L’ex presidente Trump non ha mai nascosto la sua ostilità nei confronti dell’Alleanza Atlantica, ma ciò non significa che nel suo eventuale nuovo mandato sarà filorusso: a dettare legge, secondo il suo alleato Lindsey Graham, sarà il mero interesse americano
Le recenti esternazioni dell’ex presidente Donald Trump sui paesi della Nato che non destinano almeno il 2 per cento del budget nazionale alla spesa militare hanno fatto salire il livello di allarme non solo nelle cancellerie europee, ma anche nella politica americana. I detrattori del tycoon hanno immediatamente sfruttato la cosa collegando le sue tendenze autoritarie a quelle del presidente russo, ma non solo: dalla sua avversaria interna alle primarie repubblicane Nikky Haley fino al presidente Joe Biden ci si è ricordati dei suoi tanti complimenti fatti al suo omologo di Mosca che certo rivelano una malcelata ammirazione.
In estrema sintesi, si teme che l’eventuale secondo mandato di Trump sarà estremamente più morbido con la Russia, tanto da configurare quasi una sorta di alleanza informale. Impressione rafforzata dalla sua strenua opposizione al piano di aiuti proposto da Biden lo scorso ottobre e che nonostante diverse limature non riesce a venire approvato da una Camera dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana governata dallo speaker Mike Johnson, noto per essere stato un fedelissimo dell’ex presidente.
Nonostante questi segnali preoccupanti, l’idea di un’America putiniana è un’immagine quantomeno riduttiva. Certo non è un mistero l’insofferenza dell’ex inquilino della Casa Bianca per il sistema di alleanze internazionali che lega l’America, perché è noto che il suo parere è che molte nazioni se ne siano “approfittate”.
Le parole di Graham
Ad aprire uno squarcio sulle idee trumpiane per il prossimo quadriennio però è uno dei suoi fidi alleati al Congresso, il senatore del South Carolina Lindsey Graham. In un’intervista domenicale al programma Face The Nation Graham ha rilanciato una proposta discussa all’interno dei cosiddetti “Problem Solvers”, un gruppo informale di deputati moderati provenienti dai due partiti, che ha proposto un piano ridotto da 66 miliardi di dollari, un’ulteriore riduzione rispetto ai 95 miliardi votati dal Senato a larga maggioranza qualche giorno fa. Il senatore ha poi aggiunto che questo aiuto potrebbe anche prendere la forma di un prestito, echeggiando la dichiarazione dell’ex presidente lo scorso mercoledì a un comizio in South Carolina, dove ha affermato «se possono, ce li ridaranno. Sennò non devono farlo per forza». Un’idea che viene dal suo sostegno dato in passato ad alcuni golfisti con poco denaro: «Se avete molto talento, ma vi servono soldi, ecco che abbiamo un accordo».
Questo riferimento squarcia un altro velo su quello che nel suo mandato vorrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti nel mondo: molto ridotto rispetto ad oggi, ma con l’obiettivo preciso di ottenere il massimo dal commercio estero, anche attraverso l’uso di patti bilaterali che mettano l’America in posizione di netto vantaggio.
Anche il richiamo alla Russia di “far ciò che vuole” coi paesi che si affidano troppo agli Stati Uniti è da leggere in quest’ottica: attraverso una minaccia si otterrebbe un maggiore disimpegno americano dall’Europa. Impressione confermata anche dal deputato del Kentucky Andy Bar, che dice che il richiamo dell’ex presidente in realtà «rafforza la Nato».
I retroscena che provengono dalla stretta cerchia di Trump però ci restituiscono un altro scenario dove l’America si focalizzerebbe più sui propri affari interni. Tutti i possibili candidati per posizioni apicali nella nuova amministrazione hanno posizioni nazional-conservatrici che si definiscono sbrigativamente “isolazioniste”: Keith Kellogg, ex consigliere per la sicurezza nazionale del vicepresidente Mike Pence, Richard Grenell, ex direttore dell’intelligence e anche Robert Lighthizer, ex rappresentante per il commercio estero, uno degli architetti della guerra di dazi con la Cina nel primo quadriennio trumpiano.
Gli esclusi
Non ci sarebbe il posto per altri repubblicani con posizioni più tradizionali dato che il tycoon ritiene di essere stato “tradito” da loro. Non si dovrebbe nemmeno escludere che ci possano essere posizioni bellicose estemporanee. Graham nell’intervista di domenica scorsa ha rilanciato la possibilità che la Russia venga definita ufficialmente “Stato sponsor del terrorismo” dal dipartimento di Stato, idea che troverebbe sponde anche nel campo democratico.
Una discussione che era stata già fatta a maggio 2022, senza approdare a conclusione. E non si esclude che questa idea possa essere fatta propria anche dall’ex presidente, in linea con la sua imprevedibilità, qualora ritenga che Mosca sia diventata un alleato troppo stretto con la Cina, da sempre ritenuta il principale avversario dell’economia americana.
In conclusione, è difficile capire cosa potrebbe fare a livello di politica estera Trump in un eventuale secondo mandato. Sappiamo però che a dominare sarà il crudo interesse americano. E il tycoon potrebbe sorprendere ancora sia alleati che detrattori.
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