ma anche cultura e arti.
Inoltre, l’Ue deve trovare gli strumenti per far prendere sul serio le sue preoccupazioni. Già lo fa in campo commerciale, come mostra la decisione di imporre tariffe nella questione sui sussidi a Boeing, ma un approccio più assertivo va replicato in altri campi. L’Ue può sfruttare la sua estesa rete diplomatica e lo status globale dell’euro.
Infine, l’Ue punti a combattere con gli Usa nei principali forum internazionali, come Onu e G20, per ottenere risultati su obiettivi rilevanti per entrambi e dimostrare la forza del legame. In particolare rafforzare un quadro di regole e istituzioni comuni, imporre standard globali e rimarcare la postura distintiva delle democrazie liberali negli affari globali: cooperazione allo sviluppo, lotta ai cambiamenti climatici, al terrorismo, protezione dei diritti.
La relazione transatlantica ha subìto duri colpi e il momento dell’autonomia europea è ancora lontano. Ora è il momento per l’Europa di tornare a ballare il valzer con gli Usa per acquisire rilevanza negli affari mondiali.
© Riproduzione riservata