La Corte suprema ha deciso la fine dell’esenzione dal servizio militare dei giovani Haredi. Il provvedimento può condizionare Netanyahu, ma soprattutto la gestione di Gaza e del Libano
La Corte suprema di Israele ha deciso questa settimana di porre fine all’esenzione dal servizio militare dei giovani ultraortodossi, un provvedimento potenzialmente destabilizzante per il governo e la società israeliani.
Malgrado la Corte si fosse pronunciata in tal senso già in passato, vari governi hanno procrastinato temporaneamente l’esenzione, sostenuta veementemente da due partiti ultraortodossi, che negli anni hanno acquisito sempre più potere nel paese ebraico, a fronte di una rapida crescita delle comunità Haredi, o “timorati di dio”.
Questi due partiti sono essenziali per la tenuta della coalizione di governo guidata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che conta una maggioranza di 64 deputati nella Knesset, il parlamento israeliano composto da 120 membri.
«Questa decisione è importante perché può condurre nelle prossime settimane, o persino giorni, a una reazione a catena che influenzerà tutta la regione, incluso l’andamento della guerra a Gaza e il conflitto con il Libano», dice Barak Medina, professore di diritto all’Università ebraica di Gerusalemme ed esperto costituzionale.
Le origini dell’esenzione
L’esclusione dal servizio militare di questa comunità risale alla fondazione di Israele. David Ben-Gurion, il primo premier israeliano, la garantì a circa 400 studenti delle yeshiva, o scuole religiose ebraiche. L’esenzione aveva permesso a Ben Gurion di avere l’appoggio di tale comunità, peraltro decimata dall’Olocausto, per la creazione di uno stato laico.
Negli anni si è protratta, diventando uno degli aspetti più polarizzanti nella società israeliana, dove la leva obbligatoria, di tre anni per gli uomini e due anni per le donne, è vista come un rito di passaggio all’età adulta, dove si forgiano legami per la vita, e come un elemento fortemente identitario in un paese fondato per dare un rifugio sicuro agli ebrei ma costantemente minacciato da numerosi stati nemici.
Le comunità Haredi, che hanno sempre favorito le famiglie numerose e contano 1,3 milioni di israeliani, o il 13 per cento della popolazione, sostengono invece che dedicare la vita allo studio della Torah è ciò che ha garantito la sopravvivenza del popolo ebraico nei secoli.
Con queste ragioni spiegano che se i propri giovani fossero arruolati nell’esercito (Idf) rischierebbero di abbandonare per sempre gli studi e anche quelle comunità così impermeabili al mondo esterno, che vivono secondo una severa osservanza della religione e perpetuano tradizioni antichissime.
Figli della Torah
«I figli della Torah rappresentano l’esistenza del popolo di Israele, ma loro (i giudici della Corte suprema ndr) non lo capiscono. Grazie a cosa siamo sopravvissuti? Grazie alla Corte suprema? No..solo grazie agli studiosi della Torah. Loro proteggono tutti i soldati e tutto il popolo di Israele», ha detto al giornale HaDerech il rabbino capo sefardita di Israele Yitzhak Yosef. Il premier Netanyahu si è affrettato a criticare la decisione della Corte suprema, i cui poteri ha cercato di limitare fortemente con la controversa riforma della giustizia, appoggiata anche dai partiti ultraortodossi della coalizione, e accantonata dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, che ha scatenato la guerra a Gaza.
«È assurdo che l’Alta corte, che si è astenuta per 76 anni dal pronunciarsi sulla leva obbligatoria per gli studenti delle yeshiva, lo faccia proprio ora», ha dichiarato il premier.
La portata del provvedimento va oltre l’obbligatorietà del servizio militare. Oltre a dare istruzioni al governo di arruolare l’anno prossimo circa 3.000 studenti, sui 63.000 in età da servizio militare e di pianificare la graduale inclusione dei giovani Haredi nell’apparato militare, la Corte ha anche deciso che i sussidi pubblici, grazie ai quali queste comunità sopravvivono, saranno permanentemente sospesi per le yeshiva dove studiano studenti esentati dal servizio militare.
Il conflitto a Gaza
Se il governo non adottasse qualche provvedimento, almeno per fare riprendere il flusso dei finanziamenti alle yeshiva, i partiti ultraortodossi potrebbero far cadere il governo, sperando di poter trattare e ottenere una soluzione dal prossimo governo e parlamento, spiega Medina.
«A quel punto Netanyahu potrebbe non avere più nulla da perdere», aggiunge Medina. Non subirebbe più le pressioni degli altri partiti di estrema destra che lo spingono a continuare la guerra, mentre invece avrebbe tutto l’interesse ad arrivare a elezioni anticipate, probabilmente questo autunno, dopo aver negoziato un cessate il fuoco con Hamas e il ritorno degli ostaggi.
La guerra di Gaza ha riportato prepotentemente alla ribalta il tema della leva obbligatoria per gli Haredi. La tensione per il protrarsi della guerra è estrema in Israele, con manifestazioni quotidiane che chiedono la fine delle ostilità, il ritorno degli ostaggi e le dimissioni del governo. Ci sono riservisti che non vogliono più combattere. La guerra totale col Libano potrebbe scoppiare da un momento all’altro. L’esercito ha bisogno di nuovi soldati.
Tema politico
Gli Haredi non sarebbero la soluzione a breve termine, quindi il tema è più politico che militare. L’Idf avrebbe grosse difficoltà a integrare questi giovani, che hanno avuto un’istruzione basata sullo studio dei testi sacri, hanno passato la loro vita in comunità completamente chiuse al mondo esterno e quindi non hanno le conoscenze di base per essere utilizzati neanche in compiti non di combattimento sul campo, dice Medina. Solo 1.200 Haredi all’anno scelgono volontariamente di fare il servizio militare, inclusi in speciali unità dove i contatti con le donne, fortemente presenti nell’esercito, sono molto limitati.
All’indomani del 7 ottobre vari studenti hanno chiesto di arruolarsi, ma si tratta di un numero molto limitato, sicuramente tale da non pacificare gli animi di chi nella società israeliana li accusa di non assumersi la responsabilità di difendere il paese mentre vivono di sussidi pubblici, senza contribuire economicamente alla società.
A loro modo di vedere, la decisione della Corte, almeno formalmente, ha eliminato questa discriminazione, affermando un principio di uguaglianza tra cittadini sinora non applicato.
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