Insieme a Nelson Mandela è stato il simbolo della lotta contro il regime di apartheid e del processo di riconciliazione che ne è seguito. Il suo impegno lo porta a vincere il Nobel per la pace nel 1984 e due anni più tardi viene nominato come primo arcivescovo anglicano nero di Città del Capo.
Desmond Tutu, l’arcivescovo sudafricano simbolo della lotta contro l’apartheid, è morto all’età di 90 anni.
A dare conferma della notizia è stato l’ufficio del presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, che ha annunciato: «A nome di tutti i sudafricani, profonda tristezza per la morte, avvenuta domenica, di una figura essenziale della storia» del paese. «La scomparsa dell’arcivescovo emerito Desmond Tutu è un altro capitolo di lutto nell’addio della nostra nazione a una generazione di eccezionali sudafricani che ci hanno lasciato in eredità un Sudafrica liberato», ha aggiunto il presidente Cyril Ramaphosa.
La sua vita
Desmond Mpilo Tutu è nato il 7 ottobre 1931 a Klerksdorp, in una provincia nel nord ovest del Sudafrica. Figlio di una dipendente domestica e di un insegnante metodista si trasferisce a 12 anni a Johannesburg. Dopo essersi laureato all’università del Sudafrica e aver insegnato per tre anni nelle scuole superiori decide di dimettersi in segno di protesta contro il Bantu Education Act, che penalizzava l’educazione scolastica dei neri sudafricani.
Nel 1958 Tutu entra all’interno del St Peter’s theological college di Rosetenville e inizia la sua formazione sacerdotale. Sei anni più tardi diventa cappellano dell’Università fi Fort Hare. Completa i suoi studi ottenendo un master in teologia al King’s College di Londra.
Nel 1978 diventa il primo segretario generale nero del Consiglio delle chiese sudafricane e continua in maniera più esplicita e non violenta la sua battaglia contro il regime di apartheid.
Sotto la guida del vescovo Tutu, il consiglio istituisce borse di studio per i giovani neri sudafricani e organizza programmi di auto-aiuto nelle cosiddette township nere. Furono anche assunti avvocati per rappresentare gli imputati neri finiti a processo per leggi di sicurezza, e venne fornito un sostegno concreto alle famiglie dei detenuti sneza processo.
La sua figura assume una caratura sempre più internazionale. Desmond Tutu viaggia all’estero e incontra funzionari governativi delle Nazioni unite, il papa e altri leader della Chiesa occidentale per cercare di raccontare le ingiustizie che occorrevano nel suo paese.
Il suo impegno lo porta a vincere il Nobel per la pace nel 1984 e due anni più tardi viene nominato come primo arcivescovo anglicano nero di Città del Capo.
La riconciliazione
Dopo la fine del regime di apartheid e con Nelson Mandela presidente del Sudafrica, Desmond Tutu fondò la Commissione per la Verità e la Riconciliazione nel 1995 con l’obiettivo di attuare un processo di transizione politica e sociale nel paese cercando di arrivare a una pacificazione tra le due parti. Il lavoro della commissione ha permesso di conoscere a fondo il meccanismo del regime repressivo perpetrato da parte dei bianchi contro la popolazione nera.
Venne accordato il perdono a chi decide di confessare pienamente le atrocità commesse, in segno di riparazione morale con i familiari delle vittime.
Prima di morire Desmond Tutu si è espresso anche sul Covid-19 cercando di combattere la disinformazione che circola nel paese. «Non c’è niente da temere. Non lasciate che il Covid-19 continui a devastare il nostro paese, o il nostro mondo. Vaccinatevi», ha detto.
Desmond Tutu lascia in vita sua moglie Nomalizo Leah Shenxane e i loro quattro figli.
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