Quando i primi operai lunedì scorso si sono avvicinati all’ex fabbrica Crown Paints a Coolock, sobborgo di Dublino, sono stati fatti allontanare. Cacciati dal cantiere perché avevano il compito di ristrutturare i locali del sito industriale abbandonato e farli diventare alloggi per migranti. A scendere in strada sono stati i cittadini della zona e il partito nazionalista irlandese, che in realtà da mesi protestano contro l’installazione del centro per richiedenti asilo con manifestazioni e presidi fissi. Non si tratta di razzismo, dicono, ma di equilibrio.

Lunedì, però, non è stata una semplice protesta. Sono scoppiati disordini e scontri con la polizia, sono stati appiccati alcuni incendi, sono state tirate bottiglie molotov e mattoni. Il livello di violenza si è alzato. Tanto che nella zona periferica a nord della capitale irlandese sono state dispiegate centinaia di agenti e sono scattati una ventina di arresti.

Il Taoiseach, ovvero il primo ministro irlandese, Simon Harris ha parlato di pura criminalità. «Quando decidi di usare una bomba molotov, perdi il diritto di essere chiamato manifestante», ha detto Harris, aggiungendo: «Mi ha fatto piacere vedere i benefici delle body cam che il governo ha fornito al Gardaí». Gli agenti di polizia hanno infatti usato per la prima volta le telecamere in dotazione.

Un dettaglio non da poco perché adottate con una legge approvata pochi giorni dopo i feroci disordini avvenuti nel centro di Dublino lo scorso novembre, anche in quel caso anti-migranti.

È soprattutto da un paio di anni che parte della società in Irlanda sta mutando approccio nei confronti dell’immigrazione, fenomeno che per decenni ha contribuito alla crescita del paese. Secondo uno studio dell’Economic and social research institute (Esri), nel novembre del 2023 per il 14 per cento della popolazione l’immigrazione era uno dei temi principali da affrontare. Una percentuale in forte ascesa rispetto ai dati del luglio 2022, quando era solo al 3 per cento.

Il costante flusso di arrivi, i 100mila rifugiati di guerra ucraini e l’integrazione dei migranti si sono intrecciati al grave problema dell’emergenza abitativa che nel paese, soprattutto a Dublino, persiste da tempo, così come agli aumenti del costo della vita. Infatti, oltre all’annosa questione dei senzatetto irlandesi, nella capitale negli ultimi mesi sono spuntate sempre più tende e accampamenti improvvisati dove dormono i rifugiati. Tutti elementi che hanno un impatto sul sentimento anti-migratorio, in crescita tra le classi popolari grazie anche alle spinte provenienti dall’estrema destra.

Scontro tra Dublino e Londra

Le violenze a Coolock sono le ultime di una lista che si sta allungando. Sull’arrivo dei migranti in Irlanda ha avuto un peso anche la Brexit. Non che sia l’origine di tutti i mali, ma le politiche adottate da Londra dopo l’uscita dall’Unione europea e la sua lotta all’immigrazione irregolare hanno avuto ripercussioni dirette su Dublino. I Tories hanno avanzato delle leggi molto dure per provare a bloccare gli sbarchi dal canale della Manica, come il piano Ruanda, e per rendere la vita difficile ai richiedenti asilo già presenti nel Regno Unito.

Le leggi anti-immigrazione e il desiderio di rientrare in territorio europeo hanno causato un flusso crescente di persone che dal Regno Unito si sono spostate nella Repubblica d’Irlanda. L’80 per cento dei richiedenti asilo arrivati sono passati per il confine con l’Irlanda del Nord, che rimane aperto per evitare tensioni e proteggere l’economia nell’isola ma rende facile il suo attraversamento per i migranti.

Tra l’inizio dell’anno e aprile, erano giunti sul territorio irlandese circa 7000 richiedenti asilo, numero uguale ai migranti arrivati nello stesso periodo sulle coste britanniche dalla Manica. La percezione e l’impatto sono però diversi perché la popolazione dell’Irlanda è di poco più di cinque milioni di persone, quella nel Regno Unito è di circa 68 milioni.

La questione ha causato dissapori tra Dublino e gli ex governi conservatori di Londra. Harris era stato chiaro: l’Irlanda non può «fornire scappatoie». «Non possiamo permettere che la politica migratoria di qualcun altro comprometta la nostra» aveva aggiunto il Taoiseach a maggio.

Starmer

Con Rishi Sunak a Downing Street le istanze irlandesi avevano trovato fredde reazioni, ma le tensioni potrebbero affievolirsi ora che c’è Starmer. Il nuovo premier inglese mercoledì ha incontrato Harris per discutere delle relazioni bilaterali.

Oltre a bersi una Guinness, i due hanno concordato sulla necessità di un «reset» viste le discordie degli ultimi tempi: oltre ai flussi migratori, a scottare è stato anche il controverso Legacy Act britannico che di fatto ha offerto immunità per i crimini dei Troubles in Nord Irlanda.

Un provvedimento che ha portato il governo irlandese ad avviare una causa legale contro il Regno Unito ma che ora i laburisti potrebbero abrogare.

I passi avanti quindi ci sono: da un miglioramento generale delle relazioni con Londra, passa la possibilità che l’immigrazione non diventi anche in Irlanda un pretesto per valvole di sfogo di popolazione e politica.

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