- Gli avvenimenti politici degli ultimi mesi sono il risultato di debolezze strutturali e di politiche economiche sbagliate decise da una classe politica inadeguata. Non è stato costruito uno stato unitario con una sua identità.
- Quello che colpisce è il difficile processo di formazione della classe dirigente del paese. In trent’anni di indipendenza, gli interessi degli oligarchi hanno sempre direttamente o indirettamente governato il paese.
- L’aiuto economico e politico esterno di World Bank, Fmi, Ue e Stati Uniti impedisce un ulteriore indebolimento dell’economia e costringe la classe dirigente ucraina ad adottare le riforme necessarie per avere gli aiuti finanziari che le permettono di non subire un collasso economico.
Il dibattito attuale sulle vicende ucraine è dominato dagli aspetti politici - il conflitto con la Federazione russa, l’entrata della Ucraina nella Nato e nell’Unione europea - e quasi sempre ignora gli aspetti economici. In realtà alla base degli avvenimenti ucraini degli ultimi trent’anni sta proprio la pesante situazione economica del paese.
Il paese è diviso economicamente, con la parte a est del Dnepr più industrializzata e quella a ovest storicamente a vocazione agricola, in cui si produce zucchero, grano, farina e olio di girasole di cui l’Ucraina è il maggior produttore mondiale.
L’est è il cuore industriale del paese in cui vengono prodotti acciaio, armi, auto e prodotti aereo spaziali. È la zona intorno a Krivoj Rog della prima industrializzazione in tempi zaristi, sulla quale si è innestata quella successiva di stampo sovietico.
La capitale Kiev è diventata il maggior centro di produzione terziaria del paese dove hanno sede imprese di progettazione del settore aereonautico, energetico come Naftogaz e telefonico come Kyivstar.
Da una crisi all’altra
Da un punto di vista comparativo con le economie vicine, i trent’anni trascorsi dal 1991 sono un sostanziale fallimento, contrariamente a quelle che erano le previsioni di gran parte degli osservatori che prevedevano un brillante futuro per il sistema economico ucraino, con una transizione veloce e l’avvicinamento all’Unione europea.
Mentre nel 1992 il reddito medio ucraino era il 90 per cento di quello polacco, attualmente è meno del 40 per cento. A parità di potere d’acquisto, il reddito pro capite polacco è quadruplicato dal 1992, mentre quello ucraino è cresciuto solamente del 40 per cento.
In termini assoluti il reddito medio pro capite nel 2013, sempre a parità di potere d’acquisto, è stato, secondo il Fondo monetario internazionale, di 7.422 dollari, quello polacco di 21.118, quello bielorusso di 16.106 e quello russo di 18.083.
L’economia ucraina nei 30 anni di indipendenza è passata da una crisi all’altra a cui andrà aggiunta l’ultima causata dalla pandemia. Il reddito nazionale lordo è caduto del 7,2 per cento nel 2020 e le previsioni per il futuro sono di una crescita molto contenuta, intorno al 3 per cento. Dal punto di vista del tenore di vita dei cittadini, trent’anni sono passati, ma niente è cambiato.
È evidente che la crescita economica è impedita da riforme iniziate ma non finite, dalla bassa produttività del sistema che discende da un processo di stop and go riformistico, da esportazioni costituite nella grande maggioranza da materie prime, da scarsi investimenti interni e stranieri e dal clima politico incerto. Con il tasso di crescita dell’ultimo periodo occorreranno 50 anni per raggiungere il livello di reddito della Polonia.
Colpe passate
Le difficoltà non nascono negli ultimi anni e non possono essere attribuite solamente alla cattiva politica economica né della penultima amministrazione Petro Porošenko né di quella del giovane presidente Volodymyr Zelensky.
Gli avvenimenti politici degli ultimi mesi sono il risultato di debolezze strutturali e di politiche economiche sbagliate decise da una classe politica inadeguata. Il fallimento più rilevante è stato quello di non aver costruito uno stato unitario con una sua definita identità; invece di avere questo obiettivo le classi dirigenti hanno giocato a tempi alterni a ottenere l’appoggio europeo contro quello russo e viceversa, per massimizzare i benefici che potevano essere ottenuti.
Quello che colpisce nelle vicende ucraine è il difficile processo di formazione della classe dirigente del paese. In trent’anni di indipendenza, gli interessi degli oligarchi, nati dal nucleo principale di Dnipropetrovsk e Donetsk, hanno sempre direttamente o indirettamente governato il paese.
Nei terribili anni novanta e nei primi anni duemila, singoli oligarchi sono stati in grado di formare una rete di imprese manifatturiere, bancarie, audiovisive, acquisendo un enorme potere economico.
Qualunque presidente e primo ministro ucraino è sempre stato dipendente dagli interessi e dall’influenza dei vari Rinat Akhmetov, Dmytro Firtash, Ihor Kolomoisky, Viktor Medvedchuk, Porošenko, Julija Tymošenko. Questi ultimi due, il primo nel ruolo di presidente, la seconda in quello di primo ministro, hanno direttamente governato il paese.
Gli aiuti esterni
In questo modo non si è formata una classe dirigente in grado di definire gli interessi del paese e controllare quelli dei vari potentati economici, veri robber barons, baroni ladroni, all’ucraina. In questa situazione l’architettura statale è nata ed è rimasta debolissima e nella Verkhovna Rada il potere di controllo degli oligarchi è determinante.
È solamente l’aiuto economico e politico esterno di World Bank, Fondo monetario internazionale, Unione europea e Stati Uniti che impedisce un ulteriore indebolimento dell’economia e che costringe la classe dirigente ucraina ad adottare le riforme necessarie per avere gli aiuti finanziari che le permettono di non subire un collasso economico.
Il Fondo monetario, a partire dalla dichiarazione di indipendenza, ha attivato ben nove programmi di intervento, di cui solo uno portato a termine. Il prestito di 17 miliardi di dollari con cui Fmi è intervenuto dopo Maidan, una serie di violente manifestazioni pro europee iniziate in Ucraina nel 2013, non è stato poi erogato per l’inerzia dell’ex presidente Porošenko.
Anche l ‘ultimo prestito di 5,5 miliardi di dollari deliberato per affrontare la pandemia, è stato erogato solo in parte e il rimanente è stato stanziato solo ultimamente. Altri finanziamenti sono arrivati dai paesi europei, i più grandi contributori di aiuti prima di Stati Uniti e Canada.
Sia i paesi dell’Ue sia gli Usa hanno fatto in modo che Fmi continuasse la sua opera di sostegno finanziario nel tentativo di integrare l’economia ucraina con quelle occidentali, ma i rapporti con il governo ucraino sono sempre molto difficili.
L’economia del paese è in grandi difficoltà che iniziano e si aggravano dalla dichiarazione di indipendenza, quindi, a parte gli interventi russi, la debolezza del sistema economico ucraino è una caratteristica strutturale del paese di cui tener conto quando si esaminano gli avvenimenti politici che riguardano il paese.
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