L’ultima volta che si è votato a luglio, il 5 per la precisione, era il 1945 e Clement Attlee spazzò via Churchill, il vincitore della Seconda guerra mondiale. È confortante pensare che, più che a Tony Blair, Keir Starmer voglia seguire lo stile “pacatamente rivoluzionario” del laburismo di Attlee
Le tanto agognate elezioni sono state finalmente annunciate: il prossimo 4 luglio gli elettori britannici andranno alle urne per rinnovare la Camera dei Comuni. I tories languono a una distanza di ben 20 punti dal partito laburista e, se i sondaggi saranno confermati, sarà la fine del lungo califfato del partito conservatore: 14 anni, compresa anche la fase del governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici.
Un lasso di tempo che è quasi una generazione, in cui il mondo e il Regno Unito sono profondamente cambiati, e di certo non in meglio. Andrà alle urne per la prima volta quella che può considerarsi la prima generazione post Brexit: chi aveva 10 anni al momento del referendum e che è cresciuto politicamente “fuori dall’Europa”. Innegabilmente sarà una tornata elettorale significativa.
Data un po’ strana il 4 luglio; non tanto perché saranno elezioni in piena estate (si potrà votare per posta e culturalmente l’estate non ha quel senso di sospensione in cui nulla accade come siamo abituati a intenderla noi in Italia).
Ma perché per una cultura come quella inglese così tanto ibridizzata con la simbologia statunitense il 4 luglio diventa automaticamente l’independence day. Se declinata come indipendenza dall’inettitudine parossistica che i conservatori hanno dimostrato in questa legislatura, è quello che molti sperano. Pare sia stata una decisione presa d’impulso: il primo ministro Rishi Sunak, ormai all’angolo, ha sfruttato i dati positivi – inflazione in calo ed economia in lieve e inaspettata crescita – e nella speranza di capitalizzare quello che forse diventerà nei prossimi giorni il famigerato primo volo (leggasi deportazione) per il Ruanda ha sciolto la Camera e deciso di giocarsi la pelle. I più maligni sostengono che non volesse rovinarsi l’estate e volare il prima possibile in California dove lo aspetta un ruolo da ceo o simile in una delle tante aziende legate all’immenso patrimonio della moglie.
Molto più probabile che non avesse altra scelta, ormai politicamente decapitato dalle continue spinte parafasciste sia interne al suo partito, che esterne rappresentate dall’ultra destra di Reform. Non importa in realtà. I conservatori come sono ora sono ineluttabilmente finiti. Una gioia per la satira e i social media che già pochi minuti dopo l’annuncio sono esplosi. L’immagine di Sunak fradicio di pioggia davanti a Downing street che annuncia la data delle elezioni non ha di certo dato l’immagine del leader che sa quel che fa. Elezioni significative, si è detto; vedremo se anche epocali e capaci di dare al Labour un’altra storica “slavina elettorale”.
L’ultima volta che si è votato a luglio, il 5 per la precisione, era il 1945 e Clement Attlee spazzò via Churchill, il vincitore della Seconda guerra mondiale. È confortante pensare che, più che a Tony Blair, Keir Starmer voglia seguire lo stile “pacatamente rivoluzionario” del laburismo di Attlee: senza slogan urlati, saldo nel principio della “buona amministrazione”, con un programma cauto ma grandemente ambizioso per una trasformazione strutturale e di lungo periodo.
La campagna elettorale si giocherà tutta su economia, sistema sanitario e immigrazione; esattamente in questo ordine. I laburisti non hanno ancora un programma elettorale definitivamente organizzato e, lo abbiamo scritto più volte, devono gestire ancora beghe interne legate non solo all’epurazione post Corbyn, ma soprattutto alle spinte a sinistra per le posizioni assunte sul massacro in atto in Palestina. In altre parole, i sondaggi che contano sono soltanto quelli del giorno delle elezioni e costruire una campagna elettorale attendista forse non sarà la strategia migliore.
Al National Theatre di Londra in questi giorni è in scena Nye con uno strepitoso Michael Sheen nei panni di Aneurin Bevan, ministro alla Salute del governo Attlee e infaticabile organizzatore dell’Nhs, il sistema sanitario nazionale gratuito per tutti. La sola produzione di questa pièce teatrale è il segno del cambiamento culturale avvenuto negli ultimi 15 anni. L’autore Tim Price ha incentrato il secondo atto sul confronto fra un molto cauto Attlee e un impetuoso e radicale Bevan. Speriamo che anche dentro il Labour di oggi convivano e collaborino un Attlee e un Bevan per ricostruire il paese dopo tre lustri di governo conservatore.
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